DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Lisa Di Giuseppe per editorialedomani.it - Estratti
giorgia meloni antonio tajani matteo salvini
Dopo le vicende travagliate degli ultimi mesi, la maggioranza sembrerebbe aver trovato la quadra sulla definizione della nuova governance di viale Mazzini. Ma mentre inizialmente sembrava non si riuscisse a trovare un accordo sull’elezione di Simona Agnes, ora un‘apertura sulla riforma della legge della governance potrebbe cambiare le cose, soprattutto agli occhi del Movimento 5 stelle.
La road map è tracciata dalla nota diffusa in tarda mattinata dalla maggioranza: dopo che il 26 saranno votati in parlamento e consiglio dei ministri i sei consiglieri di nomina politica, partirà anche l’impostazione della riforma della governance. Punto interrogativo, per il momento, sulla figura della o del nuovo presidente.
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GIUSEPPE CONTE BARBARA FLORIDIA
Cambia però lo scenario per il voto in commissione Vigilanza, dove la presidenza andrebbe confermata dai due terzi dei commissari. In attesa di tempi migliori, in un primo momento si pensava di rivolgersi al membro del Cda più avanti negli anni. Tra i più quotati, nel totoconsiglieri, Antonio Marano e Antonio Di Bella.
A giudicare dalla velocità con cui però è intervenuta la presidente della commissione Barbara Floridia, i Cinque stelle effettivamente hanno apprezzato l’apertura. «Finalmente i leader di centrodestra si dicono pronti al dibattito sulla riforma del servizio pubblico nel solco del Media Freedom Act europeo» scrive Floridia in una nota. «Abbiamo tutti il dovere di dare il Paese una legge in linea con i principi del Media Freedom Act europeo e capace di slegare definitivamente la Rai dal rapporto asfissiante con il governo di turno».
Insomma, per i Cinque stelle c’è ormai uno scalpo da vantare. Resta da vedere quale sia ora la contromossa degli altri partiti d’opposizione.
Da tempo, gli occhi della maggioranza sono rivolti alle mosse del m5s, il cui leader due settimane fa aveva segnalato un’apertura, poi ritirato con la conferma della linea comune delle opposizioni: prima la riforma, poi le nomine.
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