DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Francesco Bonazzi per “la Verità”
Il giochetto è abbastanza semplice. L' inserzionista pubblicitario non revoca gli slot già prenotati, ma sostituisce gli spot sul prodotto (che nessun quarantenato comprerebbe adesso) con campagne «sociali», di quelle piene di giovani coppie, bambini, cani, nonni che si abbracciano e alla fine «ce la fanno» in un tripudio di bandiere e belle musichette. Ovviamente lo scambio tra tv e inserzionista avviene con un fortissimo sconto sul listino.
E questa è la versione «nobile». Poi c' è quella più grossolana, che prevede sconti del 90-95% per lo stesso tipo di spot. Una pratica miope, che a fine crisi renderà impossibile andare dal medesimo inserzionista a proporre uno sconto del 20% senza farsi ridere in faccia. Eppure è quello che si sospetta che stia facendo da settimane la Rai, che tanto ammortizza i suoi saldi con il canone, con grave danno dei concorrenti e anche dell' editoria di carta, visti i prezzi stracciati. Viale Mazzini smentisce, ma presto dovrà chiarire la faccenda in Parlamento e lo stesso dovrà fare il ministro della Giustizia, Adriano Bonafede. Sempre che non si debba dimettere prima per lo scandalo dei boss mafiosi scarcerati.
Nel mondo della raccolta pubblicitaria, specie in periodi di vacche magrissime, vale un po' tutto e il dumping è la «regola». Anche se quando non c' è, si tende al cartello, che però almeno «fa mangiare tutti», come riconosce un venditore di spazi tv interpellato da La Verità sotto garanzia di anonimato. I contratti con i singoli inserzionisti sono ovviamente blindati, ma i trucchetti per tenere il cliente, in questa fase, sono il segreto di Pulcinella, almeno tra gli addetti ai lavori. «Le campagne grosse su tv come la Rai sono pianificate dall' autunno, quando si presentano i palinsesti», spiega il venditore, «e il coronavirus è stato il classico caso di catastrofe naturale che non viene neppure assicurato, quindi si capisce che saltino tutte le regole».
E l' esempio più semplice è quello delle campagne a sfondo sociale, con spot interminabili in prime time, dal minutaggio talvolta così esagerato che dovrebbero costare uno sproposito. E invece no, sono venduti a poco, in cambio della promessa che verranno confermati gli spot in estate, quando si tornerà a viaggiare, mangiare gelati, prendere il caffè al bar e farsi dare il mutuo per case che oggi nessuno va neppure a vedere. Sono stati segnalati casi anche di «4x1», ovvero quattro spot di «corporate identity» in cambio di un vecchio spot «product».
Il caso è stato sollevato 10 giorni fa da Andrea Montanari su Mf, con una serie di articoli in cui si dava conto di «sconti» di Rai Pubblicità, guidata da Gian Paolo Tagliavia, che arriverebbero al «94-96%»: una distruzione del mercato che, oltre a danneggiare le varie Sky, Mediaset, Discovery, saprebbe anche di beffa perché la tv pubblica si incamera comunque 1,6 miliardi di euro di canone dai cittadini. La Rai ha smentito seccamente con una nota: «Risulta evidentemente infondata l' accusa di dumping nei confronti di Rai Pubblicità: basta verificare l' evoluzione delle quote di mercato degli ultimi anni per vedere l' affermazione di nuovi soggetti grazie a prezzi particolarmente aggressivi».
Ma la faccenda non finirà qui, perché il deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, ha chiesto la convocazione dei vertici di Viale Mazzini in commissione di Vigilanza.
Mentre il renziano Michele Anzaldi ha presentato un' interrogazione parlamentare al ministro Bonafede per capire come sia possibile un' altra «anomalia», ovvero che il Tar del Lazio abbia bloccato un provvedimento dell' Agcom che imponeva alla Rai (per altro con grave ritardo) di interrompere una serie di pratiche commerciali poco corrette entro il 15 giugno prossimo. Con il permesso di Tacito, stanno facendo un deserto e lo chiamano ancora mercato.
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