URSULA VON DER LEYEN, CALZATO L'ELMETTO, HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL…
Arianna Finos per “la Repubblica”
Iniziò l’era Carpenter: prima un Elvis televisivo, poi 1997: Fuga da New York nel ruolo iconico di Jena Plissken, La cosa, Grosso guaio a Chinatown. Poi la carriera ha rallentato e Russell ha speso gli ultimi anni coltivando vino. L’ha richiamato in azione Quentin Tarantino, in A prova di morte e ora è in sala con The hateful eight.
A 64 anni l’attore nato a Springfield, Massachusetts, sfoggia una chioma leonina e occhiali da vista. La faccia è rasata, ma i baffoni western di John Ruth, il suo personaggio nel film, se li porta dentro. «Ruth è un bounty killer che crede nel diritto al processo, pietra miliare degli Stati Uniti: potrebbe sparare a terribili banditi alla schiena e incassare la taglia. Invece li scorta vivi alla Corte. Rischia la vita e se ne frega se sei uomo, donna, serpente».
kurt russell e sylvester stallone in tango e cash
Ruth riempie di botte la prigioniera.
«Lo hanno definito misogino. Tratta Daisy esattamente come un uomo, ma nessuno lo chiamerebbe misogino se il prigioniero fosse un omone».
Lei è tra i pochi divi a favore delle armi.
«Nel mio paese hai diritto di avere un’arma in casa e usarla per difenderti. Anche dal governo. Basti pensare alla Guerra Civile: i sudisti sono stati ben contenti di avere armi per difendersi dal governo. E anche oggi nel West tutti sono armati».
Obama cerca di limitarne la circolazione, dopo le stragi.
«È grande il mio paese, perché si può avere opinioni diverse. Ma tutti gli americani, incluso Obama, capiscono che avere armi è un diritto. Si può tentare di rendere la trafila più difficile, ma un criminale l’arma se la procura comunque ».
Cosa pensa del boicottaggio all’Academy per la carenza di candidati afroamericani?
«Sono strabiliato che nessun giornalista americano sia andato a controllare la percentuale di afroamericani nella popolazione Usa. È del 12,7 per cento, praticamente la quota di vincitori afroamericani agli Oscar, che è il 12,5 per cento. Di che parliamo? Ho riso per la reazione affannata dell’Academy: “Sì, cambiamo le regole”. Ecco, questa è Hollywood, per me».
A Hollywood lei lavora da 50 anni. È stato divo per famiglie, feticcio per Carpenter...
«Ho lavorato con tutti, debuttanti e maestri. Ogni tanto mi è capitato tra le mani un ruolo da poter rendere memorabile. Tarantino ti regala questa possibilità. È memorabile lo stuntman Mike di A prova di morte e lo è John Ruth».
Il più iconico è Jena Plissken.
«Ho iniziato a lavorare da ragazzino. Mi sono visto in serie tv che non mi piacevano. Ho deciso che avrei fatto di testa mia. Quando ho recitato il mio idolo Elvis, che avevo conosciuto da bambino sul set, ho detto a Carpenter “John, so come devo farlo, fidati di me”. Da allora siamo andati avanti così. Così abbiamo costruito Jena con le sue idiosincrasie».
Lei e Goldie Hawn siete una delle poche coppie longeve di Hollywood.
«Siamo entrambi attori, ci siamo sempre capiti. Ma non ho parole sagge o magiche per descrivere il nostro rapporto. Goldie e io siamo stati una coppia come tutte le altre: con alti e bassi. Posso dire che abbiamo avuto momenti bellissimi e che ancora ci divertiamo insieme».
Lei è molto schietto.
«Purtroppo sì. Dico sempre quel che penso e a Hollywood non è la cosa migliore da fare. Non amo compiacere. Questo gioco non l’ho mai voluto giocare e ne ho pagato il prezzo. Ma Carpenter, Zemeckis, Howard, Nichols e Tarantino mi hanno regalato grandi ruoli. Ho avuto una bella carriera e una bella vita».
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