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LE MANI IN PASTA - MENTRE SEMPRE PIÙ PRODUTTORI DI PASTA SI STANNO ORGANIZZANDO PER UTILIZZARE GRANO AL 100% ITALIANO, IL GRUPPO ABRUZZESE DE CECCO VA CONTROCORRENTE E DIFENDE IL GRANO AMERICANO: "LO SCEGLIAMO PER LE PROTEINE" - L'AZIENDA ERA FINITA NEL MIRINO DELL'AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA PERCHE' AVEVA RAPPRESENTATO "IN MANIERA INGANNEVOLE LE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO" ENFATIZZANDO L'ITALIANITA'... - VIDEO
Carlotta Scozzari per it.businessinsider.com
Mentre sempre più produttori di pasta si stanno organizzando per utilizzare grano al 100% italiano, De Cecco va controcorrente. Va infatti in onda in televisione l’ultimo spot del gruppo di Fara San Martino (Ch) in cui si spiega che “la De Cecco ha in Italia una filiera di grano duro di alta qualità. Su oltre 20.000 ettari, 10 regioni producono 80.000 tonnellate di grano. Il grano duro italiano miscelato con grani californiani e dell’Arizona di alta qualità viene trasformato in semola a grana grossa. Selezioniamo il grano italiano per il sapore, i grani californiani e dell’Arizona per la quantità e la qualità delle proteine che rendono la pasta al dente, tenace ed elastica”.
Nei mesi scorsi, proprio De Cecco (insieme con Auchan, Divella, Cocco e Lidl Italia, la quale era stata addirittura sanzionata) era finita nel mirino dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) con l’accusa di vendere le proprie linee di pasta di semola di grano duro rappresentando “in maniera ingannevole le caratteristiche del prodotto”, enfatizzando l’italianità e in assenza di adeguate e contestuali indicazioni sull’origine anche estera del grano duro impiegato.
Per tutta risposta, De Cecco, insieme con Auchan, Divella e Cocco, aveva preso degli impegni davanti all’Antitrust a correggere i propri comportamenti e a essere quindi più trasparente sulla provenienza del grano, anche perché dal febbraio 2018 l’etichettatura di origine impone di indicare l’origine della materia prima, oltre che dove avviene la lavorazione.
E l’attuale campagna pubblicitaria di De Cecco va dunque nella direzione di mettere chiaramente le carte in tavola sul grano: arriva anche dall’estero, e in particolare da California e Arizona – è la posizione della società – perché la qualità delle proteine rende la pasta migliore.
Non devono pensarla allo stesso modo i numerosi pastifici, come Barilla e Rummo, che invece proprio nei mesi scorsi hanno deciso di riconvertire le linee di produzione con grano al 100% italiano, mentre in precedenza per una parte della materia prima si rifornivano dall’estero.
Nella stessa indagine terminata con la sanzione a Lidl, l’Antitrust aveva sottolineato come la produzione italiana di grano duro fosse “insufficiente per soddisfare la domanda per la produzione di pasta”. Tuttavia, interpellato di recente da Business Insider, Emanuele Occhi, responsabile nazionale di Coldiretti, aveva spiegato che in Italia c’è spazio “per coprire eventuali ulteriori richieste di conversione della filiera e della produzione da parte del mondo industriale. È chiaro – aveva aggiunto Occhi – che, quando si decide di attuare una simile trasformazione, il lavoro e le semine vanno organizzati sul territorio; è un processo che richiede tempo e non può essere avviato così, dall’oggi al domani”.
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