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“MI DICONO VAI A FARE LA NONNA” - MIMOSA MARTINI, IN ROTTA CON MEDIASET, DOPO CHE L’AZIENDA HA DECISO IL SUO TRASFERIMENTO A COLOGNO MONZESE, CERCA LAVORO SU TWITTER MA VIENE SOMMERSA DI CRITICHE: “FATTI DA PARTE, NON INGOLFARE IL MERCATO”. E LEI RIBATTE: "NOI PROFESSIONISTE TRATTATE COME RAGAZZINE. A TUTTI QUELLI CHE MI DICONO DI FARMI DA PARTE, AVRESTE DETTO LO STESSO A UN UOMO DI 59 ANNI? MASSIMO GIANNINI, MAURIZIO MOLINARI O ANCHE UN CRUCIANI SONO MIEI COETANEI, PER DIRE..."
Ricominciare a 59 anni in piena pandemia. Non e'
facile ma #cercolavoro, con coraggio .e flessibilità Qualcuno può avere bisogno delle mie competenze? mi date una mano? #giornalista #lavoro pic.twitter.com/ZdrtwdRP3q
— Mimosa Martini (@mimosaosa) October 26, 2020
Giovanna Casadio per www.repubblica.it
I fatti parlano da soli. Una giornalista, Mimosa Martini, da trent'anni inviata di politica internazionale soprattutto per Mediaset, con un trasferimento deciso dal gruppo a Cologno Monzese, pubblica sui social il suo curriculum. Scrive: "#cerco lavoro", e a seguire le competenze acquisite in tanti anni di mestiere. Massima trasparenza. Una domanda altrettanto semplice: "Qualcuno può avere bisogno delle mie competenze? Mi date una mano?".
E le risposte non si fanno attendere. Sono del tipo: "Vai a fare la nonna", "Non ingolfare il mercato del lavoro". "Fatti da parte". Già, Mimosa ha un doppio svantaggio: è donna ed ha 59 anni. Lo premette lei stessa nel curriculum sul suo profilo Twitter, dove è scritto "giornalista italiana prigioniera delle sabbie mobili". Non si perde in piagnistei, figuriamoci, in un momento come questo con le piazze che scoppiano per la rabbia di chi ha perso lavoro e di chi soffia sul fuoco apposta. "Ricominciare a 59 anni in piena pandemia, non è facile...". Ma elenca profilo professionale, i libri scritti e pubblicati, le lingue che conosce, le esperienze fatte in giro per il mondo, le capacità dall'editing alle tecnologie, la carriera giornalistica. Possono servire? Magari, potrebbero.
I fatti parlano da soli. Una giornalista, Mimosa Martini, da trent'anni inviata di politica internazionale soprattutto per Mediaset, con un trasferimento deciso dal gruppo a Cologno Monzese, pubblica sui social il suo curriculum. Scrive: "#cerco lavoro", e a seguire le competenze acquisite in tanti anni di mestiere. Massima trasparenza. Una domanda altrettanto semplice: "Qualcuno può avere bisogno delle mie competenze? Mi date una mano?".
E le risposte non si fanno attendere. Sono del tipo: "Vai a fare la nonna", "Non ingolfare il mercato del lavoro". "Fatti da parte". Già, Mimosa ha un doppio svantaggio: è donna ed ha 59 anni. Lo premette lei stessa nel curriculum sul suo profilo Twitter, dove è scritto "giornalista italiana prigioniera delle sabbie mobili".
Non si perde in piagnistei, figuriamoci, in un momento come questo con le piazze che scoppiano per la rabbia di chi ha perso lavoro e di chi soffia sul fuoco apposta. "Ricominciare a 59 anni in piena pandemia, non è facile...". Ma elenca profilo professionale, i libri scritti e pubblicati, le lingue che conosce, le esperienze fatte in giro per il mondo, le capacità dall'editing alle tecnologie, la carriera giornalistica. Possono servire? Magari, potrebbero.
Invece si ritrova i "vaffa" che accompagnano le donne quando resistono fino all'ostinazione, quando non si rassegnano a farsi mancare di rispetto e a mancare di rispetto alla propria intelligenza. Lei reagisce "on twitter": "A tutti quelli che mi dicono di fare la nonna, farmi da parte, che ingolfo il mercato del lavoro (quale mercato, poi) avreste detto lo stesso a un uomo di 59 anni?".
Fa esempi. "Massimo Giannini, Maurizio Molinari o anche un Cruciani sono miei coetanei, per dire...". Qualcuno li inviterebbe a fare il nonno, il padre, insomma a starsene a casa? Chi metterebbe in dubbio il loro valore e il loro diritto a dare un contributo di idee, di attività, di creatività, di impegno civile? Invece disparità e pregiudizio risorgono, o meglio non sono mai tramontati.
Così difficili a morire che consentono, ad esempio, a un collega giornalista in tv di chiamare una collega per nome di battesimo non per familiarità (che non c'è) ma per sminuirne il discorso. Martini ricorda il botta e risposta televisivo tra Alessandro Sallusti e Concita De Gregorio, da cui sono nate polemiche e critiche. "Ma noi donne e professioniste veniamo trattate come delle ragazzine. Ti chiamo per nome, non sei il direttore, la professionista, sei una donna...", commenta allargando la riflessione.
E quindi, "anche a questo occorre ribellarsi, ma non fare passare tante cose significa pagarla duramente". Nessuna solidarietà? "Incoraggiamenti tanti ora anche sui social, solidarietà nell'ambiente Mediaset no".
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