VIDEO-CAFONAL - VAI RAMBO, DAJE ROCKY, GRIDA, APPLAUSI, FISCHI ALL’AMERICANA, STANDING OVATION, BRAVO, SEI ER MEJO – DELIRIO COATTO A TOR BELLA MONACA, PERIFERIA DI ROMA PER IL COATTISSIMO STALLONE – E SVELA CHE FU LUI A SALVARE RAMBO: “NEL LIBRO VENIVA UCCISO. IO HO PENSATO AI TANTI SOLDATI CHE TORNAVANO A CASA, DEVASTATI E SFINITI, CON RAMBO SALVATO DALL’AMORE POTEVO DARE LORO UNA SPERANZA”…

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Video di Veronica del Solda' per Dagospia
Maria Pia Fusco per "la Repubblica"

Vai Rambo, daje Rocky, grida, applausi, fischi all'americana, standing ovation, bravo, sei er mejo. Ad accogliere Sylvester Stallone con entusiasmo da stadio all'interno del teatro Tor Bella Monaca, periferia di Roma, ci sono trecento persone, ma all'esterno c'è tutto il quartiere, per niente scoraggiato da transenne, reti e tutta quella polizia, che protegge il corteo di auto in arrivo dal Campidoglio, con il sindaco Alemanno (nel pomeriggio gli ha consegnato la Lupa capitolina in Campidoglio) che introduce l'attore, «un simbolo, uno che viene da una periferia come questa e ce l'ha fatta».

Giacca e scarpe di gomma bianche, Stallone si guarda intorno emozionato e quando comincia a parlare la sua voce profonda e grave scatena un'ondata di eccitazione. Ringrazia, poi racconta delle sue radici, di suo padre «che arrivò in America dall'Italia alla fine degli anni Trenta. Vivevamo ad Hell's Kitchen, un quartiere chiuso e violento. Faceva così caldo che spesso dormivo sul tetto o sul balcone. Ho sempre voluto uscire, emergere per me non era il sogno americano, era un sogno umano».

È il cinema a fargli realizzare il sogno, dagli inizi con Roger Corman, con il quale «ho imparato l'umiltà del mestiere, quando c'è poco tempo e pochi soldi un attore non può fare il difficile». A meno che «non ti chiedano cose che non vuoi. Come quando Roger, girando
Death race 2000, mi chiese di fare un massaggio tutto nudo. Non c'entrava niente con la storia, ma lui disse che un film a basso costo se non c'è un nudo non lo vede nessuno. Gli dissi che se si toglieva le mutande lo avrei fatto anch'io. Finì lì».

Non è stato un percorso facile. «Quando nel ‘69, con 200 dollari in tasca, a New York, mi sono messo a girare per tutte le agenzie di attori ogni sera tornavo con tutti rifiuti. Come attore non andava, allora ho pensato di provare come scrittore. Per scrivere devi sacrificarti, rinunciare agli amici, mi sono chiuso in una stanza, ho dipinto i vetri di nero, all'inizio non veniva niente di buono, ma di giorno in giorno miglioravo. Quei rifiuti sono stati la mia fortuna, chi ha successo subito non impara e non cresce».

Parole che tra il pubblico - famiglie, bambini, uomini e donne più vicini alla sua generazione che giovanissimi - suscitano ancora applausi commossi. E la commozione sale quando parla della differenza tra Rocky e Rambo: «Tutti noi abbiamo dentro amore e generosità, ma quando siamo feriti diventano odio e sete di vendetta. Il governo americano fa di Rambo un killer, lo manda a combattere una guerra che lui non vuole, e quando torna è umiliato, respinto, trattato come un mostro».

E ricorda che è stato lui, Stallone, a salvare Rambo: «Nel libro veniva ucciso e prima del film tutti volevano che morisse. Io ho pensato ai tanti soldati che tornavano a casa, devastati e sfiniti, con Rambo salvato dall'amore potevo dare loro una speranza». Tra il fragore degli applausi una signora commenta: «Un uomo che ha perso un figlio pochi mesi fa e sa ancora amare la vita, è un uomo meraviglioso».

 

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