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Jaime D’Alessandro per “la Repubblica”
Se non la conoscete voi, i vostri figli la conoscono di sicuro. Clash Royale, l'app finlandese che sta facendo impazzire bambini e adolescenti di tutto il mondo, festeggia il suo primo anno di vita. Con i suoi 100 milioni di utenti al mese, ha portato nelle tasche di Supercell (la stessa di Hay Day, Clash of Clans, Boom Beach), un miliardo di dollari stando alle stime. Ed è ancora oggi in testa alla classifica delle app più redditizie. Non male per quel che appare come un semplice gioco gratuito.
È stato fra i primi a combinare l' e-sport, le competizioni fatte attraverso i videogame online alla League of Legends, con i giochi carte digitali alla Hearthstone. Il risultato è ipnotizzante. Si affronta un' altra persona connessa via web in partite da massimo tre minuti e mezzo. Il campo è diviso in due: vanno difese le proprie tre torri, si attaccano quelle dell' avversario. Le truppe disponibili arrivano sotto forma di carte, ognuna ha abilità e punti deboli, attacchi di terra o d'aria e le si può aumentare di livello e di potenza grazie alle monete d'oro che si ottengono vincendo o comprandole.
Di carte ce ne sono oltre sessanta, ma il mazzo che si usa è da sei. «Scegliere quelle giuste e saperle assortire bene è la chiave», racconta Davide Grasselli, 22 anni, di Terni. Molti lo conoscono su YouTube con il nome di Grax: la sua cover di Tutto molto interessante di Fabio Rovazzi in versione Clash Royale l'hanno vista in 12 milioni. È uno dei pochi che insegna a giocare senza spendere un centesimo.
«Si può fare, ma non è facile. Questa è una macchina pensata per far soldi. E più vai avanti più diventa complicato. Chi è ai vertici spesso ha sborsato 12 mila euro o più». E non solo loro. Su Clash Royale una persona su due ha fatto almeno un acquisto e se la spesa media in giochi del genere è di circa 82 euro l'anno, in quelli di maggior richiamo come il titolo della Supercell è ben più alta.
Le arene sono dieci in tutto e sono progressive. Si passa a quella successiva vincendo e crescendo nel punteggio. Ma se si perde si torna indietro. Ad un tratto ci si ritrova davanti non ad avversari del proprio livello che arrivano dal basso, ma a quelli che scendono dall'alto e che hanno carte molto più potenti. E allora la frustrazione cresce, si accede al negozio, si comprano i bauli virtuali che contengono a sorpresa denari, gemme e carte più o meno rare. Altro che Candy Crush.
«Per certi versi la dinamica è simile al gioco d'azzardo. Meglio: alle slot machine. Ed è pericolosa», spiega Federico Tonioni, psichiatra dell' Università Cattolica del Sacro Cuore che al Gemelli di Roma dirige il primo ambulatorio pubblico ad occuparsi delle dipendenze da Internet.
«Guardi, i videogame in genere sono un meraviglioso terreno di incontro fra genitori e figli. Diventano sintomo di disagio quando compensano l' assenza degli adulti. Le mamme che dicono compiaciute "mio figlio non si sente e non si vede se è davanti al pc" mi fanno venire i brividi. Fortuna che bambini e adolescenti si possono rimettere in carreggiata, a differenza degli adulti. Ma certo, in questo caso aiuterebbe regolare il settore».
Sia Apple sia Google raccolgono circa il 30 per cento (più tasse) delle transazioni che avvengono nelle app. Clash Royale è indicata ai maggiori di nove anni dalla prima e di sette dalla seconda. Ma solo perché le animazioni hanno un vago grado di violenza, non perché è un macchina da soldi.
Abbiamo contattato Supercell che non ha voluto commentare. Sul suo sito esiste una sezione dedicata ai genitori, anche in italiano, dove si spiega come bloccare i pagamenti da Google Play o App Store. «C' è di molto peggio in giro». Parola di Massimo Guareschi, a capo della red-Bit di Roma, attiva da quattro anni con oltre settanta app pubblicate. «Basta prendere Game of War. I ragazzini sono comunque sotto il controllo dei genitori.
Se spendono 200 euro al mese sottraendoli qualcuno se ne accorge». Già. Ma sarebbe di gran lunga meglio non arrivare a tal punto. Sottostimare quel che ormai è raffinata ingegneria per spillar denaro è pericoloso. E la giustificazione che sia sempre colpa dei genitori, perché non sono stati abbastanza veloci nel bloccare lo smartphone, regge fino a un certo punto.
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