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Gianluca Veneziani per “Libero Quotidiano”
Alla fine si torna sempre all' origine. Mosso da questo desiderio, il grande regista Francis Ford Coppola ha preso parte ieri a Milano, presso il Teatro Dal Verme, all'evento Ritrovare le radici per incontrare il futuro: la mia Basilicata, serata-omaggio alla sua terra d'origine. Un viaggio a ritroso tra memorie, storie di un suo antenato brigante (Carmine Coppola) e parentele eccellenti (suo cugino è Riccardo Muti), cibi tipici (lambascioni e gnemereidde) e dialetti.
«Non escludo di poter girare alcune scene di film in Lucania», avverte il regista, «magari nel paese dove nacque mio nonno Agostino, Bernalda». Più difficile invece che l'autore di Apocalypse Now torni a cimentarsi con una grande produzione hollywoodiana. «Ho terminato la mia carriera a Hollywood», avverte, «perché ho deciso di non fare più quelli che si potrebbero definire "film di fabbrica", cioè commerciali».
Da qui la sua ricerca orientata su produzioni sperimentali e su forme di «cinema dal vivo», come dimostrano il suo ultimo lavoro Distant Vision (2015) e Twixt (2011), pellicola horror sui vampiri. Basilicata e vampiri sono anche l' occasione per parlare del suo Dracula di Bram Stoker e del legame che unisce il vampiro più celebre della letteratura con la Lucania. Le ricerche di alcuni studiosi hanno infatti dimostrato che la figlia del duca Vlad III (Dracula) sarebbe seppellita in un paese lucano, Acerenza; e che lo stesso Bram Stoker avrebbe compiuto tra 1875 e 1876 un viaggio in Basilicata.
«Si tratta di un rapporto affascinante», commenta Coppola, «che conferma l'immagine di quella regione come luogo magico, caratterizzato da riti e da miti, e giustifica ancor di più il mio amore per le storie di vampiri». Come dire che dalla terra natìa si sugge sia linfa che sangue... Ma anche petrolio. Da qui il suo appello ai lucani a «godere finalmente delle royalties legate all' oro nero, che spettano loro».
MATT DILLON E FRANCIS FORD COPPOLA
Ma il viaggio nella biografia e filmografia del regista non può non soffermarsi anche sulla trilogia de Il Padrino. «Forse, e questo vale anche per film come Gomorra e Suburra, bisognerebbe tornare a raccontare il proprio Paese attraverso produzioni indipendenti basate sulla qualità e non solo in una logica commerciale».
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