
DAGOREPORT – ASPETTANDO L'OPPOSIZIONE DE' NOANTRI (CIAO CORE!), VUOI VEDERE CHE LA PRIMA BOTTA…
Dave Neal per “The Inquirer”
Se siete appasionati di selfie, potreste essere incappati nella app ‘Meitu’, scaricatissima in tutto il mondo, grazie al fatto che è in grado di fare ritocchi, illuminare la pelle, eliminare le imperfezioni e rendere l’atmosfera sognante, ma tipo cartone animato giapponese, i coniglietti di Walt Disney o gli strafatti di LSD.
I numeri sono grandi: oltre un miliardo di download in 26 diverse nazioni, 6 miliardi di foto generate e 456 milioni di utenti attivi ogni mese. Numero uno tra le app di editing per le foto, nella top ten dell’App Store lo scorso anno.
Il filtro è disponibile su Android e iPhone, nato in Cina, è lì che ha avuto maggior successo, prima di contagiare il web. E’ gratuito ma chiede accesso al telefono dell’utente. E qui iniziano i guai. Gli esperti di sicurezza sostengono che le informazioni personali possono poi essere inviate a server di cui si sa poco, o rivendute per incassare soldi, sebbene la società neghi di rivendere le informazioni e si difenda dicendo che tutto serve solo per l’identificazione.
Le info richieste sono più di quelle normalmente servono per una app di foto: le altre app usate, la localizzazione dell’utente, le connessioni wifi, e un sacco di altre notizie che violano i termini di Apple.
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