DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Estratto dell'articolo di Tiziano Toniutti per “la Repubblica”
Insieme sul palco, in studio e nella vita dagli anni 90, Alessandra Drusian e Fabio Ricci sono i Jalisse.
Drusian è la prima voce ma ultimamente anche autrice, Ricci sta un passo indietro, scrive, suona, armonizza. Un duo che ha sempre preferito la sostanza all’apparenza e che avrebbe potuto essere una meteora e invece ha sfidato gli ingranaggi spesso diabolici del mondo dello spettacolo e non ha mai smesso di lavorare sul suo progetto.
Siete appena usciti dal metaverso dell’Isola dei famosi.
Ricci: «Situazione non semplice, perché poi sei lontano in un Paese che non conosci in un contesto completamente nuovo. Che sarebbe stata un’esperienza si capiva già dal colloquio preliminare, con domande strane tipo “avete mai ucciso qualcuno?”».
Drusian: « E lì niente cellulare e soprattutto niente musica. Che è la cosa che mi ha più destabilizzato. Con la musica il tempo avrebbe assunto una dimensione più regolare, lì un minuto sembrava infinito».
Forse essendo musicisti siete stati capaci di andare a tempo con la natura.
Drusian: «Probabilmente sì, abbiamo rispettato un beat».
Ricci: « Io semplicemente mi sono fuso con la natura. Alessandra odia la sabbia, ha la pelle bianca, ottocentesca. Adesso è completamente un’altra, è abbronzata e serena nel rapporto con il mare. C’è stato un momento di crisi, ma lei l’ha capovolta ed è arrivata in finale».
(...)
I famosi fiumi di parole, che devono scorrere ma possono anche travolgere.
Drusian: «Sì perché lì devi creare dinamiche, serve sempre una scintilla per evitare che la situazione si appiattisca».
Questa dimensione vi ha ispirato anche un brano, “Perdono”.
Ricci: « Assolutamente sì. Il ritornello, l’idea del brano abbiamo iniziato a definirli a casa. Poi ci hanno chiamato per L’isola, quando siamo arrivati lì io ho chiesto gli autori dei fogli e una penna, ma non c’era la possibilità a meno che di non partecipare a un gioco e ci è stato proposta una sorta di scommessa. Tutti quanti avrebbero dovuto rinunciare a un giorno di cibo per farci avere il materiale. Insomma i fogli non arrivavano, la penna non arrivava, dovevano stringere la cinghia tutti gli altri per per questa cosa che era totalmente nostra, noi abbiamo detto che non ci sembrava giusto. Allora ho preso le foglie secche, il carboncino del fuoco e e ci siamo messi a scrivere le strofe di Perdono ».
FESTIVAL DI SANREMO 1997 - LA VITTORIA DEI JALISSE
Come scrivete e vivete le vostre canzoni oggi?
Ricci: «Io provengo da quella scuola di persone che mi hanno insegnato ancora a scrivere con foglio e penna. Poi si trasferisce tutto sul computer, che è divertente. Alessandra nasce interprete ma ha iniziato a scrivere anche lei delle cose. Fiumi di parole l’ha inventato lei. La mia scuola è quella dei parolieri, quella di Pino e Armando Mango».
Drusian: «C’è sempre una voglia di ricerca anche delle sonorità ma anche delle melodie e dei testi. Noi siamo siamo un po’ strani perché non abbiamo un genere musicale, veramente ne abbiamo fatte di tutti i colori, dalla musica etnica de Il cerchio magico del mondo passando per il rock e anche al metal con Non aver paura di chiamarlo amore. Ci divertiamo veramente a spaziare e quindi anche con i musicisti, che si divertono anche a suonare. Sul palco bisogna divertirsi dando sempre qualcosa di più e sempre di diverso».
Del resto in inglese “play” significa sia suonare che giocare. A voi piace mettervi in gioco.
Ricci: «Giochiamo ma siamo seri in questo gioco. Nel senso che la musica per noi è un lavoro, un lavoro serio, che ci siamo scelti da dall’inizio e che portiamo avanti in maniera rispettosa nei confronti di questo mestiere. Noi viviamo questo mestiere come fossimo degli artigiani. E il rispetto per il lavoro è totale perché poi i musicisti hanno famiglia, come i tecnici, come l’ufficio stampa».
Alessandra con la voce fa davvero quello che vuole. Anche quando interpreta Antonella Ruggiero e Annie Lennox.
Drusian: «Tale e quale è stata una bellissima scuola. Io sono molto autocritica con me stessa, però lì dovendo “essere” qualcun altro ho avuto più coraggio a tirar fuori certe vocalità in più».
Dopo la vittoria nel 1997, Sanremo vi ha respinto per ventisei volte. Forse la ventisettesima canzone sarà quella buona.
Drusian (ride): « Non so come sarà la ventisettesima, ma l’esperienza dell’Isola ce la porteremo dietro nella vita come nella musica. Sicuramente saremo noi, e sarà nostra. Non ci piacciono maschere e filtri, e nelle prossime canzoni porteremo tutta l’umanità e la sincerità di cui sentiamo ci sia davvero un gran bisogno oggi».
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