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Arianna Finos per la Repubblica
«IO IN ITALIA NON esisto ». Però al Sundance, a Berlino, a Toronto si è parlato solo del suo film.
Call me by your name, struggente e sensuale, ha reso evidente lo spessore internazionale di Luca Guadagnino e la sua solitudine nel nostro paese. La storia d' amore tra due giovani uomini in una lunga estate calda nella provincia di Cremona negli anni Ottanta è - secondo i critici americani - un film degno degli Oscar. Da noi, dicevamo, se ne sa poco.
Ma il suo remake in melodramma di Suspiria, ancora incompiuto, ha già fatto piangere Quentin Tarantino. Il regista palermitano è in partenza per il London Film Festival: «Mi commuove l' idea che al gala per il sindaco Khan, alfiere di una città stato che resiste all' involuzione brutale della Gran Bretagna, sia stato scelto il mio film, con il suo discorso sull' accoglienza dell' altro». Il film, tratto dal romanzo di André Aciman Chiamami col tuo nome, uscirà in Italia a febbraio.
La stampa americana la dà in corsa per gli Oscar.
«Ho fatto il critico cinematografico per anni e anche se penso che la regola di non leggere le critiche sul proprio lavoro sia una cosa buona e giusta, il mio lato di studioso del cinema mi impone di farlo. Quando leggi critiche così articolate e profonde con superlativi svergognati, sei contento e un po' sopraffatto».
Gli americani l' hanno amata prima e più degli italiani?
«Dopo Io sono l' amore ho avuto un riscontro positivo, anche sul fronte commerciale, a diverse latitudini: Usa, Corea del Sud, Germania. Non mi sento riconosciuto nel mio paese, francamente. Lo dico con leggerezza, senza risentimento. C' è un equivoco in Italia che mi riguarda».
Si riferisce a "Melissa P." ?
«Quel film è stato fonte di sofferenza per me. Il progetto fu accolto subito con scetticismo. Francesca Neri aveva avuto l' intuizione e il coraggio di fare il film, ma non se la sentì di contrastare i coproduttori americani. Ho perso il controllo creativo. Al di là della riuscita del film, credo sia prevalso il sospetto verso il materiale iniziale. Melissa P. incassò 7 milioni nel 2005. Ma fu un successo a doppio taglio. Pensai: "Ora farò quel che voglio" e invece nessuno mi riceveva e il film fu nominato il peggiore da Ciak con Troppo belli con il tronista Costantino Vitagliano».
Lei dice di avere qualche problema con il concetto di autore.
«Sono sospettoso della categoria "autore cinematografico".
Mi sono formato negli anni Ottanta, quando il trionfo del nostro cinema precedente si è contratto drammaticamente nell' inerzia. Nei Novanta si è confusa la capacità di inventare storie con quella di raccontarle attraverso immagini: Hitchcock non ha mai scritto un film. In Italia siamo stati schiacciati dal muro tra serie A e serie B, dall' impossibilità di accettare, con sprezzo piccolo borghese, la grande stagione dei nostri B movie. In America fanno film di serie B travestiti da serie A: cos' altro sono le Guerre stellari, i supereroi o i Batman? ».
È stata una gavetta difficile?
«Ho avuto maestri ideali e il sostegno di tanti amici. Leggendo l' autobiografia di Polanski scoprii che da giovane viveva al di là dei suoi mezzi, grazie agli amici.
Io mi sentivo in colpa perché ho veramente campato sulle spalle di molti amici per anni e quella rivelazione mi ha consolato».
Il suo rapporto con i colleghi italiani?
lo scambio james woods armie hammer sul film di guadagnino
«Stimo Garrone, sono amico di Maria Sole Tognazzi, Stefano Mordini, Claudio Noce, Toni D' Angelo, Saverio Costanzo, Alba e Alice Rohrwacher. Da produttore avevo proposto a Gabriele Muccino di girare Call me by your name, ma non è successo».
Quali film d' amore ha avuto presenti per "Call me by your name"?
«I miei libri di testo sono stati Ai nostri amori con Sandrine Bonnaire e La luna di Bertolucci.
Bernardo è stato il primo a vedere il film. È un gigante, anche per la sua vezzosa umiltà, ed è triste che della sua lezione di cinema non si abbia un riflesso nel cinema italiano contemporaneo. Vedo in giro molto Fellini che purtroppo, come Bertolucci, era unico. Non credo che sia il vezzo felliniano a dover essere usato come lezione, ma il modo in cui praticare la relazione con gli immaginari, cosa che non vedo».
Cosa pensa del designato italiano agli Oscar, "A Ciambra" di Jonas Carpignano?
«Ho un affetto ideale per Jonas. Mediterranea era straordinario, non ho ancora visto A Ciambra. Mi sembra magnifico che questo regista, così fuori dal centro del cinema italiano, sia stato scelto per rappresentarlo».
E lei farà ancora un film tutto italiano?
«Per Call me by your name e Suspiria i fondi li ho trovato all' estero. I miei film non hanno molto successo da noi. Siamo partiti dai 7 milioni di Melissa P. e siamo scivolati nell' inferno dei centomila euro di Io sono l' amore e A bigger splash. Io come regista in Italia non esisto».
Sta ancora lavorando al remake di "Suspiria".
«Fui folgorato da Suspiria nel 1981, quando vidi il poster con la ballerina e il sangue. Avevo dieci anni. A 14 riuscii a vederlo, ne fui sconvolto. Solo dopo tanti anni e tanto amore per Dario ho capito il perché: è uno dei più gentili cineasti nella categoria horror».
Argento ha detto non c' è bisogno di un nuovo "Suspiria"...
«Dario aveva il grande privilegio di negarci i diritti, se riteneva che Suspiria non potesse essere reimmaginato. Non vedo l' ora di fargli vedere la mia versione.
Sarà un film molto personale e terribile, non gentile come il suo».
Quando sarà pronto?
«A febbraio. Ieri notte mi è arrivata Suspiriorum, la prima delle tre canzoni di Thom Yorke dei Radiohead, che firma la colonna sonora».
E com' è venuto il film?
armie hammer call me by your name
«L' ho fatto vedere a Quentin Tarantino, a casa sua. Io nervoso, lui entusiasta, alla fine piangeva. Perché è un film dell' orrore, ma anche un melodramma.
Lo spettatore spero osservi l' orrore senza distogliere lo sguardo, per amore dei personaggi. Ad Amazon, che produce, sono molto contenti».
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