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Nino Cirillo per âIl Messaggero'
Purtroppo è un classico di quest'Italia criminale. Anche Luca Varani - avvocato pesarese di 37 anni, di buonissima famiglia, appena condannato a vent'anni per aver mandato due sicari a sfregiare la sua donna con il vetriolo - riceve in carcere lettere d'amore.
Non una, ma almeno una decina di lettere d'amore, almeno a dar credito al racconto di chi in questi mesi gliele ha discretamente consegnate. Ti amo, ti aspetto, non sei solo, o chissà cos'altro, e tutte recapitate al Castrogno di Teramo che per un beffardo gioco del destino è lo stesso carcere in cui sta scontando trent'anni di pena per averla uccisa un'altra donna - la moglie Melania Rea - il caporal maggiore dell'Esercito Salvatore Parolisi. Lo sanno tutti che anche Parolisi ha ricevuto lettere d'amore in carcere, ai tempi del processo e forse ancora oggi, le stesse lettere che stanno arrivando a Varani.
Ma c'è di più, c'è una biondina che ha messo dentro la busta tanto di foto per l'«avvocato con la Porsche», e dopo la foto si è presentata anche a Pesaro, a diverse udienze del processo, al punto da rimanere immortalata in alcune istantanee che gli investigatori hanno dovuto per forza scattare. Deve aver avuto un gran coraggio, deve aver superato perfino il timore che davanti a quel Tribunale potesse esserci anche la moglie di Varani - fidanzata ufficiale ai tempi del vetriolo per Lucia Annibali - con tanto di carrozzina e bambina appena nata. Perché anche questo è successo.
Chi lo ha visto muoversi in quell'auletta nell'ultima udienza è rimasto colpito. Parla per tutti uno dei suoi avvocati, Roberto Brunelli: «Come se si fosse reso conto all'improvviso, alla lettura della sentenza, di quello che gli stava accadendo. Come se fino all'ultimo avesse sperato in una soluzione diversa».
LO SFOGO
E infatti lo hanno sentito tutti sfogarsi ad alta voce: «No, il tentato omicidio no...». Ma l'avvocato Brunelli tranquillizza la famiglia: «à detenuto, ma non in condizioni estreme, non nelle condizioni di tante altre carceri italiane». L'obbiettivo dei parenti è di avvicinarlo il più possibile a Pesaro «perché ogni viaggio in Abruzzo, fra andata e ritorno, sono 500 chilometri». Ma la richiesta sembra prematura, è ancora fortissima l'eco del verdetto, sono ancora impresse nella coscienza di milioni di italiani le immagini di Lucia sfigurata, che ora vuole tornare a vivere.
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