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Da "Libero quotidiano"
Prima vittima collaterale italiana della crisi ucraina: voci da San Pietroburgo raccolte dall'agenzia AGI dicono che dietro l'esonero di Luciano Spalletti dalla guida dello Zenit, la squadra di San Pietroburgo (fra l'altro città natale di Vladimir Putin), non sarebbe stato deciso solo per gli ultimi risultati negativi della squadra. Il tecnico toscano sarebbe stato punito per alcune frasi percepite come critiche della politica russa in Ucraina se non direttamente dal Cremlino almeno da qualche dirigente locale fin troppo zelante.
Il 55enne ex allenatore di Empoli, Palermo, Udinese e Roma, era arrivato nella città sul Baltico nel dicembre 2009 e aveva condotto lo Zenit alla conquista di due titoli nazionali, una Coppa e una Supercoppa di Russia, portandolo per la prima volta sino agli ottavi di Champions League.
Spalletti, che come è già stato comunicato lunedì sarà sostituito dal suo vice, l'ex giocatore Sergey Semak, paga il pari interno di domenica contro il Tomske la perdita del primato in classifica, andato, con soli due punti di vantaggio, alla Lokomotiv Mosca. Tutto a pochi giorni dalla virtuale uscita di scena dalla Champions dopoil 2-4 rimediato nell'andata dell'ottavo di finale contro il BorussiaDortmund.
Una serie negativa che si somma ai rapporti con la dirigenza russa che non sono mai stati ideali. Ma secondo indiscrezioni a segnare il suo destino sono state le parole pronunciate di recente a Coverciano nella cerimonia della Panchina d'Oro. Parlando dell'intervento russo in Crimea, il tecnico toscano aveva detto: «Sono cose che non vanno assolutamente bene, armarsi e uccidere la gente al giorno d'oggi non è più possibile ». Frasi quasi banali per noi ma non in Russia.
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