DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
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Barbara Costa per Dagospia
Che ogni pornostar si doti di un avvocato! Che si porni secondo la legge, altrimenti, tutti in galera! Guai ai porno-trasgressori! Sì, va bene, il porno sarebbe anche d’accordo, ma… quale legge? Se pensate che il mondo del porno accetti passivo la guerra che gli stanno facendo, e che chini la testa senza combattere chi lo vuole censurare, blindare, dettargli regole senza capo né coda, lasciate stare. Il porno non ci sta.
No, non ci sta: sul presente e futuro di Pornhub e soci, e del porno in rete, e dei social tipo OnlyFans che non sono semplici social ma "luoghi" di lavoro a tutti gli effetti, il porno vuole dire la sua, vuole guidare un riforma necessaria, ma una riforma che non deve portare a censure, né togliere nulla alla libertà e all’autonomia conquistate.
E allora: si vuole combattere la pornografia minorile, il traffico di minori, il revenge porn, il materiale hot che gira in rete rubato? Ottimo, sacrosanto, ma lo si faccia legiferando leggi applicabili in concreto. I fatti: il mondo del porno è in subbuglio dopo l’articolo del New York Times, a firma dell’editorialista-star Nick Kristof, che denuncia come Pornhub sia stato finora scarso nel controllo dei video che chiunque su Pornhub può postare.
È vero, non tutti quei video ritraggono persone consenzienti: lì c’è una (piccola?) parte di video amatorial che amatorial non è, nel senso che ritrae atti sessuali non consensuali, e alcuni con dei minori. Pornhub non li ha controllati e, dopo il boicottaggio subito da due carte di credito, è intento a far pulizia interna totale. Pornhub si muove, e gli altri siti? E tutto lo schifo che gira nel Deep Web?
Non è che è stato colpito Pornhub per intimidire gli altri, infine tutti? C’è chi negli USA mette in dubbio l’imparzialità di Kristof, dicendo che il suo articolo è oltremodo basato su fonti ricollegabili ad attivisti anti-pornografia legati a lobby potenti che premono sul Congresso affinché si uccida il porno a suon di leggi.
Lo sostiene su New Republic Melissa G. Grant: questa nota giornalista dice senza mezzi termini che l’articolo di Kristof - e il pietismo con cui è scritto - è servito da stura per alcuni senatori americani i quali presentano disegni di legge anti-porno mica per ripulire il web, ma per bearsi di followers e fama mediatica.
Ci sono disegni di legge come il SISEA, scaduto con la presidenza Trump, e pronto a essere ripresentato sotto quella Biden. Il SISEA vuole chiudere ogni sito che “ospita sesso”. Alana Evans, combattiva capa del sindacato del porno, chiama alle armi. Lei lo dice chiaro: Biden è come Trump contro il porno in rete, anche Biden vuole togliere il Primo Emendamento di Internet, cioè la Section 230, cioè la legge del 1996 che esenta i proprietari di siti dalla responsabilità di ciò che ogni utente sui siti posta.
Si vuole dare responsabilità editoriale ai padroni dei siti, quindi pure a Zuckerberg e co.? Se sì, quanta e quale? La politica USA vuole imporre regole al web, e queste regole, dove valgono, solo sul suolo americano? Pornhub è canadese: che si fa, lo si caccia dagli USA!?
E, più importante: per quel che riguarda il porno - e non solo il porno - si vorrebbe per legge che ogni utente, su un social (tipo OnlyFans), per ogni azione che voglia lì compiere, minimamente lasciva… d’ora in poi debba ottenere da chiunque voglia vederla, i dati anagrafici e un consenso scritto, e da rinnovare per ogni accesso.
Questi dati poi che fine fanno? Vanno in un database (pubblico?) gestito da chi? Ma non basta: al porno - e affini - si vorrebbe imporre consenso retroattivo! Cioè: non solo per ciò che attori, cammer, stripper o chiunque amatorialmente d’ora in poi voglia fare (e a ogni cristo che tali performance da pc/tablet/smartphone voglia vederne) ma serve pure il consenso di chi il porno non lo fa più, o lo ha fatto una volta, una scena, finanche amatorial. Come se fosse possibile rintracciare tutti! E da tutti si vorrebbe "testimonianza" che ogni volta, mentre si compiva l’atto sessuale “si stava bene, a proprio agio, non pressati” (?!). Se questo consenso non si ottiene, il video girato non si può più usare. È bandito dal web. È illegale.
Si vuole ripulire la rete da tanta inqualificabile monnezza che gira: OK, ma come si fa ad assicurarsi - in modo chiaro, fattibile - che dall’altra parte ogni volta non ci sia un minore, uno/a non in sé totalmente, uno/a che ogni volta sia consapevole di quel che vuole fare e/o vedere? Come si fa, quando è uno scherzo mutare la propria identità online? Come dobbiamo agire, nel rispetto di tutti, e di queste leggi che, seppur in fieri, sembrano seguire una moralizzazione della società virtuale?
Mettiamo bende e bavaglio a tutto il mondo? Instauriamo una differenza tra siti gestiti dallo Stato e siti gestiti da privati? Con quelli statali a regole e tasse certe, mentre i privati continuano a fare come gli pare? Dacché, si valuti questo: i siti, non tutti ma parecchi, per ciò che mettono a disposizione, possono essere considerati servizio pubblico? Se sì, quali regole devono seguire? E chi gliele dà? Chi le decide?
Si vuole monitorare il porno online, “abolendo immagini e azioni di sesso esplicito”. Ditemi: cosa è esplicito? Chi lo stabilisce, il ministero della decenza!? È esplicito un pene dentro una vagina? Un pene sì, e due no? E due dentro un c*lo? Seni e capezzoli sono esentati? Due donne e più, insieme, possono esibirsi? Si possono masturbare? Con dita, dildo, o cosa? E lo sperma? Che ne si fa? Si censura? E la saliva? Leccata sì e sputata no?
Decidere non è facile. Permettiamo tutto, tranne lo scat? E pissing e squirting? Si possono fare finti? È un bel casino. Ora che ci penso, sperma, secrezioni, piscio, sono materia d’arte per qualcuno… e la m*rda di Manzoni!? E poi: una nuova legislazione non deve minare il lavoro autonomo di chi si mette su OnlyFans e simili: in piena pandemia, OnlyFans ha fatto il boom, e non si contano gli accessi di chi, rimasto senza lavoro, trova in OnlyFans fondamentale fonte di reddito. Che deve fare una persona che vuole ad esempio spogliarsi e dai suoi webshow guadagnarci?
Dotarsi di avvocati e scartoffie, e passare al setaccio ogni utente, e ogni volta, ad ogni accesso? E qual è l’età "giusta" della maturità sessuale? 18 anni? E chi lavora col sesso in rete, è un lavoratore autonomo, sì o no? Quando per legge si renderà chiaro? (faccio notare che singole persone che sul web fanno porno e/o sexy show home-made, si registrano e fatturano come impresa).
E gli abbonati a un social di porn-web-star, cosa sono, "clienti"? Per loro, la privacy vale? Il porno vuole cambiare, nel rispetto delle regole, ma vuole questo cambiamento capire, per assumersene decisioni e responsabilità. Come da sempre fa. Politici di ogni partito e Paese, attenzione: il porno professionale, le sue scartoffie, il suo consenso scritto, approvato e firmato, ce l’ha già!
Da anni! Inoltre, sui set, davanti a una telecamera, prima di ogni scena, ha il viso di ogni attore, con accanto un documento di identità ben visibile, immortalati a prova di chi quella persona è (come d’ora in poi farà Pornhub, attraverso un sistema di verifica d’identità digitale). Segue breve intervista filmata pre scena, che ci attesta la "consapevolezza" di ciò che si sta per fare. Finito di pornare, ci sono i video post scena e i selfie post scena, che provano e assicurano che tutti stanno bene, e non si è "fatto male", e del male, a nessuno.
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