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Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, e dunque sì o no ha ragione Antonio Padellaro nello scrivere sul “Fatto” che gli ospiti dell’ultima puntata del “Rosso di Sera” di Michele Santoro erano la rappresentazione vivente del “meglio” di questi ultimi 70 anni di democrazia repubblicana?
Nientemeno. Il meglio e come persone, e come umori, e come caratura morale dei singoli, e come idee, e come testimonianza di quel che va fatto o che è possibile fare nel nostro tempo sciagurato, e guai a Matteo Renzi che tutto questo ben di Dio non lo valorizza adeguatamente.
Non li valorizza, e gli insegnanti che difendono la scuola, e le operaie licenziate di una fabbrica delocalizzata, e le showgirls ardentemente di sinistra, e i tribuni del popolo che militano a pro del Bene fin da piccoli, e i giornalisti che colpiscono al volto “il servo encomio dell’informazione unica” (ossia i giornalisti del “Fatto”) eccetera eccetera.
Non che io abbia nulla contro queste brave persone. Solo mi fa ridere che l’idea che la puntata di una trasmissione televisiva diventi al modo di una chiesa dove tutti i partecipanti pregano il Dio migliore che esista al mondo.
In fatto di morale pubblica, e di informazione corretta, ho le mie idee e sono di ferro. E non devo imparare nulla dall’una o dall’altra trasmissione televisiva, ossia da un lavoro professionale ben fatto (lo dico a elogio della carriera di Santoro) che punta all’una o all’altra fetta del mercato editoriale e televisivo.
Perché di questo si tratta, del puntare all’una o all’altra fetta del pubblico o del mercato, non di pregare Dio a che renda migliore il mondo. I “migliori valori” di cui argomenta Padellaro non c’entrano niente, con il puntare a un pubblico che sussulta di piacere ogni volta che dici “25 aprile 1945” o che dai del fascista a Silvio Berlusconi o magari allo stesso Renzi.
Di valori ce ne sono altri e ben altri nella realtà del nostro Paese e della sua storia. Di comparti di pubblico ce ne sono altri: sto leggendo un libro Sandor Marài in cui racconta giorno gli anni in cui i comunisti ungheresi venuti da Mosca si impadronirono dell’Ungheria. Non dico che questi altri valori e questo altro pubblico siano migliori, non lo dico affatto, dico semplicemente che sono diversi da quelli cari alla nenia del “Rosso di sera”, titolo che non augurerei al mio peggiore nemico.
Con tutto il rispetto per le operaie licenziate e per gli insegnanti che sognano una scuola pubblica la più egualitarista possibile, per me sono valori grandissimi il lavoro ben fatto in ogni campo (un medico, un artigiano, un ristoratore), la responsabilità individuale nell’assolvere puntualmente ai piccoli doveri quotidiani, la lealtà nei rapporti personali e nel mantenere la parola data, la cavalleria nei confronti del femminile, il gran posto da dare alla creatività artistica e culturale, i bei libri i bei film i bei dischi i begli oggetti di arredamento.
MONICA GUERRITORE ROSSO DI SERA
alessandro mendini 7alba parietti a rosso di sera
Se penso ai “migliori valori” della storia italiana recente penso alla collana editoriale einaudiana diretta da Elio Vittorini (“I Gettoni”), a quel comparto dell’Università di Padova voluto da un rettore fascista e progettato interamente da Gio Ponti, al lavoro grafico di Bruno Munari, al design di Ettore Sottsass o Gaetano Pesce o Alessandro Mendini, alla casa editrice Sellerio che sta in Sicilia o alla casa editrice Adelphi che sta a Milano, alla scrittura di Goffredo Parise, al giornalismo di Indro Montanelli, alle “opere” di Piero Manzoni, ai vetri di Murano, alle ceramiche di Vietri, agli oggetti della Danese di Milano anni Sessanta-Settanta. Questo mi emoziona, è qui che mi sento italianissimo, è qui che mi vengono alla bocca i valori e tutto ciò che ad essi attiene e ti cattura l’anima.
Non giudicatemi astratto o separato dal reale e dalle sue lordure. Certo che è bene dire che i ladri sono dei ladri e i corrotti sono dei corrotti. C’è chi di dirlo ne ha fatto uno stemma e una professione, tavolta un business. E’ ovvio che chi fa un giornale dica al suo pubblico che nel comprarlo si pone all’eccellenza morale del proprio Paese.
Lo ha fatto per venti o trent’anni “la Repubblica” e il suo bravissimo fondatore, innanzi al cui nome mi metto in piedi. Lo fanno adesso gli amici del “Fatto” e dei suoi dintorni editoriali. Auguri, solo che i “valori” non c’entrano nulla. E’ una scelta, un’opzione editoriale, una valutazione politica. Tutto qui. Libere scelte in libero Stato. Epperò nessuna Chiesa più sacra delle altre.
FERILLI GUERRITORE PARIETTI ROSSO DI SERA
Ps. Quando Santoro venne cacciato via dalla Rai pubblica, e non che io avessi mai avuto nulla a che fare con lui, gli telefonai per dirgli la mia solidarietà. Ecco, questo è per me “un valore”. Telefonare a uno che ha subito un sopruso a causa della politica e delle sue prepotenze.
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