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Francesca Basso per "Il Corriere della Sera"
Riformare la Rai. Ma come? Una proposta è stata presentata dall'Upa (Utenti pubblicità associati) per allontanare il più possibile il servizio pubblico dalla politica e dalla lottizzazione: trasformare Viale Mazzini in fondazione. Per il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi «il modello ideale sarebbe il conferimento a una fondazione, che diventa proprietaria dell'ente pubblico, con uno statuto che rifletta l'attuale contratto di servizio.
Con un consiglio di indirizzo, controllo e garanzia che definisca le strategie e ne controlli il rispetto; un consiglio di amministrazione deputato alla gestione, al cui interno venga nominato un amministratore delegato responsabile della operatività nel rispetto degli indirizzi generali ricevuti dal consiglio di indirizzo».
Il legame con la politica resterebbe, ma in via indiretta, attraverso il consiglio di garanzia, nominato da soggetti istituzionali, come ad esempio i presidenti delle Camere, della Corte costituzionale, delle Authority, delle Regioni e anche dalle associazioni dei consumatori e delle Università . Il presidente della Rai sarebbe nominato dal consiglio di indirizzo con il compito di presiedere entrambi i consigli e fungendo da raccordo.
Oltre alla governance, l'Upa interverrebbe anche sulla struttura lasciando una rete generalista senza pubblicità per giustificare il canone. L'evoluzione della Rai dovrebbe portare al modello «multi-multi», ovvero multicanale, multipiattaforma, multicontenuto e multitarget «passando dall'offerta rigida al consumo personale su misura». Attualmente gli inserzionisti pubblicitari investono circa un miliardo di euro sulla Rai e 3 miliardi sulle reti Mediaset.
Se da una rete venisse tolta la pubblicità si libererebbero 300 milioni, ma per recuperarli «magari - dice Sassoli de Bianchi - si potrebbe alzare il tetto pubblicitario» e si dovrebbe anche «recuperare l'evasione del canone». Alla base della riforma c'è l'idea che «la Rai non deve essere privatizzata - continua il presidente dell'Upa -, deve restare pubblica ma gestita con criteri di efficienza perché un servizio pubblico è una garanzia democratica».
E questo è anche il risultato dello studio «Rai: quale futuro?» condotto da Astra Ricerche di Enrico Finzi attraverso oltre 200 interviste a stakeholder, investitori, consulenti ed esperti del mondo della comunicazione. Le valutazioni emerse sono prevalentemente critiche. C'è chi dà la televisione pubblica per persa; chi la ritiene riformabile ma con grandi difficoltà ; chi ne esalta i persistenti punti di forza e di debolezza. Ci sono poi i «Rai-fan», che si concentrano solo sulle eccellenze. Fra i giudizi positivi è stato sottolineato come la Rai sia la memoria del Paese e abbia un grande patrimonio di competenze e know how.
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