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Roselina Salemi per "La Stampa"
La storia per cui i mancini muoiono giovani è una favola nera che ritorna ciclicamente. Era il 1992, quando lo psicologo canadese Stanley Coren, annunciava la triste notizia: 9 anni di vita in meno rispetto alla media.
La chiamò «sindrome del mancino». Dimenticatela. Rik Smits, linguista e giornalista scientifico olandese, ha un interesse personale: è mancino. Il saggio «L'enigma della mano sinistra» (Odoya pp. 288, ⬠18) a maggio in libreria, fa piazza pulita di tutte le teorie fantasiose e/o scientificamente inattendibili, compresa l'associazione del mancinismo a malattie tra cui il ritardo mentale, l'alcolismo, l'asma, la febbre da fieno, il cancro, il diabete, l'insonnia, la depressione.
E spiega perché i «sinistri» (il 10% della popolazione) hanno avuto una vita tanto dura. La giornata dell'orgoglio mancino, il 13 agosto, se la sono meritata e il loro slogan è ovviamente obamiano: «Yes we can».
Anche se non sono mai stati così identificabili da essere perseguitati come gruppo sociale i mancini hanno sempre avuto un'aura inquietante. Per comprenderne le ragioni Smits fa avanti e indietro nel tempo, passa dalle pitture rupestri all'invasione dei nomadi indoeuropei, che sostituirono il culto delle dee madri con quello del dio padre mettendo le basi per associare la sinistra al femminile, all'oscurità , al freddo, idea raccolta da Pitagora e consegnata ad Aristotele. La destra è sempre stata «il lato giusto» perché la maggioranza la usava per impugnare armi e falci.
Anche se l'elenco di mancini illustri è lunghissimo (5 presidenti Usa, tra i quali Reagan e Obama, Michelangelo, probabilmente ambidestro, Gandhi) il pregiudizio è duro a morire. Nel tardo â800, il frenologo Cesare Lombroso vedeva il mancinismo come il segno di una personalità criminale.
A metà â900, lo psicanalista americano Abram Blau lo considerava una forma di «negativismo infantile». Ai sinistri attribuiva «testardaggine riottosa, superstizione inconfessata, avarizia, ossessione per la pulizia e, eccessiva rigidità ». Nel 1961 ammoniva i genitori: «Non lasciate che vostro figlio diventi mancino!».
Negli ultimi 70-80 anni, migliaia di studi hanno quantificato la frequenza del mancinismo all'interno di specifici gruppi. Per qualsiasi anomalia, sembra sempre che ci siano più mancini di quanti potremmo aspettarcene basandoci sul caso. Se non sono problematici, devono essere dei fuoriclasse. «Tuo figlio è mancino? Allora forse stai crescendo un genio», strillava la rivista inglese «The Listener» nel 1975.
Ai mancini si attribuiva straordinario talento artistico, basato sul presunto controllo della parte creativa del cervello, l'emisfero destro. Anche questa è leggenda. Però qualche vantaggio c'è, in sport come tennis, boxe, scherma e baseball. Dato che la maggioranza delle persone è destra, nove volte su dieci si allena con un altro destro. I mancini possono avere problemi iniziali di fronte un avversario asimmetrico, ma si abituano presto. I destri non sono preparati. Ecco perché nelle classifiche di tennis, boxe e scherma, i mancini sono tanti.
Ma che cosa sappiamo in fin dei conti? Poco. Esiste una componente ereditaria, e ci sono più uomini che donne mancine (Angelina Jolie, Nicole Kidman...). Il cervello di un mancino non è l'immagine speculare del cervello di un destro; piuttosto, è lateralizzato in modo meno marcato.
Risultato: i mancini corrono un rischio lievemente minore di diventare afasici, se la parte sinistra viene danneggiata. Ma la verità è che i «destri» sono affascinati dai mancini. «Li guardano come un pubblico guarda un illusionista che sega una donna a metà », scherza Smits, «Non c'è bisogno di dire loro che è meglio non provare a replicare l'esperienza a casa».
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