“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL…
Francesco Cevasco per “La Lettura - Corriere della Sera”
Li chiamava «i miei eroi». Ma l' eroe, l' eroina, era lei, Fernanda Pivano. Lei ha capito quanto fosse importante, nella letteratura e nella società, il loro urlo trasgressivo. Senza Fernanda Pivano - la Nanda - in Italia non avremmo conosciuto la Beat Generation o l' avremmo conosciuta in ritardo, magari filtrata da una critica letteraria accademica, paludata e schizzinosa; quando sarebbe stato forse troppo tardi.
Lei ha da subito convissuto con quella banda di mostriciattoli. Li ha capiti. Ha inseguito le loro utopie. E ha fatto diventare realtà i loro testi. Li ha tradotti. Li ha «imposti» a editori tentennanti. Li ha arricchiti di prefazioni illuminanti. E poi ha fatto venire, anche fisicamente, in Italia gli autori beat.
Li ha ospitati in casa sua a Milano sopportando e ridendo dei loro scherzi a volte infantili, a volte geniali, a volte osceni. Li ha accompagnati in giro per le città in rocambolesche tournée.
Come quella volta che, a Spoleto, Allen Ginsberg scatenò un putiferio tra il pubblico. Arrivò la forza pubblica. Volevano portare Ginsberg in guardina. Intervenne la Nanda: «Non potete arrestarlo, è un poeta!», disse. «Sì con quella faccia e quella barba», risposero le guardie dell' ordine.
«Ora ve lo dimostro», sussurrò con dolcezza la Nanda. E aprì una pagina di Urlo ; e lesse quattro versi. E i gendarmi si arresero.
D' altra parte Fernanda Pivano dei suoi amati beat è sempre stata sorella tollerante ma non complice e madre saggia ma non oppressiva. Parlando di uno di loro (Jack Kerouac?) ricordava: «Mi disse: non bevi, non fumi, non ti droghi, ma perché hai voluto conoscermi?».
In America Fernanda Pivano arrivò la prima volta nel 1956, allo sbocciare dei fermenti beat. Con il tempo e con le frequentazioni dei suoi amici artisti, scoprì e fece sua una politica meno ideologica e più concreta, meno teorica e più reale di quella che aveva vissuto in Italia. Si trovò in mezzo, in America, a chi faceva un gran casino per portare in piazza e nei cervelli della gente le sue, le sue della Nanda, stesse idee. La Nanda era pacifista e i Beat erano pacifisti e contro la guerra in Vietnam.
Lei non concepiva l' odio ed era piena d' amore per tutti e i Beat predicavano amore senza confini di morale, religione, patria, partito, sesso, regole, soldi, potere.
Poi persino gli Hippie con la loro amorosa rivoluzione dei fiori l' hanno affascinata. Tanto che dopo l' appassimento del Sessantotto si domandava: «Ma che fine hanno fatto i fiori?». Su questo, sugli Hippie, non andava tanto d' accordo con l' amato Kerouac che liquidava i figli dei fiori con un secco: «Quelli sono venuti dopo di noi». A proposito di Kerouac: nel 1966 la Nanda lo portò in tv, alla Rai, per un' intervista. Lei bella, giovane, gentile, dolce. Tradiva solo un po' di tensione perché maneggiava continuamente un paio di occhiali che poi non ha mai indossato.
Lui, gesticolante come un francese del Canada da cui veniva la sua famiglia, era già consumato da quintali di droghe ed ettolitri di alcol. Maneggiava sigarette e whisky.
Ma rispose a tutte le domande. Tranne una: «Perché non sei felice?». Silenzio e un gesto: rotondo e malinconico come può essere un gesto senza voce.
Ma era felice, la Nanda? «Ho provato l' illusione di esserlo - diceva - quando mi sono immaginata che quegli ideali, proprio quelli della Beat Generation potessero appiccicarsi alla realtà del mondo. Ovvio che mi sono sbagliata. Ho capito che sono stata felice solo quando ero bambina con un papà e una mamma meravigliosi».
A volte si dice: l' educazione dei figli. Con un babbo miliardario (in lire) e una mamma bellissima e di gran classe si sarebbe potuta perdere nei labirinti in cui sono caduti tanti figli di papà (quando ancora piccola si trasferì a Torino per andare a scuola faceva la stessa strada di Giovanni Agnelli). No, neanche quei diavoli di Kerouac, Ginsberg, Corso, Ferlinghetti, Burroughs l' hanno fatta sballare.
Eppure lei voleva capire a tutti i costi che cosa significasse il loro «cercare nuovi stati di coscienza». Fino a cantare, a recitare, accanto a Ginsberg, facendo tintinnare un triangolo musicale: «Use Dope, Don' t Smoke» (non fumare, drògati); lei che non aveva mai sfiorato nemmeno un fungo messicano.
È arrivata ad amare talmente le persone del mondo che, sposando la deriva triste e delusa dei suoi «eroi beat», nei momenti di serena rassegnazione alla sconfitta della sua utopia e del suo corpo malato, diceva: «La morte è la mia amica; aspetto che venga a trovarmi; almeno mi libererà da quel po' po' di roba che c' è nel mondo: guerre, armi, fame, sfruttamento, schiavitù, consumismo, ingiustizia, odio. Basta!
Lo sai perché ho amato On The Road ? Perché là dentro c' era la verità. Anzi la Verità».
Non sarebbe giusto ricordare il contributo di Fernanda Pivano alla conoscenza dei Beat senza dar conto del suo spessore critico, anche se lei lo ha sempre negato. E invece saper decifrare, come ha fatto lei, come ha scritto lei, quel mondo dei suoi amici è stato fondamentale. Sembra scritto oggi; è l' introduzione del 1964 a Jukebox all' idrogeno di Ginsberg:
«Il piccolo borghese americano ha quell' automobile frigorifero lavatrice televisione alloggio per cui è indebitato fino al collo lavora inebetito finché va a letto estenuato, annoiato, immeschinito, smidollato, rintronato dalla martellante propaganda televisiva verso nuovi sogni rateali, nuove schiavitù, nuove miserie camuffate. Ma convinto che il suo sia il migliore dei mondi possibili». (Il prossimo 18 luglio Fernanda Pivano compirà cent' anni).
Mario Guida Fernanda Pivano Allen Ginsberg Domenico Rea PIVANOfernanda pivanopivano beatGINSBERG SBARBATO E LA NANDAPIVANO -1967PIVANO CON GINSBERGfernanda pivanoFernanda Pivano con Peter Orlovsky, Allen Ginsberg, Gregory Corso a Parigi nel 1961performance poetica, davanti al Macondo, a Milano, negli anni Settanta- in primo piano, il poeta Allen Ginsberg, dietro di lui Peter Orlowsky. a sinistra, in piedi, Fernanda Pivanopivano con kerouacpivano con lou reedPIVANO 1960fernanda pivano
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