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IL CINEMA DEI GIUSTI - DOPO ''SPOTLIGHT'' SIETE PRONTI A SORBIRVI UN'ALTRA LEZIONE DI GIORNALISMO DAGLI AMERICANI? “TRUTH” DI JAMES VANDERBILT È UN ALTRO BEL VIAGGIO NEL MONDO DELLA STAMPA USA E SE NE FACCIA UNA RAGIONE GIULIANO FERRARA CHE ULULÒ CONTRO LE FALSITÀ DEL FILM

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Ditelo subito. Siete pronti dopo Spotlight a sorbirvi un'altra lezione di giornalismo dagli americani o preferite addormentarvi con Enrico Mentana, Lilli Gruber e Bruno Vespa? Questo Truth, opera prima diretta e scritta dal giovane James Vanderbilt, 39 anni, già sceneggiatore del favoloso Zodiac di David Fincher, che aprì con una certa eleganza il Festival di Roma nella nuova gestione Monda-Detassis, è un altro  bel viaggio nel mondo del giornalismo democratico secondo le antiche regole di Hollywood e della stampa americana.

 

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Cioè copione perfetto, regia grintosa, attori meravigliosi e una verità da raccontare. Se ne faccia una ragione Giuliano Ferrara che ululò contro la falsità del film quando venne presentato a Roma. In generale il film è piaciuto a tutti, anche se, magari poco ricordiamo in Italia di quel che racconta.

 

Protagonisti della storia, ambientata nel 2004, nell’anno cioè della campagna di George W. Bush, al suo secondo mandato, contro John Kerry, sono la produttrice della celebre trasmissione di approfondimento giornalistico della CBS “60 minutes”, Mary Mapes, interpretata da Cate Blanchett, il suo anchor man Dan Rather, pilastro della tv democratica americana, interpretato da un Robert Redford in gran forma, e tutto il loro gruppo di lavoro, composto da Dennis Quaid, Elizabeth Scott e Topher Grace.

 

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Come Spotlight insegna i gruppi di lavoro sono la vera forza del giornalismo. Mary Mapes ha fra le mani un caso scottante riguardante l’imboscamento di George W. Bush nella Guardia Nazionale negli anni della guerra in Vietnam e il perché non venne mai mandato a combattere. Vista la campagna che i repubblicani stavano facendo sull’impegno bellico del candidato democratico John Kerry, la CBS rispose con un grandioso servizio di Dan Rather, andato in onda l’8 settembre del 2004, sul misterioso caso dell’imboscamento di George W. Bush nella Guardia Nazionale nel 1972.

george w. bush 2001:2008george w. bush 2001:2008

 

Caso di vigliaccheria personale e di protezione politica a alti livelli niente male. Mary Mapes aveva in mano però solo una fotocopia di una lettera scritta da un ten. Colonnello, Killian, e conservato da un ufficiale, Bill Burkett, interpretato da un vecchio Stacy Keach, che sbugiardava letteralmente Bush. Solo che, appena uscito il servizio, la ABC lanciò un controservizio sulla possibile falsità di quella fotocopia e di tutto il servizio. Dove sono gli originali? Ahi!

john kerryjohn kerry

 

Inoltre il font, Times New Roman, lo stesso che personalmente uso da sempre, sembrava provenire da un computer e non da una macchina da scrivere e il “th” piccolo di 111th battaglione sembrava troppo moderno. Le macchine da scrivere del tempo possedevano quel th, che è un po’ come il nostro “o” piccolo? Veramente io me lo ricordo nella mia vecchia Everest anni ’70.

 

E si possono fare perizie sulle fotocopie? Il caso andò avanti per molto e scatenò un vero terremoto alla CBS. Altro che le note spese dei giornalisti… Complesso thriller giornalistico che ha farà la gioia dei vecchi redattori, ammesso che dalla fusione Repubblica-Stampa qualcuno ne rimanga in vita, il film, che scorre benissimo solo se siete sul serio interessati all’argomento, ha un’ottima scrittura e ci mostra il nostro ieri giornalistico di una decina d’anni fa come fosse veramente un mondo lontanissimo. Ma Santoro che fine ha fatto? In sala da giovedì 17 marzo. E non state troppo a sentire Ferrara.