diego maradona - il documentario di asif kapadia

MI DIEGO MA NON MI SPEZZO - IL RAPPORTO DI MARADONA CON NAPOLI RACCONTATO DA UN DOCUMENTARIO AL CINEMA DA OGGI - LA PRIMA CONFERENZA STAMPA DEL PIBE DE ORO, LA RICHIESTA A FERLAINO DI ANDARSENE PER SFUGGIRE ALLA CAMORRA, CHE GLI DAVA DROGA IN CAMBIO DELLA SUA PRESENZA A EVENTI E LA ROTTURA DEFINITIVA QUANDO… - VIDEO

 

 

 

Gianmaria Tammaro per “la Stampa”

 

diego maradona il documentario di asif kapadia 7

La grande capacità di Diego Maradona, il documentario di Asif Kapadia al cinema il 23, il 24 e il 25 settembre con Nexo Digital e Leone Film Group, è quella di scindere perfettamente tra il personaggio e il calciatore, tra il ragazzo nato a Villa Fiorito, in Argentina, nella miseria e nella disperazione, e il volto pubblico, costretto e schiacciato da una fama e da un amore senza eguali.

diego maradona

 

Quando Maradona arrivò a Napoli, racconta Vittorio Zambardino, ex-giornalista sportivo e tifoso azzurro, «l' accoglienza fu trionfale. Ci sono persone che dicono d' aver lasciato il concorso di abilitazione per avvocato pur di poter andare allo stadio a salutarlo.

asif kapadia

E lì Maradona si limitò a dare appena pochi calci a un pallone». Il documentario di Kapadia inizia qui, alle origini del mito e della leggenda; mostra la primissima conferenza stampa di Maradona, le domande dei giornalisti sulla camorra e la rabbia del presidente Ferlaino.

ferlaino maradona

 

«Dal punto di vista tecnico - dice Zambardino - i risultati non furono subito eccellenti.

Quello tra Maradona e la città di Napoli, e i suoi tifosi, è stato un amore che ha dovuto attraversare varie fasi. Ci sono stati dei momenti in cui gli stessi napoletani lo fischiarono. La scintilla definitiva ci fu nell' 87, con la vittoria del primo scudetto».

 

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E fu proprio in quegli anni, a cavallo tra la Coppa del Mondo e il titolo del Napoli, che Maradona visse il suo periodo migliore: come sportivo e come uomo. E sempre in quel periodo, rivela il film di Kapadia, Maradona chiese a Ferlaino di andarsene. Ma Ferlaino gli disse di no. «Ferlaino - spiega Zambardino - sapeva che la richiesta di Maradona era un modo per sfuggire alla morsa della camorra. Ce lo dicono i testimoni del documentario che Maradona era diventato, di fatto, un prigioniero.

 

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La camorra gli dava droga in cambio della sua presenza a eventi, incontri e inaugurazioni; era costretto, Maradona, a fare quello che volevano. Ma non era un camorrista, né aveva una particolare predilezione per questa gente».

 

diego maradona nel documentario di asif kapadiaVITTORIO ZAMBARDINO

Il punto di rottura definitivo, quello che sancisce la fine dell' equilibrio tra il ragazzo e la star, tra il talento e il mostro, arrivò nel '90, quando Maradona eliminò dai Mondiali, nello Stadio San Paolo, l' Italia. «E contro di lui - dice Zambardino - si scatenò tutto: doping, fisco, inchieste.

 

Parte questo riflesso: Maradona deve andarsene, deve scomparire, va annientato.

Ed è un riflesso italiano, certo, ma pure napoletano. Era un moralismo ipocrita, un moralismo assurdo, che è resistito fino ad oggi».

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Il calciatore era diventato il volto di una città, continua Zambardino, incarnando «le ossessioni e le paure dei napoletani. Ha incarnato la loro rivincita, ed è diventato il capro espiatorio per eccellenza». Ma Maradona, fotografa Kapadia, è un artista del pallone; e il suo talento non è in discussione.

 

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Di lui, e del suo profondo innamoramento con Napoli, rimane il mito. Nel film, non c' è né la denigrazione della città e dei suoi abitanti, né - sottolinea Zambardino - «lo stravolgimento positivo di Maradona.

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Il pregio di questo documentario è la capacità di Kapadia di tirarsi indietro come autore, e di lasciare che siano le immagini, i suoni e le testimonianze a parlare. Ci sono riprese straordinarie, in questo film. Non c' è nessuna interpretazione; ci sono solo i fatti».

E così, alla fine, tutto il racconto si concentra sull' umanità del calciatore, su quello che ha vissuto e subito, sulla sua ingenuità come uomo, e sul fatto che, negli anni del successo, benché circondato da innumerevoli persone, fu solo. In un' intervista, Gianni Minà gli chiese se volesse essere il nuovo Masaniello. Maradona gli rispose onestamente: «Non voglio finire male come lui».

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