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Arianna Finos per repubblica.it - Estratti
angelo duro io sono la fine del mondo
Proiezione delle 19 di venerdì sera, al romano cinema Barberini. Dei duecento posti a disposizione, prenotabili, ne sono rimasti una manciata. Fuori dalla sala 5, dove si proietta Io sono la fine del mondo di Angelo Duro, la stessa tipologia di pubblico che nella sala accanto attende Diamanti di Ferzan Ozpetek, alla stessa ora. Più donne che uomini, età media alta, giovani pochi, qualche sparuto gruppo di ragazze.
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Nel primo giorno di programmazione, il film è subito balzato in testa agli incassi, senza che il comico da stand-up e il regista Gennaro Nunziante abbiano rilasciato interviste o fatto promozioni sul fronte personale. Ma è chiaro che lo zoccolo duro dei fan è sceso a sostenere il controverso idolo che ha saputo conquistare una fetta grande di pubblico, dalle Iene a Sanremo (2023), passando per i tour teatrali (quello dello spettacolo di febbraio, Ho tre belle notizie, è già tutto esaurito). Sabato mattina, dopo due giorni di programmazione, 577 mila euro totali, ancora primo.
Il comico siciliano prosegue il tour che accompagna il pubblico, stasera tappa a Palermo, preceduto da una cartellonistica con il suo primo piano e la frase “Scusa Palermo se non ho fatto un film di mafia”.
Sui titoli di testa partono già le risate, privilegio del comico televisivo, quel credito di simpatia da spendere al cinema cercando di attirare masse in genere adagiate sul divano di casa. Il compito è stato affidato, non a caso, a Gennaro Nunziante, ormai uno specialista del film su misura per comici in auge. I primi quattro film di Checco Zalone, poi l’interessante Il vegetale con Rovazzi, quindi doppio Pio e Amedeo, con Belli ciao e Come può uno scoglio.
Il regista tenta di costruire un arco narrativo al personaggio inespressivo di Angelo Duro, disegnando una cornice comica da vendetta. Angelo Duro di mestiere accompagna a casa, di notte, gli ubriachi che escono dalle discoteche. Lo chiama la sorella per chiedergli di occuparsi per due settimane – si concede una vacanza con il marito – dei loro genitori, che non vede da anni. Mollato dalla fidanzata e dalla macchina che si rompe, l’uomo si presenta a Palermo e mette in atto un piano per vendicarsi sugli anziani per i “torti” subiti da ragazzo.
Duro è un po’ l’anti-Zalone: tanto mobile il secondo, quanto pietrificato il primo. La cifra stilistica è la mono-espressione, mai incrociare lo sguardo con l’interlocutore, disprezzo generalizzato per il prossimo, dal disabile a cui sottrae il posto auto nella prima scena al figlio sovrappeso della dottoressa con cui flirta. Mette in atto senza ripensamenti il contrappasso verso i genitori per punirli di ciò che ha subito da ragazzo (toglie il vino al padre che gli vietava la Coca-Cola, li lascia al cimitero come loro lo parcheggiavano dai nonni, paventa loro l’idea dell’ospizio perché lo avevano messo sei mesi in collegio, rovina un viaggio perché da ragazzino non lo mandavano alle gite e così via).
Un crescendo di crudeltà sproporzionate rispetto all’offesa. Le risate in sala si fanno più nervose. La giovane donna palermitana nella poltrona accanto inizia a mormorare: “Così è troppo.” Lo ripeterà a ogni sofferenza inferta alla coppia di genitori, gli ottimi Giorgio Colangeli e Matilde Piana. “È un film che ha doppi significati”, spiega alla vicina una signora dall’accento sudamericano che eroicamente continua a ridere a ogni gag.
angelo duro - io sono la fine del mondo
Nunziante ha sempre sostenuto di non amare la commedia all’italiana: “Risi e Monicelli – ci spiegava in un’intervista – esaltavano il negativo perché l’uomo negativo ne prendesse coscienza: ma è stato un fallimento perché nel pubblico non c’erano le strutture culturali per interpretare questo conflitto, non si capiva la presa in giro di quei personaggi che sono diventati modelli.”
Chissà se è voluta, quindi, l’empatia che ci guida nel film verso i genitori maltrattati e ci allontana dal cinismo narcisistico del protagonista, di sicuro non un modello da imitare. La comicità, uguale a sé stessa, perde la forza trasgressiva e graffiante: non c’è evoluzione del personaggio “Duro”, fedele a sé stesso nel riproporsi in sketch che diventano prevedibili e in una crudeltà reiterata fino a smorzare il sorriso.
angelo duro - io sono la fine del mondo
Quando si riaccendono le luci e il pubblico si rianima con l’arrivo dell’attore, lui arriva sul palco senza mollare un attimo il personaggio. “Vi ho traumatizzati tutti? Ottimo, così domani lo psicologo avrà di che lavorare”. E poi; “Basta. Questo è il mio primo e ultimo film. Sono ad oggi il primo in classifica negli incassi (forte applauso). Sto già pensando a che appartamento acquistare. Facciamo una foto, alzate il dito medio.” – scatta la foto di gruppo che propone ai tour – “Assurdo quel che sta succedendo, non ho fatto promozione, non mi invitano in tv, non mi invitano da nessuna parte. Non mi vogliono.
angelo duro io sono la fine del mondo
E ora invece sono primo in classifica e se la sono presa in…”. (applauso). Chiede se ci sono domande. Una signora: “Non sei preoccupato che tutto questo possa turbare qualcuno?” “No, l’ho fatto per quello. Bene, questa era la prima rompicoglioni. Poi?”. A chi chiede se ci sarà un secondo film: “Il finale è aperto, sì.” Un signore chiede se il film sia un attacco alla woke mentality e lui: “È una serata polemica, questa. Non so, ragazzi, ho fatto un film. Questo film non è la vita vera, la vita vera sta fuori.”
angelo duro imbratta i suoi manifesti 8
A chi gli chiede l’ispirazione per la storia: “Non so rispondere a domande serie, mi dispiace ma non ce la faccio. Non la vedo così la vita, io. Non faccio l’attore, né il regista: io dico cazzate e basta. Se credete alle cazzate è un problema vostro, o della signora, non è un problema mio. Questa non è una cosa pedagogica… ‘”Non hai paura di turbare?”.… ma che c… dici. Addio.”
angelo duro imbratta i suoi manifesti 6Io sono la fine del mondo - angelo duro
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