lucio dalla marcello balestra

“LUCIO AMAVA TRAVESTIRSI DA FANTASMA E GIRARE PER GLI ALBERGHI DI NOTTE” – MARCO BALESTRA, COLLABORATORE DI LUCIO DALLA, RACCONTA IL CANTAUTORE BOLOGNESE: “ODIAVA STARE FERMO, ERA UN CONTINUO INVENTARE SCHERZI. UNA VOLTA VOLEVA GODERSI IN PACE IL DERBY CESENA-BOLOGNA ALLO STADIO. ALLORA SI FECE PRESTARE UN PARRUCCHINO BIONDO” – “QUANDO NON AVEVA VOGLIA DI PRESENZIARE A RIUNIONI IMPEGNATIVE MANDAVA IL SUO SOSIA, VITO D’ERI” – “FUI IO A PRESENTARGLI MARCO ALEMANNO. ERA IL SUO COMPAGNO? UNA COSA PIÙ SOTTILE…”

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Estratto dell’articolo di Roberta Scorranese per www.corriere.it

 

lucio dalla marcello balestra

Balestra, qual è il suo ricordo più buffo di Lucio Dalla?

«Quando faceva il fantasma».

 

Oddio, che cosa faceva?

«Capitava che di notte, negli alberghi, si travestisse da fantasma. Una volta per poco non mi prendeva un colpo. Ma poi realizzavo: non era che uno dei mille travestimenti di un uomo geniale e pieno d’amore. Poche persone mi hanno fatto ridere come lui».

 

marcello balestra

Marcello Balestra oggi ha 58 anni, trenta dei quali li ha trascorsi nella «grande famiglia» di Lucio Dalla. Come road manager, responsabile artistico ed editoriale delle produzioni discografiche della Pressing (milioni di dischi venduti tra il 1990 e il 2001). «Ma soprattutto suo amico. Lucio per me è stato un secondo padre», aggiunge Balestra che ha raccontato questo profondo legame in un libro appena uscito per Mondadori Electa, dal titolo Lucio c’è.

 

Vi dividevano 23 anni.

«Infatti quando ci siamo conosciuti lui era già un artista di successo, io lavoravo in un albergo delle Isole Tremiti, dove lui aveva la sua barca. Ero un ragazzo, ma lui capì che a me piaceva la musica. Tornato a Bologna mi telefonò. Mi pareva un sogno».

 

Tre decenni in quella grande famiglia di amici, produttori, editori, artisti.

«Era sfiancante: Lucio odiava stare fermo, era un continuo inventare cose, scherzi, parole. Una volta voleva godersi in pace il derby Cesena-Bologna allo stadio. Allora chiamò il suo amico Cesare Ragazzi e si fece prestare un parrucchino biondo. Il punto è che qualche volta con quel parrucchino si tuffava in mare. Si rideva tanto».

lucio dalla nella sua casa alle isole tremiti 2

 

Che peso attribuiva Dalla agli amici?

«Questo è un punto importante. L’idea di “famiglia” che Lucio coltivava non era quella tradizionale, tanto è vero che quando mi sposai lui venne al matrimonio e, mentre aspettavamo la sposa, scherzò: “Se Anna tarda ancora un poco sali con me e ce ne torniamo alle Tremiti”. Pensi che fui io a presentargli Marco Alemanno».

 

Quello che secondo molti è stato il suo compagno.

«È una cosa più sottile. Fatta di affetto, amore, complicità. Lucio amava giocare e si circondava con chi sapeva stare al gioco. Che voleva dire soprattutto condividere la sua inesauribile voglia di vita».

lucio dalla marco alemanno

 

Ma ha avuto anche donne.

«Certo, per esempio un’artista, Marianne Campbell. Con Angela Baraldi c’è stato un lungo legame, che, però, non incasellerei nelle definizioni ufficiali. Lucio era speciale: amava tante persone dello stesso amore purissimo, molto “bambino”. E si divertiva a modo suo. Una volta volle farmi provare un brivido: a duecento all’ora sulla Porsche, frenando all’ultimo momento e con lo sportello aperto. Credetti di morire».

vito d'eri lucio dalla

 

[…] Che rapporto aveva con il successo?

«Basta un aneddoto: quando non aveva voglia di presenziare riunioni impegnative mandava il suo sosia, Vito D’Eri. La cosa più divertente avvenne con una delegazione di cinesi, guidata dai responsabili della Siae. Vennero a Bologna appositamente per conoscerlo, ma Lucio mandò Vito al suo posto. Semplicemente non aveva voglia di parlare di sé. L’interprete traduceva in cinese e Vito annuiva, con aria grave».

 

E che rapporto aveva con il denaro?

«È risaputo che Lucio ha regalato soldi ai poveri per tutta la vita, ma quello che pochi sanno è che lui teneva una sorta di registro di “stipendiati”, cioè amici o conoscenti momentaneamente in difficoltà che ha aiutato anche per lunghissimi periodi. Senza contare il sostegno professionale agli emergenti. Da Carboni a Bersani, per dire».

 

LUCIO DALLA 1

[…] Dopo la sua morte, il 1° marzo del 2012, la sua eredità è diventata un caso, anche perché non c’è stato alcun testamento.

«Io posso dirle solo una cosa: tante volte ha detto, non solo a me, che una volta morto avrebbe lasciato tutto al suo cane, o ai frati domenicani, o a chi come padre Olinto Marella assisteva i poveri».

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