chailly una lady macbeth del distretto di mcensk

“È UN MOMENTO DIFFICILE CON LA RUSSIA MA QUI CI CONCENTRIAMO SUI VALORI ARTISTICI” – IL DIRETTORE MUSICALE DELLA SCALA RICCARDO CHAILLY PARLA DI “UNA LADY MACBETH DEL DISTRETTO DI MCENSK”, L’OPERA DEL RUSSO DMITRIJ ŠOSTAKOVIC CHE INAUGURERÀ IL 7 DICEMBRE LA STAGIONE DEL TEATRO MILANESE: “UN CAPOLAVORO CHE FU VIETATO NELL’URSS NEL 1936. D’ACCORDO CON LA MOGLIE DI ŠOSTAKOVIC, PORTO IN SCENA L’ORIGINALE”

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Pierluigi Panza per corriere.it - Estratti

 

riccardo chailly

«Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk», l’opera di Dmitrij Šostakovic che inaugurerà il 7 dicembre la stagione del Teatro alla Scala, è una tragedia satirica in quattro atti su libretto di Aleksandr Prejs. Il debutto ebbe luogo a Leningrado il 22 gennaio 1934 e alla Scala arrivò nella versione rifatta con il titolo «Katerina Izmailova» nel 1964.

 

Maestro Chailly perché ha scelto quest’opera?

«Per il cinquantenario dalla morte di Šostakovic, per portare qui uno dei capolavori del Novecento che trionfa nel mondo e per recuperare il tempo che quest’opera ha perso a causa della condanna-censura del 1936 nell’Urss».

 

Quanto conta oggi quel contesto politico?

«L’opera ottenne un successo grandissimo, con 200 recite in un anno e mezzo.

Šostakovic pensava a una trilogia dedicata alla donna russa, che poteva diventare il Ring russo e che abbiamo perso a causa di quel violento intervento politico. Questo perché l’opera descriveva con realismo e crudezza il mondo piccolo borghese».

 

Qual è il rapporto suo e della Scala con il repertorio russo?

Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk

«È nato molti anni fa quando ho diretto La fiera di Sorocincy di Musorgskij, poi L’Angelo di fuoco di Prokof’ev e, due anni fa, il Boris Godunov. È un progetto che intendo portare avanti. È la mia dodicesima inaugurazione e per dieci anni abbiamo proposto, come giusto, titoli italiani. È un momento difficile con la Russia e siamo vicini alle vittime del dramma in corso, ma qui ci concentriamo sui valori artistici».

 

Šostakovic riscrisse l’opera come «Katerina Izmailova» ma lei porta la versione originale?

Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk

«Una sera, al Bolshoi, in tournée con la Scala per il Requiem di Verdi, incontrai la seconda moglie di Šostakovic e le chiesi su quale delle due versioni avrebbe puntato: mi rispose con un sorriso che sottintendeva si dovesse tornare all’originale, aspetto che condivido».

 

Qual è la chiave musicale dell’opera?

«L’alternanza di tragedia e satira: nel secondo atto, appena muore Boris, viene chiamato il pope e il suo primo commento è un arioso satirico grottesco in un momento tragico».

 

Šostakovic era nichilista?

«Voleva rivolgersi alla quotidianità oppressiva della piccola borghesia, dove trionfa la solitudine. Lui stesso era chiuso, incapace di aprirsi anche per gli eventi drammatici che aveva vissuto».

 

Da chi fu influenzato?

«Anzitutto da Musorgskij: il canto del capo della polizia nel IV atto è un proseguimento del Boris di cui, nel finale, ritorna il corale. Nel quarto atto, le prime tre strofe della seconda romanza di Katerina sono l’evoluzione del Das Lied von der Erde di Mahler. Nell’inizio del monologo di Boris nel secondo atto, quando parte il walzer, i violoncelli citano La sagra della primavera di Stravinskij quasi come parodia. La passacaglia di sette minuti, invece, fu ripresa in Peter Grimes da Britten».

 

Come ha lavorato con il regista?

«È la prima volta insieme. Abbiamo parlato della scomodità delle situazioni pruriginose e provocatorie: si tende a risolverle con eleganza. L’opera è riletta vicino a noi, con una descrizione astratta degli avvenimenti in un luogo che rappresenta il mondo russo. Anche nella messa in scena al Concertgebouw del 2006 ci si staccava dai luoghi prescritti».

 

Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk

Katerina è vittima o assassina?

«Pur essendo un’assassina, alla fine credo che si parteggi per lei perché è una donna che esce da una difficoltà esistenziale e da un mondo claustrofobico. Nella morte trascina con sé l’amante del suo uomo nel silenzio più assoluto: la musica si ferma e si sentono tre urla da lontano».

 

riccardo chailly

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ortombina chaillyRICCARDO CHAILLY E L 'ORCHESTRA DELLA SCALA