DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Estratto dell'articolo di Corrado Zunino per www.repubblica.it
Umberto Smaila, a 74 anni ancora su e giù per l’Italia a suonare le hit del Novecento, un italodisco vivente. L’altra sera ad Abano Terme. “E meno male che c’è chi viene ad ascoltarle, sono canzoni più vecchie dei datteri. […]
Lei vanta di aver capito per primo che in discoteca, siamo alla fine degli anni 80, i clienti volevano tornare a sentire il tasto del piano toccato, la corda vibrare. Si erano già stufati di dischi e deejay.
“Non è un vanto, è la verità. Me ne sono accorto con gli amici, bastava un Battisti per portarli attorno al piano. Poi ho provato nei locali ed è stato un successo. Il titolare del ‘Sottovento’ sulla Costa Smeralda mi chiese di smettere: ‘Mi hai svuotato la pista’”.
Sono 50 anni di carriera, che festeggerà il 18 giugno al Teatro Romano di Verona, la sua città. “Smaila & friends”.
umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli
"Ci sarà Diego Abatantuono, poi Ale e Franz, Marco Masini, Fiordaliso, Valeria Marini, Edoardo Vianello, Gimmy Ghione, Nino “Gaspare” Formicola, il compagno di scuola Davide Rampello, che ha fatto carriera per conto suo, il giornalista veronese Francesco Specchia. Naturalmente, i Gatti di Vicolo Miracoli”.
[…] Come è iniziata l’avventura con i Gatti di Vicolo Miracoli?
“A scuola, eravamo compagni di liceo, il classico Scipione Maffei di Verona. Con Franco Oppini e Jerry Calà, un anno più giovane, compagni di classe. Nini Salerno, due anni in più, lo abbiamo preso successivamente: era stato bocciato due volte. […] Ci siamo trovati a istinto, simpatia. Le gag nascevano nei corridoi, poi le recite scolastiche. […]”.
Come accadde a molti in quelle stagioni, la calamita per un gruppo comico è il Teatro Derby di Milano.
umberto smaila, nini salerno, jerry cala?? e franco oppini i gatti di vicolo miracoli
“Paolo Villaggio, Enzo Jannacci. Cochi Ponzoni, Rik e Gian, Tony Santagata in versione cabarettista. Il salto dal quartiere Golosine di Verona, nel 1971, fu impressionante. Ci aiutò Cino Tortorella, il Mago Zurlì dello Zecchino d’oro. E’ stato fondamentale per due volte. La prima, arrivammo nella sua villa all’ippodromo di Milano in una notte di nebbia, un’atmosfera magica. Ascoltò alcuni pezzi, ci portò a cena, e ne avevamo bisogno, poi ci scaraventò al Derby Club. […]”.
Cino Tortorella torna mago, per voi, cinque anni dopo.
“Siamo nel 1976, e siamo tristi. Lavoriamo ancora al Derby, più sporadicamente, e ancora lontani dal successo. Chiamò di nuovo lui, ricordo ancora la telefonata: ci chiedeva di diventare i protagonisti di uno spettacolo pomeridiano in Rai che si chiamava “Gioco città”. Accettammo di corsa. Pippo Baudo ci vide e ci chiamò a ‘Non stop’, la svolta della nostra vita artistica”.
Com’era il pubblico del Derby nei Settanta?
“Molto preparato. Se funzionavi lì, sfondavi nel Paese. […] Il pubblico, sì, era esigente, ma attento e non cattivo. Ti potevi permettere canzoni serie e satira pesante. Il Derby Club funzionava dalle undici di sera alle tre del mattino e una notte Franco Califano ci presentò Francis Turatello, il boss della mala milanese. Ho ancora una foto con lui. Eravamo quattro ragazzi della provincia veronese affascinati dal mondo del Derby”.
Un passaggio al quiz "Dirodorlando” con Ettore Andenna, nel 1975, e due anni più tardi arrivò quel miracolo comico televisivo che fu “Non stop”. Il padre di tutti i “drive in” e i “comedy” contemporanei.
“[…] Non c’era conduttore, il sottotitolo, infatti, diceva “Ballata senza manovratore”. L’idea iniziale fu di Pippo Baudo, poi la mise a regime Giancarlo Magalli e venne affidata a un grande regista come Enzo Trapani. Due stagioni, a cavallo di tre anni. […] facevamo venti milioni di spettatori, d’altronde c’erano solo due canali. Non stop fu rivoluzionario per la televisione italiana”.
Erano gli anni di “Stryx”, “Odeon tutto quanto fa spettacolo”, poi “L’altra domenica” di Renzo Arbore. Di fronte a tante facce e tanto talento, c’era rivalità e invidia tra i comici?
“Per niente. C’era cameratismo, per non dire amicizia, almeno tra alcuni. S’imparava ad ogni prova. Carlo Verdone lo andai a pescare in un teatrino romano, l’Alberichino, davanti all’Altare della Patria. […]”.
I volti di “Non stop” avrebbero monopolizzato gli schermi del cinema negli Anni ’80. Anche i Gatti di Vicolo Miracoli diventarono un pezzo di quella commedia.
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“Realizzammo due film di grande successo con Carlo Vanzina, “Arrivano i gatti” e “Una vacanza bestiale”. Il risultato fu che, nel 1981, Jerry Calà, consigliato da Bud Spencer, intraprese una carriera da solista. La cosa mi fece male, ci stavano portando via il volto di riferimento del gruppo e la voce dei tormentoni entrati nelle orecchie del pubblico, ‘Capitooo?!”, “Provaaa”. Mi arrabbiai, e per diversi anni ho smesso di parlare con Jerry. Mi sentivo tradito. Poi sarebbe toccato a me tradire Franco e Nini”.
[…]
Lei si direbbe berlusconiano?
“E’ una domanda insidiosa. Sono stato un suo amico. Ancora oggi, a un anno dalla morte, vedo in vetrina libri che dipingono Silvio Berlusconi come un diavolo. Io so che ha cambiato la vita a molte persone, me compreso”.
[…] Cosa pensa della tv di oggi?
“Guardo le notizie, Sinner, i film e le serie. Nello spettacolo, purtroppo, non c’è invenzione. Sono cadute le colonne dell’intrattenimento e della rivista: Walter Chiari, Mina, il maestro Enrico Simonetti. Marcello Mastroianni che faceva cantare il cane. E non le hanno sostituite. Oggi c’è il monopolio dei reality, e questa tv mi annoia. Vedo una profusione di musica inopinata, si butta dentro l’ultimo cantante. Il regista Beppe Recchia mi diceva: ‘Umberto, veloce con la canzone che la musica sullo schermo funziona poco’. Oggi, segno dei tempi, non è più così. Il Festival di Sanremo fa 15 milioni di spettatori. Certo, nella mia valutazione, ammetto, c’è la nostalgia e l’appartenenza a quella televisione là”.
[…] Lei è di Verona, ma di origine fiumana.
“Conosco bene la vicenda dell'esodo dei fiumani. I miei genitori furono esuli in un campo profughi per alcune stagioni dopo la guerra, poi trovarono una sistemazione a Verona, un anno dopo sarei nato io. […] Né io né la mia famiglia siamo mai stati fascisti. Il cugino di mio padre era andato con i partigiani, ma non essendo croato né per la Jugoslavia, fu ucciso e gettato nelle foibe”.
silvio berlusconi umberto smaila
[…] Quelle radici l’hanno fatta sentire un anticomunista?
“Oggi non si può essere comunisti o anticomunisti, già ai tempi di Berlusconi, che usava il termine ossessivamente, il comunismo non esisteva più. Credo sia stato una religione, io sono un laico e quindi non posso essere comunista. Nel corso della propria esistenza si è portati a cambiare, vivaddio, perché il mondo intorno a te cambia”. […]
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