DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
eleonora giorgi adriano celentano mani di velluto
Marco Giusti per Dagospia
Che vediamo stasera? Non so. Cosa posso consigliarvi se non sete già sintonizzati su “Disclaimer” di Alfonso Cuaron o sul derivativo, giovanile, ma non granché, “Citadel: Diana” dove Matilda De Angelis fa la Scarlett Johansson alla Besson in quel di Milano del 2030 e dove l’unica stravaganza è il taglio di capelli, più corti a destra e più lunghi a sinistra? Ma alle attrici piace avere una pistola fra le mani e sparare…
Vediamo le alternative in chiaro… “Mani di velluto” di Castellano & Pipolo con Adriano Celentano, Eleonora Giorgi, Olga Karlatos, John Sharp, Gino Santercole, Cine 34 alle 21. Insomma… L’action “Brick Mansions” di Camille Delamarre con David Belle, Paul Walker, RZA, Catalina Denis, Robert Maillet, Carlo Rota, Bruce Ramsay, Canale 20 alle 21. Si comincia a ragionare con “Il traditore” di Marco Bellocchio con Pierfrancesco Favino come Buscetta, Maria Fernanda Cândido, Luigi Lo Cascio, Fabrizio Ferracane, il più grande mafia movie italiano degli ultimi anni.
Parlai a lungo con Franco Maresco e Toni Sperandeo in quel di Palermo delle interpretazioni di Favino e di Lo Cascio, il secondo palermitano e il primo no. Curiosamente, tutti e due trovavano perfetto Favino come Buscetta e troppo borghese, come accento, Lo Cascio. Vediamo cosa ne scrissi quando il film venne presentato a Cannes. “Viva Santa Rosalia!” Non esiste una traduzione palermitana per traditore. Si usa al massimo infame. Che non è la stessa cosa, anche se spiega bene la cosa. Anche meglio.
Ma sembra che l’idea del tradimento proprio non appartenga non dico all’onorata società, come ai tempi di Franco e Ciccio, ma almeno alla lingua palermitana. E’ bello, solido, ben recitato, con un lavoro incredibile sulla lingua palermitana e sulla ricostruzione di una storia vera e potentissima questo Il traditore di Marco Bellocchio interpretato da Pierfrancesco Favino come Don Masimo Buscetta, Luigi Lo Cascio come Totuccio Contorno.
Anche se Bellocchio non è né giovane né esperto in mafia movie, bisogna ammettere che il lavoro che ha fatto sugli attori e sulla messa in scena del film è grandioso. Inoltre lo fa con un’onestà intellettuale ammirevole, sforzandosi di non buttarsi nel già visto dei tanti film celebri americani, da Coppola a Scorsese, né sui seriali italiani famosi, e stando alla larga da stereotipi facili e fastidiosi. Il personaggio di Buscetta, l’uomo della vecchia mafia “buona” di Stefano Bontade in lotta con i terribili corleonesi di Totò Riina, stretto alle corde e per questo, per salvarsi la vita, diventato traditore, è monumentale. Uno Scarface, un Don Vito Corleone, insomma.
E Favino compie il miracolo di essere credibile e di essere cinema, anche se non ha in bocca il palermitano di nascita e di grande esperienza teatrale di Luigi Lo Cascio come Totuccio Contorno o quello di Farizio Ferracane. Le parti migliori, è ovvio, sono quelle che vedono il teatrino dei pupi all’opera nel Maxiprocesso, con Buscetta che affronta i nemici. Grazie anche alle registrazioni d’epoca i risultati sono strepitosi. Come è strepitosa, e meno nota, la parte legata al processo Andreotti, con Bebo Storti meraviglioso come avvocato Coppi.
L’idea, che non è certo solo idea di Bellocchio e dei suoi sceneggiatori, Francesco Piccolo-Velia Santella-Ludovica Rampoldi, è che attorno al tradimento di Buscetta e alla guerra micidiale, trecento morti, con la quale i corleonesi prendono il potere in Sicilia, non solo cambia l’assetto di Cosa Nostra all’interno dell’isola, ma anche del paese. Visto che i veri pupari, come da tradizione, stanno a Roma. Buscetta non racconta proprio tutto al giudice Falcone, ma racconta quanto basta per aprire per sempre il sipario sulla costruzione piramidale di Cosa Nostra.
E vendicarsi dei corleonesi che gli hanno ucciso i figli e rovinato la vita. Rispetto alle guerre di Gomorra che abbiamo visto in questi ultimi anni in tv, non c’è storia. La Mafia è un’altra cosa. E i film di mafia ci riportano a una grande tradizione italiana che non andava interrotta. La scena d’apertura del film, la festa con tutti i boss di Palermo e la grande fotografia che li prende tutti in una sola immagine e segna l’inizio della fine per Stefano Bontade e i suoi uomini e l’ascesa di Totò Riina e dei Corleonesi è uno spettacolo.
Su Canale 27 alle 21, 10 la versione al femminile di “Ocean’s Eleven”, cioè “Ocean's Eight” di Gary Ross con Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway, Helena Bonham Carter, Sarah Paulson. Da vedere. Belle anche “The Conjuring. Il caso Enfield” di James Wan con Patrick Wilson, Vera Farmiga, Frances O'Connor, Madison Wolfe, Lauren Esposito, Mediaset Italia 2 alle 21, 15. Rai4 alle 21, 20 promette qualcosa con “Clean” di Paul Solet con Adrien Brody spazzino dalla doppia vita, Glenn Fleshler, Richie Merritt, John Bianco, Dinora Walcott.
Cielo alle 21, 20 passa l’ottimo “Nathalie...”, thriller diretto da Anne Fontaine con Fanny Ardant alle prese con Emmanuelle Béart, che lei stessa ha lanciato come esca al marito porcone, Gérard Depardieu. Bel triangolo amoroso complicato. Rai Premium alle 21, 20 lancia un film che mi era stato nascosto, “Dove la trovi una come me?”, commedia diretta dal compianto Giorgio Capitani con Giorgio Capitani con Isabelle Adriani, José María Blanco, Lisa Gastoni, Caterina Guzzanti, Patrizia Loreti. Isabelle Adriani, nome de plum ideato da Enrico Lucherini, è in realtà l’umbra Federica Federici di Umbertide, lanciata nelle produzioni Mediaset qualche anno fa.
A Venezia si faceva vedere ai tempi di Carlo Rossella con tutto il clan Medusa. Bei tempi. Credo sia l’unico film da protagonista che abbia fatto. Italia 1 alle 21, 20 passa “Pirati dei Caraibi 5: la vendetta di Salazar” di Joachim Rønning, Espen Sandberg, esperi registi di pubblicità, con Johnny Depp, Javier Bardem, Brenton Thwaites, Kaya Scodelario, Golshifteh Farahani. Non era malaccio. Sempre bellissimo “Operazione sottoveste” di Blake Edwards con Cary Grant, Tony Curtis, Joan O'Brien, Dina Merrill, La7D alle 21, 30, commedia di guerra con la strana coppia formata da Cary Grant e Tony Curtis. Fece incassi stratosferici in tutto il mondo e lanciò Blake Edwards.
Passiamo alla seconda serata con “Salt”, thriller del bravo Phillip Noyce con Angelina Jolie spia accusata di fare il doppio gioco coi russi, Liev Schreiber, Chiwetel Ejiofor, Daniel Olbrychski, Yara Shahidi. Cielo alle 23, 25 propone l’erotico francese “Indimenticabile ultima volta” diretto quattro anni fa da Olympe de G. con la pornostar storica Brigitte Lahaie, Alexandra Cismondi, Philippe Sivy, Arsène Laclos, Francis Mischkind. Leggo che Brigitte Lahaie nel film ha deciso di uccidersi e di concedersi un’ultima notte d’amore. Film di sesso per pensionati con voglie suicide. Da evitare accuratamente.
Su Rai Movie alle 23, 45 mi rivedrei “Il primo re”, cioè Romolo e Remo riletti da Matteo Rovere con Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione, Massimiliano Rossi, Tania Garribba. Vediamo cosa ne scrissi quando uscì. La cosa più difficile, come nei film sui cavernicoli o legati al wilderness, è distinguere i nostri eroi. Almeno Romolo da Remo. Anche se Remo ha gli occhi inconfondibili di Alessandro Borghi.
E poi, alla fine, la storia la conosciamo, Detto questo, non possiamo che essere fan totali di questo il primo re, diretto da Matteo Rovere, che lo ha scritto con Filippo Gravina e Francesca Manieri, fotografato da Daniele Ciprì, musicato da Andrea Farri, dove ancora una volta, ma non sono così tante, viene rispolverato il mito di Romolo e Remo, anche se qui è più Remo che Romolo. Pesa sui due beauty brothers, cioè Alessandro Borghi e Alessio Lapice, non solo il disegno degli dei, che vogliono che uno solo dei due sopravviva per fondare la potenza di Roma, ma la fratellanza stessa, il difendersi uno con l’altro. Che evidentemente si scontrerà con quello che vogliono gli dei. O forse no.
Forse nel disegno stesso c’è la grandezza dei due protagonisti che devono arrivare a questa terribile scelta di perdere un fratello per la grandezza non tanto dell’altro, ma di tutta la stirpe. Rovere gioca col mito reinventadosi le regole del peplum, gettando i suoi protagonisti in una sorta di marana da peplum trattata come il selvaggio west di The Revenant o di giungla di Eucalypto. Spazza via qualsiasi voce da cinema romana e impone un protolatino studiato dai ricercatori della Sapienza, che, grazie ai sottotitoli, funziona come nei dialoghi di Gomorra – La serie.
Il suo Romolo e Remo, così, si modernizza, si toglie la patina da vecchia storia dei libri di scuola, per prendere quelli del grande cinema d’avventura di oggi. Riprese pericolose, un gruppo di maschi mezzi nudi al freddo. Basta col cinema borghese. Molte cose funzionano, a cominciare da Alessandro Borghi, che domina interamente il film, e da suo fratello, Alessio Lapice, ma funziona anche in gran parte l’impostazione generale.
Non mi piacque molto, invece, “Il premio”, malgrado la regia di Alessandro Gassman e la presenza da protagonista di un grande Gigi Proietti, in viaggio assieme allo stesso Gassman, Rocco Papaleo, Anna Foglietta. Occhio in un piccolo ruolo a Matilda De Angelis. Sempre esplosiva. Su Cine 34 all’1, 20 si comincia a ragionare con “La supplente” di Guido Leoni con Carmen Villani, Dayle Haddon, Eligio Zamara, Gisela Hahn. Rai Tre all’1, 55 la butta sul culturalwe con il rumeno “Malmkrog” di Cristi Puiu con Agathe Bosch, Frédéric Schulz-Richard, Diana Sakalauskaité, Ugo Broussot, tratto da “I tre dialoghi” e “i racconti dell'Anticristo” di Vladimir Solovev. Film serissimo.
Rai Movie all’1, 55 passa il non così riuscito “La scoperta dell’alba” di Susanna Nicchiarelli con Margherita Buy, Sergio Rubini, Susanna Nicchiarelli, Lina Sastri, Gabriele Spinelli, tratto dal romanzo di Walter Veltroni. Il film, opera seconda della Nicchiarelli che solo con “Nico” riuscì a togliersi l’etichetta di veltroniana, non riesce mai a liberarsi dal realismo da cinema italiano anni ’90 e questo diventa una pesante zavorra nell’affrontare una storia di terrorismo in salsa fantasy con punte vintage da primi anni ’80.
La quarantenne Margherita Buy, precaria universitaria non troppo in carriera nella facoltà di Giurisprudenza a Roma, fidanzata con un Sergio Rubini disegnatore di cartoni animati tenero e poco consistente, con una sorella, interpreta dalla stessa Nicchiarelli, che fa la manager di un gruppo rock un po’ sfigato chiamato i Gatto Ciliega (esistono davvero), nel trentesimo anniversario della scomparsa del padre, non si sa se rapito dalle Brigate Rosse e ucciso come il suo collega, il professor Tessandori o proprio fuggito altrove alla “Chi l’ha visto?”, decide di indagare.
Complice un vecchio telefono della casa al mare della famiglia, scopre che se fa il vecchio numero di casa di Roma (c’è proprio il disegnino con numero e scritta CASA ROMA), si collega con la se stessa di trenta anni prima, a pochi giorni dalla scomparsa del padre. E’ la sua se stessa bambina che le darà indicazioni interessanti sul padre e su una valigetta scomparsa proprio nella casa al mare in quei giorni. Altre indicazioni le arrivano dal figlio del professore ucciso, interpretato da Lino Guanciale, piuttosto bonazzo, che se la porterà subito a letto in una sera di pioggia.
Intanto, la sorella Nicchiarelli si confronta con un misterioso vecchio italiano, roscio come lei, interpretato da una vecchia conoscenza di spaghetti western e poliziotteschi, Bruno Corazzari, che tornato dall’Argentina ha deciso di investire nel suo scalcinato gruppo musicale. Perché? Beh, alla storia di viaggio nel tempo via telefono, che avrebbe potuto produrre ottimi sponsor da Tim e Vodafone, più vicina alle storie di Topolino che a “Donnie Darko”, non credi veramente mai.
Alla storia d’amore della Buy che tradisce Sergio Rubini (pure cornuto…) con una specie di Mario Calabresi, neanche. E si tocca un po’ il ridicolo quando entra in campo la terrorista, interpretata da Lina Sastri come nei film del tempo, che avrebbe avuto una storia col padre della Buy. Chiudo su “Il commissario di ferro” di Stelvio Massi con Maurizio Merli, Janet Agren, Ettore Manni, Cristea Avram, Massimo Mirani, Rete 4 alle 4, 25.
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