il sorpasso enrico vanzina

“LE COMMEDIE DOVREBBERO RACCONTARE IL PAESE, COME HANNO FATTO RISI E SORDI, INVECE SONO DIVENTATE MORALISTE" - ENRICO VANZINA DIVENTA DIRETTORE DEL FESTIVAL DI POMPEI: "NON MI FARÒ MANGIARE DALLA POLITICA, CHIUNQUE CI PROVERÀ, RICEVERÀ UN BEL CALCIO NEL DIDIETRO. OGGI IL CINEMA È TROPPO GLOBALE, DIMENTICA LE RADICI. SONO FIGLIO DEL REGISTA DI ''UN AMERICANO A ROMA'', SORDI RACCONTAVA BENE L'IDENTITÀ CULTURALE. MIA MADRE NON VOLEVA CHE FACESSI CINEMA, ERA UN PO' ZALONIANA: VOLEVA PER ME IL POSTO FISSO, SOGNAVA CHE DIVENTASSI UN…”

Claudia Catalli per La Stampa - Estratti

enrico vanzina

«Mia madre non voleva che facessi cinema, sapeva che era un lavoro rischioso, era un po' zaloniana: voleva per me il posto fisso, sognava che diventassi un ambasciatore».

 

Il regista Enrico Vanzina, firma di commedie di successo come Sapore di mare e Vacanze di Natale con il compianto fratello Carlo (venuto a mancare nel 2018), ricorda le sue radici prima di affrontare una nuova sfida.

 

Sarà direttore artistico del Festival Internazionale del Cinema di Pompei a giugno: «Un piccolo festival sull'identità culturale, ma non mi farò mangiare dalla politica, chiunque ci provasse riceverà un bel calcio nel didietro».

 

Partiamo da sua madre, Maria Teresa Nati, perché voleva diventasse ambasciatore?

«Avendo lei lavorato al ministero degli Esteri era un po' una sorta di rivincita, come le mamme che mandano le figlie a Miss Italia».

 

Una lezione su tutte ricevuta da sua madre?

«L'amore. Lo ha messo in maniera prepotente in tutte le scelte che ha fatto nella sua vita.

Anche quelle sbagliate sono sempre state motivate dall'amore. Aveva ragione».

 

Da suo padre Steno cosa sente di aver imparato?

«La cultura è quel che resta quando si è dimenticato tutto il resto, diceva. Bisogna essere colti anche se fai commedie, e conoscere teatro, musica e arte. Al cinema la nostra famiglia deve tutto: ci ha fatto lavorare, imparare, stare a contatto con il pubblico e soprattutto essere liberi».

 

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Il suo rapporto con le donne nel cinema?

alberto sordi enrico carlo vanzina

«Mi hanno insegnato la bellezza, ma non solo nel cinema, se penso alla musica devo molto a Billie Holiday, Ella Fitzgerald e Mina, di cui sono tuttora innamorato.

 

Fuori dal cinema mia moglie Federica Burger ha un ruolo speciale: ho voluto dedicare a lei il mio David di Donatello alla carriera, sottolineando che pur non essendosi mai "impicciata" di cinema mi ha insegnato il senso della vita».

 

Impicciamoci di cinema: ha mai l'impressione che imitino i vostri primi film?

«Forse hanno la speranza di saperli fare».

 

Le commedie di oggi le piacciono?

enrico vanzina

«No, raccontano poco questo Paese. La specificità della commedia italiana era essere uno specchio della società, raccontare personaggi drammatici attraverso una storia leggera per far capire cos'era l'Italia, come Il sorpasso di Risi. Le commedie oggi non lo fanno più, sono diventate moraliste».

 

Il moralismo è nemico della commedia?

«Lo diceva il mio grande maestro Ettore Scola: mai essere moralisti in una commedia perché bisogna rispettare le ragioni degli altri. Possono essere contrarie alle nostre, ma dobbiamo rispettarle».

 

Arriviamo al suo festival: ha detto che punterà sull'identità culturale, ma non è nazionalista.

«No, il nazionalismo è un'altra cosa. L'identità culturale è la necessità di convivere con le meraviglie e le criticità degli altri, con le loro differenze. Si basa sul confronto con gli altri, da liberale penso che la cultura debba diventare una federazione di culture in cui tutti hanno voce in capitolo, mantenendo la certezza di sapere da dove si viene. Sono figlio del regista di Un americano a Roma, Sordi che preferiva mangiare gli spaghetti raccontava bene l'identità culturale».

enrico vanzina cover

 

Perché ha accettato di fare il direttore artistico?

«Da regista ho avuto una libertà impagabile, i film restano nel bene e nel male, ora sento di dover restituire qualcosa».

 

Cosa intende quando dice che il cinema è diventato "troppo globale"?

«Oggi i mezzi di diffusione del cinema passano attraverso entità che tendono a semplificare. Pensi alle piattaforme, l'esigenza di avere un pubblico globale porta a linguaggio, psicologia e standard globali».

 

Eppure il cinema italiano che convince all'estero è in genere molto locale, "Vermiglio" è candidato ai Golden Globe e in corsa per gli Oscar.

«Vermiglio nel suo piccolo racconta qualcosa di italiano che colpisce tanto all'estero, è vero, temo che i suoi nemici siano proprio gli italiani, per i sottotitoli e una serie di resistenze per cui spesso il nostro pubblico bolla anche film più pop come "troppo locali". Per un periodo feci anch'io parte della commissione che seleziona i film da mandare agli Oscar».

enrico vanzina foto di bacco

 

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Confida nel nuovo ministro?

«Non è questione di ministro, i sussidi pubblici sono molto importanti, garantiscono occupazione, ma sono convinto che il cinema debba ritrovare una strada anche privata».

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