sebastiano barisoni terra incognita

NULLA SARÀ COME PRIMA – SEBASTIANO BARISONI SMONTA IL LUOGO COMUNE CHE SOSTIENE CHE, UNA VOLTA PASSATA L’EMERGENZA PANDEMICA, SI RIPRENDERÀ DA DOVE LA GLOBALIZZAZIONE SI ERA INTERROTTA - SCORDIAMOCELO: SARÀ UN MONDO DIVERSO, INESPLORATO, UNA “TERRA INCOGNITA” DOVE FAR TESORO DEGLI ERRORI COMMESSI - GIÀ NEL 2009 AVEVAMO AVUTO UN’OCCASIONE E L’ABBIAMO SPRECATA CON “IL PATTO FAUSTIANO” TRA FINANZA E POLITICA - IL LIBRO

 

 

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Ferruccio De Bortoli per www.corriere.it

 

Sebastiano Barisoni è una voce nota e apprezzata. Dai microfoni di «Radio 24», di cui è vicedirettore esecutivo, dà corpo a un racconto dell’economia ricco più di testimonianze reali che di analisi accademiche.

 

Barisoni privilegia le preoccupazioni e i sentimenti di chi soffre la crisi e rischia sé stesso e la propria attività sul mercato ogni giorno. E a volte ci lascia la pelle. La verve del cronista, cui non si dovrebbe mai abdicare, non gli fa trascurare il ruolo che hanno in economia le aspettative, le emozioni, gli umori e le ambizioni personali. Variabili non secondarie che nemmeno il più sofisticato degli algoritmi sa (per ora?) prevedere.

sebastiano barisoni terra incognita

 

Nel suo ultimo libro Terra incognita. Una mappa per il nuovo orizzonte economico (Solferino), il vicedirettore di «Radio 24» si incarica di sfatare un luogo comune abbastanza diffuso. L’idea nostalgica — la retrotopia, nella definizione di Zygmunt Bauman — secondo la quale, passata l’emergenza pandemica, si riprenderà da dove la globalizzazione, nel bene e nel male, si era interrotta. Scordiamocelo.

 

Sarà un mondo diverso. Inesplorato. Dovremo fare tesoro degli errori, tanti, commessi in questi anni. Ma non illuderci di riprendere vecchie abitudini come avviene dopo un evento atmosferico, per quanto devastante. Non si ricostruisce, si reinventa.

 

«Ci risvegliammo storditi in mezzo al mare come certi marinai inglesi che venivano prima tramortiti mentre ballavano ubriachi nelle osterie del porto, e poi forzatamente imbarcati».

 

CINA XI JINPING ECONOMIA CINESE CORONAVIRUS COVID PANDEMIA

Questa è la metafora che l’autore impiega per descrivere ciò che accadde nel mondo occidentale dopo la crisi finanziaria del 2008-9. Era già allora una rivoluzione, non una crisi passeggera. Lo è ancora di più oggi.

 

Lehman Brothers

Abbiamo tratto un’utile lezione da quella «tempesta perfetta»? No perché il «patto faustiano», come lo chiama Barisoni, tra la finanza e la politica, che creò l’illusione del denaro facile e le perversioni della turbofinanza, non è stato oggetto di un ripensamento profondo e sincero. Quanti titoli tossici ci sono in giro oggi? Non li chiamiamo più così ma ci sono. Dalla crisi finanziaria dei cosiddetti subprime, nacquero negli Stati Uniti due movimenti, il Tea Party, a destra, e Occupy Wall Street, a sinistra, da cui eruttarono proteste che, tracimando nell’Europa flagellata dai debiti sovrani, diedero linfa ai vari populismi.

CLINTON BLAIR

 

La rivolta dei ceti medi impoveriti, la paura dell’immigrazione disordinata. Oggi la sinistra progressista tenta di recuperare i consensi perduti sognando un asse ideale fra il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il fresco leader del Labour, Keir Starmer.

 

Rievocando così sintonie antiche (dell’altro secolo) fra Bill Clinton e Tony Blair, dei quali si dimenticano spesso — come spiega bene Barisoni — le responsabilità nella deregulation finanziaria.

JOE BIDEN CON IL TUTORE

 

Nel prepararsi a una navigazione incerta, che non può essere a vista, dobbiamo temere più l’incertezza del rischio. La prima produce l’angoscia. Quando non si sa dove andare, come scrive Seneca, non vi è alcun vento che possa essere favorevole.

 

Ma il secondo, il rischio, è indispensabile. Per coltivare nuove ambizioni senza adagiarsi nell’illusione (accresciuta dal rinnovato ruolo dello Stato e del ritorno all’indebitamento facile) di essere comunque protetti perché cittadini. Senza rischi non c’è innovazione, non c’è crescita. Bisogna provarci. E poi ci sono i sacrifici. Necessari anche per temprare gli animi degli esploratori inconsapevoli.

 

con lo smart working si lavora di piu' - Illustrazione di Maria Limongelli/sole24ore

«Vorrei non sentire più genitori — scrive Barisoni — che dicono del figlio che si è dovuto sacrificare per fare carriera. No, ha reso sacro il rapporto con il lavoro. È molto diverso». Sono tre le «i» della rivoluzione tecnologica e sociale in corso, secondo Barisoni. È indistinta, dunque colpisce tutti. Irreversibile, la nostalgia non è solo fuori luogo è persino pericolosa. Infine, è imprevedibile. Non si tratta di rassegnarsi ai guai, ma di adattarsi come l’Italia ha fatto, bene, nei suoi anni migliori.

 

Il singolo cittadino è colto però da una sorta di schizofrenia. «La rivoluzione è bellissima — scrive Barisoni — fin quando possiamo scegliere il meglio, ma diventa un problema quando siamo noi ad essere scelti». Apprezziamo le libertà di comprare online, ma ci rammarichiamo quando ciò è causa della chiusura di un’attività commerciale e della perdita del lavoro. Sfruttiamo le mille opportunità di una società low cost ma non vorremmo mai pagarne le conseguenze in termini di minori salari e occupazioni ancora più precarie. Il consumatore ha il coltello dalla parte del manico ma spesso non si accorge che lo sta rivolgendo contro sé stesso.

MEME SMART WORKING

 

La neosobrietà dell’era dei social network è una continua, a volte affannosa, ricerca del valore aggiunto. Una vita sul margine, spesso esiguo, sottile. Barisoni definisce i giovani «rabdomanti del valore aggiunto» per i quali condividere è meglio che possedere, ma nei quali matura la convinzione (rafforzata dal virus) del valore di una comunità coesa di valori.

 

«Non è la nave più grande ad avere maggiori possibilità di successo di fronte ai grandi cambiamenti ma quella che è più capace di adattarsi». Meno attraente di vascelli individuali, ma più sicura. Lo smart working è un’opportunità preziosa offerta dalla digitalizzazione ma non il destino ineluttabile di una società polverizzata in tante solitudini. Profonde anche se connesse.

sebastiano barisoni

 

E individua nell’empatia e nell’intelligenza emotiva le bussole di un nuova cittadinanza più attenta all’ambiente, all’economia circolare, alla sostenibilità delle produzioni. L’empatia non disegna — sostiene in fondo Barisoni — una mappa completa per viaggiare in sicurezza in acque sconosciute ma rappresenta dopotutto qualche stella nel buio. Indispensabile per orientarsi. E non è poco.

 

L’incontro su corriere.it

Il libro di Sebastiano Barisoni, «Terra incognita. Una mappa per il nuovo orizzonte economico», è pubblicato da Solferino (pp. 190, euro 16). L’autore, intervistato da Paolo Mieli, racconterà il suo libro online su corriere.it giovedì 10 dicembre alle ore 14.

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