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Azzurra Della Penna per Chi
‘’La tv generalista è una radio che va in onda su un apparecchio del secolo scorso». All’ultimo piano del palazzo del centro di Roma che ospita la sua redazione, Roberto D’Agostino continua a guardare il computer mentre parla, risponde al telefono, si fa un caffè, lo offre. Urla qualcosa ai suoi ragazzi. Torna al computer e continua a raccontare. Prima di tutto della “romanità”: «Ennio Flaiano dice che nessuno come il romano sa distinguere la Storia con la S maiuscola dalla cronaca». (Flaiano e i flussi d’informazione? Allora il romano è il più internettiano? «No, è solo il più disincantato») .
Si scherza, si va oltre, ma non troppo. Si dovrebbe parlare con lui della sua trasmissione Dago in the Sky, se ne parlerà, ma prima si parla di tanto altro. «La controprova del fatto che la tv generalista è roba del Novecento (e non è un mio pensiero arrogante) è che chiunque, con il suo Smartphone, può seguire una puntata di Gomorra, di Narcos o di Downton Abbey, mentre va con la metropolitana da un punto all’altro».
Domanda. D’accordo, cambia la visione. Dunque?
Risposta. «Cambia tutto. Se la visione non è più la sera accasciati sul divano, significa che la tv si è svincolata dal suo mezzo (anche se qualcuno non se n’è ancora accorto). Infatti, quello che vediamo sulla tv generalista appartiene all’epoca del gettone telefonico, ai tempi in cui uno la sera si metteva a seguire la “messa cantata” del varietà. Ora, visti i risultati, c’è un Paese che segue questo tran tran, questi programmi-sonnifero che ti accompagnano a letto. Questa tv, quella dei Fabio Fazio, dei Carlo Conti o di Gerry Scotti, non scomparirà domani mattina. È una televisione che le nuove generazioni neanche conoscono.
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D. Ci sono gli altri, però.
R. «Che prendono un giornale, vanno su Facebook, telefonano, vedono chi ha scritto cosa su Twitter, postano su Instagram: c’è un pubblico abituato ad avere un computer in mano (che è il telefonino)».
D. Non sta esagerando?
R. «Forse, invece, minimizzo: la verità è che la nonna è diventata, con la connessione web, una professionista. L’ultrasettantenne, beh, lei ne sa molto di più di Aldo Grasso. Lei “smanetta”, ha in mano un mondo e ha l’entusiasmo di una mente-tabula rasa».
D. Chi ce la fa?
R. «Fiorello ce la fa benissimo a fare tutto. Ha talento anche nel pettinarsi, nel mettere in mezzo situazioni e giornali mentre intanto balla e canta; lui riesce a cogliere l’attenzione di tutti. Non ce ne sono tanti così. C’è stato il primo Roberto Benigni, restavi affascinato da lui che, da solo, parlava davanti alla telecamera…».
D. E il resto del tempo? Dei minuti da riempire della televisione generalista?
R. «Non puoi riempire lo spazio, seppure televisivo, con il vuoto pneumatico. Quella sorta di tv che è diventata un flusso continuo senza un picco, che accompagna le casalinghe mentre fanno il cambio degli armadi, è rumore di fondo».
D. E lei che sbarca su Sky Arte, in questo dibattito da che parte si mette?
R. «Io voglio fare un lavoro diverso dagli altri, non voglio assomigliare a Fazio, ad Arbore, a Fiorello. Nel bene o nel male, nessuno, finora, ha messo in atto una tv al passo con Internet. In Dago in the Sky tutto il materiale è preso da Internet, anche perché non c’è più bisogno di fare nulla».
D. I temi, la creatività, la moda, l’arte, lo stato dell’arte…
R. «Mettiamola così: quando ho ricevuto l’offerta, ho rifiutato. Ma mi davano carta bianca... Mi sono messo a pensare a come si catturano gli occhi delle persone multitasking, di quella gente con lo sguardo da... cecchino. Devo trasportare in tv quello che trovo sul mio telefonino, mi sono detto, devo piazzare tutte le app. Nel mio programma ci sono tutte queste finestre che si aprono intorno a uno che sta illustrando un tema. Sono partito da questo concetto di Thomas Stearns Eliot: “L’intelligenza è saper connettere”. Allora parlare di arte o di patate è la stessa cosa, conta connettere, connettere il tema con le immagini e, soprattutto, con una narrazione. E ho cominciato a creare questa gabbia, con molto Mondrian (ride, ndr), molti quadrati. Anche quando c’è una sola immagine, si scompone e all’interno ci sono foto, video, grafiche: l’insieme deve dare una scossa».
FIORELLOdago quelli della notte
D. La prima puntata la conclude, però, con una frase di Steve Jobs…
R. «Jobs dice: “Baratterei tutta la mia tecnologia per una serata con Socrate”. Beh, tutto quello che riguarda la nostra vita, riguarda la nostra anima. E tu puoi avere tutti gli Smartphone che vuoi, tutti i farmaci che ti pare, ma quando hai un dolore nell’animo non c’è medicina che lo curi. Ci sono cose che riguardano la nostra vita interiore che non si risolvono con la tecnologia. No, non c’è nessuna app che possa dare sollievo. E né il botox, né la connessione 4G ci salveranno».
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