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Claudio Angelini per "Il Messaggero"
Riemerge dalla nebbia dei miti Cary Grant, il seduttore più elegante e raffinato che il cinema abbia mai avuto. Ad evocarlo è la biografia di una sua ex moglie, Dyan Cannon, che s'intitola «Dear Cary» e racconta cinque anni di vita tempestosi. Recentemente la Canalis ha seppellito un pallido emulo di Grant, ovvero George Clooney, definendolo una sorta di padre. La Cannon non scarica, incensa, e impiega centinaia di pagine per farci entrare, attraverso il suo rapporto, nei misteri della vera Hollywood. Nel '61 Cary convocò Dyan. Lei era a Roma, proprio mentre Fellini stava facendo casting per la «Dolce Vita», ma non resistette all'idea di fare un salto a Los Angeles per incontrare un mito.
E il mito le pagò anche il viaggio. Lei resistette, lui persistette. Dopo di che se la sposò e ebbe da lei una figlia di nome Jennifer. Dyan incensa Grant, tuttavia il suo libro è un po' al miele e un po' al vetriolo. Il suo ex sposo, passato a miglior vita nel 1986, ne esce con delle belle definizioni ma con le ossa rotte. Sì, aveva classe e intelligenza, ma anche un'anima tormentata, soffriva di crisi depressive e si rifugiava nell'LSD, sperando di trovarvi una panacea a tutti i suoi problemi, tra i quali spiccava un rapporto difficilissimo con la madre, data per morta, ma in realtà finita in una clinica per malati di mente.
La mogliettina, a furia di prendere allucinogeni per esaudirlo, entrò in una crisi senza fondo e la commedia romantica sfiorò il dramma. Cary era più anziano di Dyan di 33 anni, ma non si scompose troppo. La lasciò per la sua quinta moglie, di nome Barbara. Alla fine di una lunga tribolazione, la Cannon si riprese da una vicenda psicologica che l'aveva ridotta nelle stessi condizioni della madre di Grant e, nonostante tutto, serbò un buon ricordo dello sposo, tanto da dedicargli nobili pensieri, traditi però da frasi come questa: «Avere a che fare con lui era come leccare il miele dalla lama del rasoio».
L'autrice nega certi «rumors» sulla presunta omosessualità di Cary o meglio precisa che lui, come amante e sposo, fu inappuntabile. E si rivelò anche un padre devoto. Insomma fu sempre british, come poi doveva essere, perché non era nato in America ma in Inghilterra, e si chiamava Archibald Alexander Leach. Le sue origini erano modeste però cercò di apparire un baronetto, sia sulle scene del cinema che su quelle della vita. Un sir, appena isterico e un po' all'idrogeno.
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