DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Da "il Foglio"
E' arrivato il giorno del giudizio (oggi), il cda Rai del non-ritorno, il momento della verità "anche in relazione alle scelte individuali", come ha detto il consigliere di centrosinistra Nino Rizzo Nervo, e Paolo Garimberti, presidente di garanzia in quota Repubblica (suo giornale di provenienza), è oggi di fronte alla decisione delle decisioni.
Può votare "no" alla conferma (con facoltà di recesso) di Alberto Maccari, direttore del Tg1 sulla soglia della pensione, e "no" alla nomina a direttore del Tgr del già codirettore in quota Carroccio Alessandro Casarin, conquistandosi la sempiterna stima della sinistra che tante volte l'ha colpito con fuoco amico (e che ora grida all'inciucio Pdl-Lega sulla tv di stato).
Oppure può trovare una via di uscita (astensione?), evitando così di compromettere per il futuro (rinnovo del cda a maggio) il proprio ruolo di garanzia e quindi un'eventuale riconferma (perché sarebbe addio all'appoggio del Pdl che un tempo ne lodava "l'imparzialità ", in caso di suo "no" alle nomine, e addio pure all'appoggio terzopolista). E insomma è una mezza via crucis, l'ennesima della sua carriera da presidente di garanzia, salito a Viale Mazzini con plauso bipartisan e rimasto a Viale Mazzini con diffidenza bipartisan.
Non può mostrarsi d'accordo con il dg Lorenza Lei, Garimberti, anche se le aveva mostrato un sollevato appoggio nei primi giorni del dopo Masi (Mauro, l'ex contestatissimo dg), pena la scomunica definitiva da parte del Pd, già perplesso per l'uscita del presidente di garanzia sul Tg3 ("esiste un problema Tg3", disse Garimberti a ottobre, sollevando critiche sdegnate in ogni dove).
Né è stato l'unico caso di incomprensione con il centrosinistra, questo, ché è dal 2009 che Garimberti viene a intermittenza tacciato di inciucismo. Si era arrabbiato l'allora segretario del Pd Dario Franceschini per la prima tornata di nomine Rai votata dall'ex cronista di Rep. ("non ti seguo", scrisse via sms).
Si erano arrabbiate le sentinelle della "libertà di stampa" per la sua non tempestiva dissociazione da Mauro Masi sulla lettera di richiamo a Santoro per le vignette di Vauro sul terremoto in Abruzzo (ma Repubblica, in omaggio all'illustre firma, aveva cercato di far apparire Garimberti "dissociato" da Masi anche in assenza di vera e propria dissociazione: il presidente ha fatto "ufficiosamente" sapere di non condividere la scelta di Masi, aveva scritto Rep.).
Si era poi arrabbiato lo stesso Santoro, nel 2011, nei giorni del gran vittimismo e dell'addio (con grancassa) alla Rai: "Garimberti, uno che imita Ponzio Pilato senza averne la statura", aveva detto il tribuno Michele. E a quel punto il solitamente pacatissimo Garimberti non aveva più retto, era sbottato, si era inalberato, dando il via a una stagione picconatrice non ancora conclusa: "Santoro vuole épater le bourgeois, ma io non mi faccio épater", aveva detto l'ex corrispondente da Mosca con l'orgoglio di chi pensa d'aver consumato le suole tra spie e corridoi grigi, al di là del muro di Berlino.
Poi, sotto Natale, Garimberti si era lasciato andare a uno sfogo contro "la politica politicante che continua a interferire", convocando conferenze stampa e annunciando (in solitaria) rilanci mirabolanti. Come lasciarsi sfuggire l'occasione di essere, dopo tante accuse di immobilismo, l'uomo che dice fortissimamente "no" (seppure senza dimissioni)?
E dunque Garimberti, mentre promette silenzio fino alla riunione di oggi, promette pure parole "libere" dopo la riunione di oggi. E si dice "rispettoso del ruolo di garanzia" ma anche desideroso di esprimersi "sinceramente", mostrandosi esacerbato per i dissidi ma anche lanciato verso la frattura. E mentre il dg Lorenza Lei dice che nessuno "l'ha imbeccata", e mentre il Pd insiste sulla governance, Garimberti accarezza il sogno di un crollo del muro tra sé e la sinistra matrigna.
flo39 nino rizzo nervoPAOLO GARIMBERTI e ALBERTO MACCARIAlessandro CasarinMauro Masi LEIMICHELE SANTORO
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