DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell'articolo di Valerio Cappelli per corriere.it
I maiali sono in gabbia, al mattatoio, dove aspettano la loro sorte. Da tempo Damiano Michieletto cercava soggetti utili per trasformarli in libretti d’opera. «La fattoria degli animali», con la musica di Alexander Raskatov, «li contiene tutti, perché è un romanzo sintetico, semplice, diretto e dunque teatrale. Contiene un’allegoria che si presta a tante letture». È la parabola delle illusioni di un nuovo ordine sociale, quando gli animali diventano uomini, prendono il loro posto e assumono il comando, promesse del potere per ammaliare, manipolare.
Venerdì 3 debutta all’Opera di Amsterdam, sul podio Alexander Soddy. Tutte le repliche sono sold out. Poi Vienna, Palermo, Helsinki. «È un’operazione popolare e internazionale, è la prima volta che ho quattro teatri prima di andare in scena. Spero che quest’opera entri in repertorio e possa durare in altre produzioni. È un piccolo classico, la storia c’è, si offre a molte interpretazioni sceniche. Io stesso ho avuto in mente dieci versioni diverse, si può fare con animali veri, con i politici di oggi… Ma compiere già il salto nella prima edizione operistica di Orwell, agli animali, mi sembrava fuori luogo».
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La scena è dunque il mattatoio in cui gli animali sono rinchiusi. «Distrutte le gabbie, l’azione si trasforma in una cena, in un luogo chic dove gli animali diventano esseri umani, a tavola portano un maiale. E mangiano sé stessi, ripetendo gli stessi meccanismi del dominio. Il problema è cosa succede quando si prende il potere.
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Ci sono venti personaggi, il cinghiale e il cavallo sono solisti, poi maiali, capre, pecore e mucche cantati dal coro, che è protagonista al 90 percento, mentre il coro di bambini incarna anatre e galline. Come si distinguono musicalmente gli animali? «Ci sono colori orchestrali che creano somiglianze, l’asino Benjamin ha il raglio, il maiale lancia il sogno di rivoluzione che sembra un grugnito. Ma non c’è un’imitazione onomatopeica».
È un’allegoria scritta con riferimenti all’Urss di Stalin (Orwell era proibito); è una metafora sulla propaganda, sul potere, sulla democrazia, sui meccanismi che controllano il potere e sul concetto di rivoluzione. In Orwell ci sono due modi di esercitare il potere: la minaccia che tornino i proprietari della fattoria, due personaggi crudeli e buffi, due ubriaconi; e l’illusione della ricompensa, di chi dice cambieremo tutto, la felicità illusoria appunto.
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