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Roger Lewis per “Daily Mail“
I russi sono bravi a fare la guerra, amano manovre e litigi, e le parate militari sono rito nazionale, come racconta Simon Sebag Montefiore nel libro “The Romanovs: 1613-1918”.
Nicola I dedicò il suo tempo a creare uniformi e, quando fece visita alla Regina Vittoria nel
1844, rifiutò il conforto di un letto morbido e democratico per dormire su una branda d’acciaio che si era portato dietro.
A nessun Romanov interessarono assurdità progressiste come elezioni, parlamenti e democrazie. Gli zar erano violenti e bellicosi, sempre pronti a scontrarsi, soprattutto con i paesi confinanti. Nel 1904 una flotta russa invase per sbaglio lo Yorkshire: il Mare del Nord la investì di nebbia e pensava di trovarsi in Giappone.
Pietro il Grande credeva che l’obbedienza si ottenesse con il terrore e il libro infatti è un susseguirsi di avvelenamenti e torture. I Romanov indossavano pellicce e cappelli di diamanti e sedevano al Cremlino, mentre dai bastioni e per le strade penzolavano morti. Le 14 stanze di tortura funzionavano giorno e notte. Criminali e traditori erano decapitati o arsi vivi.
Nella Piazza Rossa i prigionieri venivano smembrati e squartati, le interiora date in pasto ai cani. Qualche testa era conservata ed esposta nella Stanza delle Curiosità.
Dodici zar furono uccisi. Per 304 anni i Romanov furono megalomani, mostri e santi, eredi del selvaggio Ivan il Terribile. Confiscarono proprietà, bruciarono palazzi, uccisero e depredarono senza mai fidarsi dei consiglieri.
lo zar alexei maniaco religioso
A corte si tenevano banchetti di 70 portate, la vodka scorreva a fiumi e l’intrattenimento più gradito era lo sballottamento del nano. I nani portavano fortuna e a volte sbucavano nudi dalle torte. Tuttavia lo zar Alexei, al trono nel 1645, era un maniaco della religione, si alzava alle 4 del mattino per pregare sei ore consecutive. Chi saltava la messa veniva gettato nel fiume gelato. Nessuno poteva guardarlo negli occhi, perché era figura sacra e degna di prostrazione. I nani mandati in pensione da lui, furono ripresi a corte da Pietro il Grande, che ci tenne a seguire la fustigazione di suo figlio, finché non morì dissanguato. Lo zar però pianse al funerale.
Pietro il Grande fece costruire San Pietroburgo da architetti italiani, tedeschi e scozzesi, sfruttando il lavoro degli schiavi. Caterina La Grande invece fece costruire L’Hermitage. Le zarine non erano più tenere degli zar. Elizaveta vietò alle donne di indossare il rosa: a chi non seguiva la regola veniva tagliata la lingua. Fino al 18° secolo le donne reali erano trattate come in un harem islamico: giravano con il velo, non usavano il trucco né gli specchi.
Con Caterina si passò dall’invisibilità all’ostentazione. Viaggiava da San Pietroburgo a Mosca con sette barche in oro, ognuna con orchestra, biblioteca e una tavolo da pranzo per 70 ospiti. Tanta opulenza, a fronte di una popolazione in miseria, portò alla ribellione e così, tra il 1905 e il 1910, 16.000 tra ufficiali e burocrati dei Romanov vennero assassinati. Iniziava la Rivoluzione Bolscevica.
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