IN ORIENTE, FRECCERO SI ORIENTA MEGLIO - SU RAI4 DEFLAGRA QUEL CINEMA SPETTACOLARE E ADRENALINICO, CRESCIUTO SULLE CENERI DI BRUCE LEE - “SONO A RAI 4 PERCHÉ NON MI FANNO FARE UN CAZZO, MA VA BENE COSÌ. BISOGNA ESSERE FREDDI, COME DR. HOUSE, QUANDO SI FA TELEVISIONE. E CONTINUARE A INNOVARE, SCOMMETTERE, RISCHIARE” - NON LO SORPRENDE CHE “VINCERE” DI BELLOCCHIO SU RAITRE, ABBIA FATTO ASCOLTI MINIMI. “NON È UN FILM QUALSIASI, LA SERATA ANDAVA COSTRUITA, UN PO’ COME FA MENTANA SU LA7. MA SE LA TUA LINEA EDITORIALE È “BALLARÒ”…”

Michele Anselmi per "il Riformista"

Messe da parte, ma solo per un po', le sofisticate provocazioni situazioniste, Carlo Freccero, classe 1947, savonese, una delle menti più lucide della nostra tv, s'è dato alle mazzate cinesi. Nel senso di quel cinema spettacolare e adrenalinico, cresciuto sulle ceneri di Bruce Lee, che in questi quarant'anni ha saputo rinnovarsi prendendo le vie più diverse, dal noir al poliziesco, dall'action pura al mix di epico, storico e fantasy detto "wuxiapian": sempre all'insegna dell'affondo popolare, ma con insospettate qualità d'autore. John Woo, Ang Lee, Zhang Yimou, Johnnie To, Tsui Hark, Dante Lam: non occorre essere cinefili per conoscere questi nomi, il passaggio a Hollywood in alcuni casi li ha proiettati in una dimensione planetaria tornata utile col rientro in patria.

Ieri sera su Rai 4, il canale digitale che Freccero dirige dal 14 luglio 2008 con sperimentale baldanza, è partito un ciclo di 25 film intitolato "Missione: estremo Oriente". Appuntamento alle 21.10. Primo film in cartellone, "La vendetta del dragone", 2009, con Jackie Chan più tosto e meno ironico del solito; martedì prossimo toccherà a "Fearless", 2006, con Jet Li che rifà un mitico maestro di arti marziali del primo Novecento, tal Huo Yuanjia. E poi "Ip Man" uno e due, "La foresta dei pugnali volanti", "The Warlords - La battaglia dei tre guerrieri", "The Longest Nite", "The Sniper" e tanti altri.

Non tutti sono inediti, ma una buona porzione del gruppo, 15 su 25, sì: anche grazie alla collaborazione con il Far East Film di Udine. Per dire, uno degli ultimi ad essere proiettati, nel 2012, sarà quel "Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma" di Johnnie To uscito un mese fa nei cinema italiani. Non un successo al box-office, neanche 80 mila euro, ma vedrete che su Rai 4, all'interno di una selezione ragionata e pimpante, per palatini fini e spettatori fidelizzati, sarà un successo.

Nel presentare l'iniziativa in un hotel Sofitel, esibendo una camicia rossa tra il garibaldino e il cinese, Freccero premette: «Non siamo mica dei pazzi scatenati. A Rai 4 abbiamo fatto alcuni assaggi positivi prima di lanciarci in questa ideale mappatura dell'immaginario mainstream legato al cinema orientale».

Vengono da Cina, Hong-Kong, Corea, Thailandia e Giappone i film messi insieme per l'occasione, dai quali Freccero si aspetta buoni risultati di ascolto: se possibile attorno all'1 per cento di share, insomma tra i 350 e i 400 mila spettatori. «Il nostro pubblico è abbastanza giovane, perlopiù quarantenne. È competente, curioso, attento, ama le scommesse. Io credo che ci seguirà. Se non sarà così, pazienza: a volte il flop è anche più bello del successo».

Avrete capito che per il direttore di Rai 4, un tempo timoniere di Raidue e oggi da Fabio Fazio indicato come l'uomo giusto per guidare Raitre dopo l'uscita di Paolo Ruffini, il cinema orientale è un pretesto. Per lui che ama le atmosfere ultraintellettuali di Philippe Garrel, katane affilate, coltelli volanti, pistole fumanti, kung-fu e acrobazie vertiginose diventano un modo per "serializzare" il cinema e offrirlo allo spettatore in una veste nuova, scattante, pensata. «In tv il cinema deve inserito in una logica editoriale, o non funziona. Io ci sto provando, con l'occhio ai bilanci e ai ricavi». La controprova verrebbe dagli «oltre 40 milioni di euro di pubblicità» portati in dote alla Rai.

Nondimeno, Freccero continua a non essere molto amato a viale Mazzini. Ripreso con lettera ufficiale dal direttore generale Lorenza Lei, l'uomo preferisce non commentare le vicende che riguardano Santoro, Dandini, Ruffini e compagnia bella. «Sono a Rai 4 perché non mi fanno fare un cazzo, ma va bene così. Bisogna essere freddi, come dr. House, quando si fa televisione. E continuare a innovare, scommettere, rischiare» teorizza. Lui, dal suo accogliente scantinato, ci prova.

Ha fatto la tv generalista, la tv satellitare, oggi si misura con la tv digitale. In attesa, sembrerebbe ma non lo dice, di tempi migliori. «La vera domanda da farsi è: che fiction produrre dopo l'uscita di scena di Berlusconi? Io qualche idea ce l'ho» sorride, e allude, per scherzo, a una serie sulle cosiddette "olgettine". Di sicuro è in serata buona. «Pratico generi che la Rai non tocca mai», e cita a modello la Bbc, serie come "Misfits" e "Doctor Who", film nati per il piccolo schermo come "Carlos".

Non lo sorprende che "Vincere" di Marco Bellocchio, passato il 9 settembre in prima serata su Raitre, abbia fatto ascolti minimi, meno del 4 per cento di share. «Non è un film qualsiasi, Bellocchio l'ha fatto pensando a una persona precisa. La serata andava costruita, un po' come fa Mentana su La 7. Ma se la tua linea editoriale è "Ballarò"...».

Di più è impossibile cavargli, se non che «il cinema italiano non è la mia missione» e che «per fare buona fiction occorrono buone sceneggiature». Una ne ha pronta, è la versione italiana della serie "In treatment", chissà se gli daranno mai i soldi per farla. «Il palinsesto è un bradisismo continuo, uno story-telling, un racconto unico» si congeda, con l'aria di chi ha un vulcano di idee in testa.

 

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