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Giancarlo Dotto per Dagospia
Non si può raccontare di anime ferite a meno che tu non sia ferito quanto loro. Nelle due ore circa di “Io sono Mia” non c’è neppure un graffio, una sbucciatura, che so, un principio di febbre, una lieve emicrania. Solo una vita scopiazzata, simulata e peggio recitata.
Dolce, rabbiosa, vulnerabilissima e ormai per sempre invulnerabile Mimì. Erano milioni a non saperne nulla di te prima, sono milioni a credere di saperne qualcosa adesso. Appena gli ultimi elefanti dalla memoria lunga si saranno estinti con tutto il loro software di cose viste, apprese e mai dimenticate, il plotone d’esecuzione di attori strepitosi testimoniati ed exploit irripetibili, biecamente, divinamente anti-naturalisti, anche quando giocavano da minimalisti, non ci sarà più nessuno a rompere i coglioni con la petulanza di quello che è stato e non è più.
Il cattivo gusto contemporaneo potrà allora liberamente imperversare come un fiume lavico, trionfalmente sventagliando numeri come trofei, milioni d’innocenti che esaltano la volenterosa pochezza di gente che, negli anni dell’opulenza, manco da comparse sarebbero stati credibili. Poveracci condannati a caricaturizzare tutto e tutti, artisti, impresari, giornalisti, padri, madri e sorelle, con la loro recitazione da sommessi viaggiatori, a scimmiottare la vita in un rosario di semitoni, flatulenze senza corpo e senza suono. Di Serena Rossi si deduce tutto, l’applicazione, la volontà, lo studio, tutto meno che Mimì.
Innocenti a milioni, e dunque degni di assoluzione, non avendo loro visto, respirato, cito alla rinfusa, una Lea Massari o un Gino Cervi, Tino Carraro e Giancarlo Sbragia, Raf Vallone, Valeria Moriconi, per non dire di un genio viziatissimo come Gianni Santuccio. E mi fermo qui, per non citare facile i più grandi.
Parenti e amici stretti dovrebbero fare muro una volta per tutte contro la smania di schiodare dalle tombe le Martini, i Modugno, i Califano (degradato a macchietta anche nell’omaggio a Mimì, certo tornerà a vendicarsi come ha minacciato nell’epitaffio). Lungimiranti Fossati e Zero si sono chiamati fuori. Sapevano che la Mimì non si può raccontare. Offesa già abbastanza in vita.
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