DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
tette in liberta per la bonasgiancarlo dotto e giorgia surina
Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Noi non possiamo dirlo perché siamo contemporanei, ma un giorno, tra quattro e cinque secoli, quando due bipedi androidi, giocando con gli altri brachiuri nella polvere di uranio di una spiaggia dell’Honduras, troveranno dentro una pozza di vomito umano una puntata dell’ “Isola dei Famosi”, uno dei due nipotini sbotterà incredulo alla visione (gli basteranno dieci minuti): “Ma possibile, nonno, che questi umani fossero così coglioni?”.
L’altro, il più sensibile, alla vista in sequenza dei due metri di gambe in bilico tra due tacchi a spillo e un gargarozzo amplificato e monotonale, Mara & Alfonso accavallati nella stesso birignao, Zia Fiorda e Scimmiona Sventura, mostrificate dai carnefici del bisturi, e poi l’esperto di mummie, desnudos, naufraghi, zatterrati e arrapati, si aggrapperà spaventato alle chele del nonno: “Nonno, ma possono anche arrivare da noi queste creature?”.
Non sapendone un granché, Granchio Nonno, un po’ per rassicurare i nipotini ma soprattutto se stesso, si ricorderà di un polveroso oggetto dimenticato in una soffitta degli umani, “La storia della televisione” di Aldo Grasso e proverà a spiegare con parole sue povere.
“Una volta, tante volte fa, la televisione era il focolare della casa. Distante e inodore come la luna. Poi hanno dimostrato che la luna si poteva calpestare e fu così che la mitica Raffaella Carrà si ritrovò un giorno a grufolare nella stessa cuccia con Emis Killa, uno che lei prima non avrebbe degnato neanche di uno sputo. Raffaella dovette ingoiare il rospo e, a furia d’ingoiare rospi, fece brutto viso a cattivo gioco. Fu così anche per Mara e Loretta, per non parlare di Cesare Cadeo.
le protesi nel culo di graciai maschi dell isola con pantalone bianco bagnato per mostrare il pacco
Il focolare da guardare diventò una casa intera da spiare. Sconosciuti che trescavano e copulavano. La massa si spostò, come quella di Mosè, nella terra promessa, gli studi televisivi. Fu così che la casa diventò una stalla e la stalla un porcile. La televisione degli odori. Tutti avevano un odore, meno Raul Bova, che non aveva nemmeno quello. Bova con la tuta mimetica era la più improbabile parodia di Bradley Cooper, il cecchino, ma lui non sapeva di esserlo e soprattutto piaceva, mentre Raffaella immalinconiva al grido di “Muoia Raffaella con tutti i cicisbei”.
Tutto diventò una gigantesca ribollita, con la scusa di essere molto social. Gli avanzi e gli scarti, raffermi e anche un po’ deformi, di tutti i circhi televisivi, attorucoli, tronisti e cantanti mai nati e già falliti, ex dive e bellone, finivano riciclati nello stesso commestibile bordello. L’Isola dei Famosi, appunto.
In questa e altre babilonie si tuffò come una topa nella grana la Santa Barbara che, a furia di lucidare e sgranare gli occhi, dimenticò il confine tra se stessa e la finzione, ma la cosa non la disperò più di tanto. Una specie di voluttà suicida pervase la televisione al tramonto. In queste maleodoranti rovine, dove la plastica della dive in disuso bruciava nello stesso falò di palestrati pollastri, gay conclamati e rapper più vanitosi di Claudio Villa, in questo brancaleonico viaggio della disperazione scambiata per speranza, qua e là ben remunerato, alla testa ma soprattutto alla coda delle masse si affermò Maria, la Gelida Domatrice che, con la scusa della Sottrazione, accumulò una sua privatissima Isola del Tesoro, tenendo al guinzaglio migliaia di belve disposte ad ammazzare Andy Warhol per un quarto d’ora di celebrità.
alessia marcuzzialessia marcuzzi
In questa sudata caciara di massa, un’apocalisse più pornografica che demografica, dove il tanfo è quello che dice grazie ai fiori, cimiteriale, s’infiltrarono furbastri e furbastre, predoni e paraculi. Smilzi, Piacioni, Selvagge e Ciccioni. Avevano capito che in quella fine del mondo dalle mutande bacate e bucate si poteva saccheggiare a piacimento e, allo stesso tempo, ingrassare il conto in banca. Bastava spararla grossa, sempre più grossa, simulare un minimo di farabutto cinismo per prendere il centro della scena. Prima di loro, l’avevano capito i politici. E avevano tutti la faccia di Maurizio Gasparri….”.
Nonno Granchio non la finiva più, ma i due bastardelli se ne infischiavano. Ipnotizzati, se ne stavano ora a fissare il loro Pupazzone preferito, il grandioso Tony Soprano alias James Gandolfini, che se ne stava solo, seduto e non ancora deceduto a bordo letto della sua camera d’albergo, a fissare il vuoto, un gangster dalla malinconia infinita e il presagio della morte.
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