carlo vanzina

FERNANDO PROIETTI RICORDA CARLO VANZINA: ''ENRICO MI HA RACCONTATO CON UN GROPPO IN GOLA COME SUO FRATELLO HA AFFRONTATO LA VIA CRUCIS DELL'INESORABILE MALATTIA'' - ''FINO ALL’ULTIMO, STOICAMENTE E CON LUCIDA ARMONIA PENSAVA DI VINCERE SUL NEMICO'' - LA VITA, I SILENZI, I SUCCESSI E I MANCATI DEBUTTI DI UN GRANDE DELLA NUOVA COMMEDIA ALL'ITALIANA. ''MI DISSE, USCITI DA UN FUNERALE: 'QUESTE MESTE CERIMONIE SONO DIVENTATE UN’OCCASIONE PER GLI ORATORI FUNEBRI DI CELEBRARE SE STESSI INVECE DEL MORTO''

 

 

1. FERNANDO PROIETTI RICORDA CARLO VANZINA

 

Caro Roberto,

enrico e carlo vanzina con steno

Enrico Vanzina mi ha raccontato con un groppo in gola che suo fratello Carlo ha affrontato la via crucis della sua inesorabile malattia con la serenità di chi non voleva morire. Cioè con quella forza d’animo propria di chi per pudore mai aveva avuto il coraggio d’immaginarsi un simile precoce destino. Fino all’ultimo Carlo, stoicamente e con lucida armonia pensava di vincere sul nemico invisibile. Il toro Carlo contro il matador del morbo spietato e indomabile pronto a dare il suo colpo ferale. Già, Carlo.

 

L’amico silenzioso e privato. L’autore di Sapore di sale e di tanti altri film della nuova commedia all’italiana, era stato dato alla luce da sua madre Teresa nella clinica Quisisana il 13 marzo 1951. L’anno in cui suo padre, il regista Steno (Stefano Vanzina) realizzava con Mario Monicelli “Guardie e ladri” con Totò e Aldo Fabrizi.

 

alberto sordi con carlo e enrico vanzina

“Guardie e ladri non è uno dei tanti film di Totò: è un capolavoro in sé. Lo è per la sceneggiatura, cui collaborarono Vitaliano Brancati e Ennio Flaiano; lo è per la regia, che divide la storia in una serie di quadri, o scene, come a teatro, in una rivista ambientata en plein air, sotto il cielo di Roma”. Così scrive Franco Cordelli, saggista e critico teatrale, nel volume sul cinema nella capitale: “Vacanze romane” (Edizioni Falsopiano, 2008). Con il riconoscimento postumo di un capolavoro che avrei segnalato all’attenzione di Carlo ed Enrico alla prima occasione.

 

carlo e enrico vanzina foto andrea arriga

Nella grande famiglia del cinema italiano del dopoguerra (“unica e irripetibile”, a giudizio dell'immenso Mario Monicelli) c’è un filo robusto in cui la memoria collettiva prevale sempre su quella individuale. Le storie di vita, soprattutto nel campo dello spettacolo, vengono condivise grazie all’aiuto dei titoli di testa, delle immagini delle pellicole e rafforzati dai ricordi orali, dagli aneddoti e dalle leggende del popolo delle  maestranze: dalla più umile delle sarte all’ultimo macchinista che di giorno muovevano con passione verso Cinecittà.

 

steno con i figli carlo ed enrico vanzina

Una volta dissi a Carlo, cogliendolo impreparato: “sono negato per le ricorrenze e i compleanni”, che il 1951 era stato anche l’anno d’oro dei figli d’arte: Marco Risi, Christian De Sica, Barbara Mastroianni, Tony Garrani, Romina Power, Paola Comencini… E che avremmo dovuto approfondire il ruolo della sapiente (e paziente) moglie dell’artista nel ruolo di Penelope nel nostro cinema.

 

carlo vanzina

La sua risposta fu un sorriso che illuminava pure i suoi occhi intelligenti. Poi aggiunse con quel suo senso dell’umorismo leggero e al tempo stesso pungente: “Ma io nel 1951, a sei mesi, sono stato il primo dei miei futuri colleghi a esordire sul set con il film Totò e le donne diretto dalla coppia Steno&Monicelli. Interpretavo Totò in fasce e stavo dentro un box con una voce fuori campo che diceva: Fin da piccolo Totò era ossessionato dalle donne…”.

 

La frequentazione con Carlo, in realtà, è stata occasionale negli anni. Lui come Calvino amava ascoltare sia l’eco dei suoi silenzi sia esercitare la solitudine del satiro. Tanto per citare Flaiano. Eppure nel 1975 sono stato testimone del suo mancato debutto da regista, a 33 anni e dopo una lunga gavetta come aiuto, per un film-commedia sui mercati generali con Giovanna Ralli, prodotto da Carlo Ponti. Lo incontravo nella casa-studio di Ugo Pirro in via dell’Oca. “L’unico sceneggiatore – mi disse - di cui mi fido”.

steno con i figli carlo ed enrico vanzina

 

Sin dalle prime sedute di lavoro, Carlo aveva intuito però che Ponti “mirava a fare un film piccolo, con pochi soldi da spendere”. E fu colto da ansia da prestazione: “Non ci credo più al film”, che lo portò ad abbandonare il progetto per scrivere con suo fratello Enrico un film per Renato Pozzetto.

 

Il “mancato debutto” di Carlo con Ponti l’abbiamo rievocato con Giovanna Ralli la passata primavera in occasione della bella mostra alla Galleria Nazionale di Roma per i cento anni della nascita di Steno. “Sono stato un incosciente a mettermi allora contro Ponti?”, è tornato a chiedermi Carlo. Forse sì. “Macché!”, intervenne al volo la Ralli.

 

carlo vanzina

L’ultima volta che ci siamo visti è stato a Londra lo scorso novembre, in casa di un amico comune, dopo il pareggio della sua Roma con il Chelsea in coppa dei Campioni (3-3). Già, i giallorossi sono stati l’altra grande passione di Carlo. Nessun segno della malattia sembrava manifestarsi nel suo corpo asciutto. “Non ti dico a cosa stiamo lavorando tanto te l’ha già detto il tuo amico del cuore Enrico”, mi prese come sempre in contropiede.

 

E il mio ultimo pensiero va al fratello maggiore Enrico, protettivo più di un padre: “Sin da piccolo era un po’ morboso nei miei confronti tant’è che alla fine ho sempre frequentato gli amici suoi”, ha raccontato Carlo. Dopo quarant’anni di lavoro comune nella vecchia casa di famiglia ai Parioli, ora tocca a Enrico elaborare un lutto senza superare i confini della disperazione.

 

carol alt con carlo vanzina luca barbareschi marina ripa di meana

La morte di un fratello o di un amico speciale deve solo farci riflettere, secondo il pensiero del filosofo Schopenhauer, che un grande dolore può essere superato soltanto avendo la consapevolezza “che in ogni individuo che ci lascia v'è qualcosa che è solo suo, e che va perduto per sempre”.

Ciao Carlo.

 

Ps.

Ho ben presente il luogo, la Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo a Roma, ma non l’uomo o la donna di spettacolo che aveva lasciato questa terra. Al termine della funzione venne a salutarmi Carlo e con un sorrisetto beffardo mi disse: “Queste meste cerimonie sono diventate un’occasione per gli oratori funebri di parlare e celebrare se stessi invece del morto”. Anch’io, caro Carlo – e te ne chiedo venia - sono caduto nel peccato dell’autocitazione.

carol alt carlo vanzina renee simonsen

 

Fernando Proietti

 

 

 

2. LA PREFAZIONE SCRITTA  DA CARLO VANZINA AL  LIBRO DI SUO FRATELLO ENRICO,  “UNA FAMIGLIA ITALIANA” EDITO DA MONDADORI (2010)

in ricordo dei suoi genitori,  la mamma Teresa e suo padre,  il regista e intellettuale

Stefano Vanzina in arte Steno

 

 

Il 13 marzo del 1951 alle dieci di sera nasceva Carlo Vanzina. Cioè io.

 

Un matrimonio da favola di Carlo Vanzina

Sono nato a Roma, alla Clinica Quisisana, accanto a piazza delle Muse. E devo ammettere che sono stato fortunato. Potevo nascere in India o in Gabon o nella Pampa argentina. Invece sono nato ai Parioli, in una delle città più belle del mondo e in una famiglia fantastica. Una famiglia italiana, borghese, normale, dove sono cresciuto amando Billy Wilder, Manfredini, il risotto allo zafferano, Brigitte Bardot e Peter Sellers. Una famiglia dove, parafrasando Zavattini e De Sica, "Buongiorno" voleva dire buongiorno e ”Ti voglio bene” voleva dire ti voglio bene. Non so come sarebbe stato vivere in ”un’altra famiglia", diversa da quella che mi è capitata, ma nella "mia” famiglia io ci ho vissuto benissimo.

CARLO VANZINA E FAMIGLIA

 

Abitavamo in via Nicola Martelli e lì ci sono stato per Ventidue anni prima di andare a vivere da solo. Poi ci tornavo quasi ogni giorno per pranzare con i miei e ancora oggi ci vado tutti i giorni perché quella casa è diventata il nostro ufficio.

 

E in quella casa dove ho giocato con i soldatini, dove mi sono chiuso a chiave nel bagno all'età di quattro anni e poi non riuscivo più ad aprire, dove studiavo italiano con la maestra Cataldi, dove ho appeso al muro i poster di Steve McQueen e Sean Connery, dove ascoltavo per ore Rubber Soul dei Beatles, dove leggevo Sulla strada di Kerouac e sognavo l'America, dove ho detto a mia madre all'età di Ventun anni: ”Mamma mi voglio sposare”, e a lei per poco non è venuto un colpo, dove sono ritornato a vivere dopo la morte di mio padre per non lasciare sola mia madre, dove la domenica si mangiava il budino alla crema con sopra le banane tagliate, dove ho visto alla televisione i festival di Sanremo con il pigiamino e la mitica Italia-Germania 4 a 3 insieme a Raimondo Vianello.

I BROS CARLO E ENRICO VANZINA

 

Il libro di Enrico racconta tutto questo.

 

Una famiglia "nata" alla fine degli anni Quaranta che attraversa metà del Ventesimo secolo e oltre. Un viaggio pieno di personaggi e di luoghi fantastici. Una divertente carrellata di eventi apparentemente insignificanti, ma che nella nostra famiglia sono stati pietre miliari. C'è tutto, la nascita, la scuola, i viaggi, i primi amori, gli amici, il lavoro, la morte. Trattati come in un diario, dove però le pagine volate via sono state ricomposte con allegra anarchia.

 

lisa melidoni e carlo vanzina

È un piccolo romanzo di formazione dove ognuno può ritrovare le proprie emozioni e le proprie esperienze. Uno stile che pesca un po’ negli stili di grandi scrittori che abbiamo amato in famiglia. Un mosaico di facce e di momenti fissati nella memoria.

 

È un libro che mi commuove per ragioni personali, ma che penso possa commuovere tutti quelli che si riconosceranno nella nostra famiglia. Un libro da sfogliare come un album di ricordi o la sceneggiatura di un film che racconta la vita. Quella vera, vissuta giorno per giorno, con le piccole gioie, le delusioni, le sofferenze, e poi ancora i momenti lieti.

 

Alberto Sordi, Ercole Patti, Totò, Mario Soldati, Silvana Mangano, Vittorio De Sica, Walter Chiari, Ennio Flaiano, Mario Monicelli, sono alcuni tra i tanti protagonisti di questo libro. Ma lo sono anche Roma, Cortina, Castiglioncello, Capri. E soprattutto Steno, mio padre, Maria Teresa, mia madre, Enrico, mio fratello, e io, Carlo, che quella sera del 1951 potevo nascere a Bombay in una famiglia indiana. E probabilmente mio fratello indiano ci avrebbe scritto un libro.

 

Ma questo forse succederà in un'altra vita.

 

LUCHERINI E CARLO VANZINA

Buona lettura.

 

Carlo Vanzina

 

 

3. BIOGRAFIA DI CARLO VANZINA

A cura di Giorgio Dell'Arti per il suo sito www.cinquantamila.it

 

• Roma 13 marzo 1951. Regista, sceneggiatore e produttore. Figlio del grande regista Steno (Stefano Vanzina, 1915-1988), lavora in coppia col fratello Enrico (vedi). «Il guaio è che io e mio fratello siamo due snob irrecuperabili: il massimo della snobberia è fare film di Natale, e la sera leggere Maupassant».

 

Giovanni Malago e Carlo Vanzina

 • Steno «diversamente da tutti i suoi colleghi, ha fatto il padre sul serio: adorava i figli e li portava con sé ovunque» (Barbara Palombelli). Scuola francese: «Mia madre Maria Teresa ci teneva. Era figlia di un ferroviere, lavorava al ministero degli Esteri, era affascinata dai diplomatici: d’estate ci mandava a studiare inglese in Svizzera, sperava che Enrico ed io diventassimo dei grandi ambasciatori».

carlo verdone e enrico vanzina

• «Mio padre ci ha sempre insegnato che il nostro è un mestiere artigianale, come fare l’avvocato. Non pensiamo di costruire capolavori. I nostri film sono entrati nel dna degli italiani. Sono un rito liberatorio: come il rutto libero di Fantozzi davanti alla tv».

 

• «Mi ispiro a Zola e Balzac: hanno raccontato la commedia sociale».

• Tra i suoi film: I fichissimi (1981), Eccezzziunale... veramente (1982), Sapore di mare (1983), Vacanze di Natale (1983), Vacanze in America (1984), Un’estate al mare (2008), Un’estate ai Caraibi (2009) e Sapore di te (2014), questi ultimi tentativi di ripetere nel periodo delle vacanze al mare i boom al botteghino natalizi (esperimento detto “cinecocomero”, come l’altro si chiama “cinepanettone”). Per la tv Un ciclone in famiglia, Piper ecc.

carlo vanzina luca cordero di montezemolo

 

• «Se esiste un modo di raccontare l’Italia alla Vanzina, diciamo che comincia con Vacanze di Natale. Abbiamo girato circa 80 film ma questo resterà sempre nel nostro cuore: è carino e semplice e ha aperto un genere. Purtroppo c’è anche da dire che abbiamo combinato un guaio. Eh sì, perché questo genere alla fine è stato tradito e oggi questi cinepanettoni sono sempre uguali: raccontano le vicende di Christian De Sica che tradisce la moglie in giro per il mondo e puntano soprattutto sul pubblico più giovane» (Enrico Vanzina) [Dag 23/3/2009].

• «Nel mondo in quanto cinema ci sono i fratelli Coen e prima di loro i fratelli Lumière, in Italia i fratelli Vanzina» (Giancarlo Dotto).

 

enrico e carlo vanzina con roberto d agostino

• «Preferisco i film porno a quelli dei Vanzina. I film porno sono meno prevedibili» (Daniele Luttazzi).

• Secondo parte della critica i loro film rappresentano «l’Italia consumistica, arrivista, rampante, volgare e griffata, la cui attività cerebrale è piatta e i cui protagonisti ci conducono a contatto con un nuovo bestiario sociale iperrealistico e completamente privo di anima per cui l’apparire importa più dell’essere. Nei loro instant film i fratelli Vanzina sembrano voler registrare un’Italia artificiale creata dalla televisione, dalla moda, in cui tutti i peggiori vizi del ritratto dell’italiano vengono dilatati, ma anche colti fenomenologicamente senza alcuna intenzione di giudizio moralistico come l’idiozia fosse un valore e il processo in atto fosse irreversibile» (Giampiero Brunetta).

 

carlo vanzina milly carlucci

• «Ci hanno confinati in serie B per anni, ne abbiamo sofferto, poi finalmente siamo stati sdoganati: abbiamo contribuito a fissare per sempre l’immagine di una certa società italiana, lo capì per primo il critico di Repubblica Paolo D’Agostini. Ma chi ha ridicolizzato gli yuppies, quei quattro zozzoni che litigavano al ristorante al momento del conto? E i nobili, le finte bionde, la mania della palestra, i circoli come sedi di affari? Per un lunghissimo periodo, è stata dura: più i nostri film guadagnavano miliardi, più ci confinavano nel trash, nella volgarità. Adesso che è finita, ora che tutti ci celebrano, devo ringraziare un innamorato del cinema, l’unico comunista di cui mi fido e per il quale ho votato: Walter Veltroni. Anche lui ci ha sempre apprezzato, rideva alle nostre battute, ai nostri giochi di parole sui cognomi romani, come ha fatto sempre anche il sindaco di prima, Rutelli, quasi un figlio mancato del nostro adorato Alberto Sordi. E, naturalmente, Berlusconi: un nostro grande ammiratore. E un sostenitore, grazie ai diritti d’antenna, di tutto il cinema italiano».

 

 

 • Secondo il regista Mimmo Calopresti, i Vanzina hanno inventato il «milanese moderno».

Carlo Vanzina

• «Noi, che facciamo cinema popolare, da sempre ci domandiamo chi andrà a vedere i nostri film. E l’unico modo per contrastare i kolossal e gli effetti speciali americani, specie tenendo conto del pubblico dei multiplex, è puntare sulle commedie».

 

• Enrico parlando di Carlo: «...Un fratello meraviglioso. Sensibile, intelligente, spiritoso. Non è mai presuntuoso anche se conosce il cinema come pochi. Ha un “tocco” personale che gli permette di raccontare le cose con grande leggerezza, senza mai annoiare. Sul lavoro è instancabile e meticoloso. Possiede la forza straordinaria di chi sa, sempre, cosa sta facendo. Tecnicamente, intellettualmente e soprattutto umanamente...».

 

SAPORE DI MARE

• Il suo primo voto fu per il Psi. Più tardi, con l’arrivo di Craxi, si spostò verso Pannella e Bonino: «Mi piaceva la loro battaglia per gli spinelli liberi». Nel 94 votò per Berlusconi. «I nostri film sono molto più di sinistra, hanno un contenuto molto più sociale, di tanti altri che si proclamano tali. D’altronde, ci ispiriamo al cinema della commedia italiana fatta da Scola, Monicelli, Risi... e da mio padre. Pensate a Guardie e ladri. I tempi sono cambiati, e anche il livello degli attori si è abbassato. Ma se c’è da schierarsi, noi siamo sempre con la gente più umile: i nostri film raccontano loro e sono fatti per loro. D’altronde, al cinema ci va soprattutto chi non può permettersi una serata ad alto costo. Anzi, c’è una cosa curiosa, adesso: i nostri film sono amatissimi dagli extracomunitari. Con Enrico lo scoprimmo andando a vedere uno degli ultimi Fantozzi: la sala era invasa da filippini».

 

• «In una cinematografia seria come quella americana, noi Vanzina saremmo venerati come Spielberg. Qui dobbiamo vergognarci».

• Sposato con Lisa Melidoni, due figlie, Isotta e Assia.

Carlo Vanzina e Simona Izzo