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Come donna innamorata” di Marco Santagata, Guanda editore
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Per uno nato a Zocca, come Vasco Rossi, una vita spericolata da scrittore è il minimo in cui ci si possa lanciare. Ed infatti spericolatamente l’ottimo studioso di Dante, Marco Santagata, si è lanciato nella letteratura sino a indurre il suo editore, Guanda, a candidarlo tra gli stregati, il premio più combinato nelle macerie della letteratura italiana.
Figlio di Ciro, insegnante, dc di sinistra che fu capogruppo al Consiglio comunale di Modena e presidente dell’Ente turismo, il nostro è fratello del parlamentare Pd Giulio che, «dopo un po’ di barricate sessantottine e la laurea in Economia” entrò nel Pci al amigliorista come l’ex re Giorgio. Nella cultura italiana, si sa, si viene sempre da qualche famiglia e dintorni.
Nel 2006 il nostro lesse alcuni brani del Petrarca a fianco di Vasco Rossi. Si racconta che al termine della performance Santagata abbia rievocato il passato dei primi anni a Zocca dicendo: “Abbiamo bevuto la stessa acqua, respirato la stessa aria, potremmo anche avere amato le stesse donne...”, e che a quel punto Vasco abbia alzato le mani dicendo: “No, quelle no!...”.
E se Santagata ha preso dai personaggi del suo romanzo ora capiremo anche il perché della reazione di Vasco. Santagata è un appassionato nel raccogliere allori, come il suo poeta di riferimento, il poeta laureato Dante: il Campiello nel 2003 e l’anno scorso il Comisso con Dante il romanzo della sua vita. Ma finché si è trattato di passare dai saggi accademici alla divulgazione colta, Santagata ha mostrato abilità.
Lo scivolamento avviene quando passa al romanzo dove, oltre al conoscere, bisogna saper appassionare e dove, prima di scrivere, bisogna interrogarsi su chi siamo, cosa vogliamo dire, con che lingua far parlare i personaggi, come caratterizzarli…
E Santagata dovrebbe sapere il rischio che si corre ad esporsi in questi casi, visto che lo scrive lui a proposito del Sommo poeta: “Dante era in ansia perché temeva che… invece della fama di saggio gli venisse affibbiata la nomea di stravagante” (p.139).
Appunto. Questo è proprio il rischio in cui Santagata precipita col romanzo “Come donna innamorata”, candidato allo Strega. Che so, secondo Santagata, Dante pubblica La vita nova e poi si reca a casa di Vieri de Cerchi - la cui fazione è passata alla storia come fazione di villani - che qui parla “con voce suadente e gesticolare pacato” (p.140). Gli versa del “vinello bianco frizzante” (ci vorrebbe più precisione: il nome del vino, altrimenti sembriamo all’osteria “Mi dia un bianco”) in una coppa d’argento (evento raro).
francesco piccolo beve lo strega
E Dante? Santagata, in un italiano da giornalismo burocratico, scrive che “aveva apprezzato come gesto sommamente elegante che Vieri non avesse fatto parola del suo fresco successo letterario”. Ma Santagata! Non siamo mica al ricevimento da Bazoli il giorno dopo lo Strega, con tu che apprezzi il fatto che il sobrio banchiere “non faccia riferimento al tuo successo letterario”!
E l’incontro con Beatrice? E’ Guido Cavalcanti a spingere Dante all’incontro, dopo una breve spiegazione su cosa sia l’amore: “è sofferenza” e “passione che sprofonda all’inferno” (non è un po’ troppo Sturmer?). Guido lo accompagna alla porta, gli stringe una mano (tra amici?) e dice: “Vai, Dantino, ti auguro di incontrare presto il tuo angelo” (p.27).
Che guarda caso è proprio lì, Bice Portinari “dagli occhi di smeraldo che calamitava l’attenzione dei presenti e li rendeva più gentili, più rispettosi, più affabili”. Dopo un po’ c’è pure l’amica Tana che non se la sente di lasciare a casa da solo “il figlio febbricitante” (p.95) come nel più tipico mammismo all’italiana: sono scene aristotelicamente verosimili? Un Dantino, insomma.
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