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Emilia Costantini per il “Corriere della Sera”
dolcevita ANITA EKBERG FELLINI
«Questa intervista la pubblicherà, se vuole, quando sarò morta». Quella sera Anita Ekberg, sprofondata tra i cuscini di un comodo sofà in casa di amici, era in vena di confidenze. Non era il tipo da straparlare e teneva molto alla sua privacy, ma quella sera del 2010 aveva voglia di raccontarsi, di ricordare il suo rapporto con Federico Fellini, di rivelarne aspetti inediti del carattere.
Sorseggiando una flûte di champagne, Anitona era un fiume in piena: «Era un tipo molto esigente quando dirigeva, incline a improvvisi attacchi d’ira. Sul set era un padrone assoluto, d’altronde lui stesso lo diceva che fuori dal set si sentiva vuoto. Apparentemente gentile, in realtà un despota. In privato era un disastro». In che senso? «Prima di tutto non aveva rispetto delle donne, affamato di sesso chiedeva prestazioni particolari».
dolcevita ANITA EKBERG FELLINI
Con lei, Anita, ebbe però un bel rapporto, non è così? «Diciamo di sì. In verità era stato attirato non tanto dalla mia anima, che avevo e che ho, ma dal mio seno». Grazie a lui e alla Dolce vita lei è diventata un’icona internazionale, non crede di dovergli qualcosa? «Gli devo certamente molto, ma anche lui deve molto a me. Anzi, forse più lui a me che io a lui per la famosa scena nella fontana di Trevi. Fellini era uno che carpiva idee agli altri, persino all’ultimo dei macchinisti, e le faceva proprie, senza poi riconoscerne la paternità a chi di dovere».
Suonano incredibili queste parole: «Può non credermi, ma Federico era proprio così, ma anche in questo suo carattere impossibile risiedeva la sua grandezza, non era certo un tipo ordinario».
Quali altri aspetti della sua personalità? «Era invidioso dei suoi colleghi registi, parlava male di tutti, però davanti faceva loro i complimenti». Per esempio? «Ricordo che aveva parole sprezzanti per Rossellini, Antonioni. Di Luchino Visconti una volta si lasciò sfuggire un giudizio irripetibile».
Si sa che nell’ambiente di lavoro, pure se si tratta di un ambiente privilegiato come il grande cinema, ci si può abbandonare a qualche commento non proprio ortodosso. «Sì, ma quello che mi dava fastidio è che lui era falso, voleva apparire diverso da ciò che era, non era coerente. Era un uomo razionale che dimostrava poi di essere assolutamente irrazionale». Cioè? «Tutti sanno che era fissato con maghi e veggenti, come una donnetta... diciamola tutta, era un provinciale. Si affidava alla divinazione di sensitivi, figuriamoci... e per me, che sono sempre stata con i piedi piantati a terra, era francamente insopportabile».
helmut berger luchino visconti
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