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MUGHINI: "NICO NALDINI È STATO UN ESEGETA ACCURATO DI PASOLINI. NON HA MAI AVUTO DUBBI CHE AD UCCIDERLO SIA STATO PINO PELOSI. ALTRO CHE LA CELEBRE SENTENZA EMESSA DA MORAVIA, E CIOÈ CHE PASOLINI ERA STATO “ASSASSINATO DALLA BORGHESIA. ECCO PERCHÉ L’HO PRESA SUBITO LA NUOVA EDIZIONE DELLA BIOGRAFIA CHE NALDINI AVEVA CONSACRATO A PASOLINI ALCUNI ANNI FA… - IL CASO DI QUEL RAGAZZO CHE ACCUSÒ PASOLINI DI ESSERGLI ANDATO CONTRO ARMATO DI PISTOLA E DI AVERLO DERUBATO. A PASOLINI ESPRESSE LA SUA SOLIDARIETÀ NENNI. MENTRE QUANDO MI CANCELLARONO DALL’ALBO DEI GIORNALISTI…"
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, oltre che essergli cugino Nico Naldini è stato un esegeta accurato di Pier Paolo Pasolini. Non lo ha mai celebrato, enfatizzato, divinizzato. S’è sempre attenuto ai fatti, alle opere per come erano davvero, ai rapporti tra le persone per come erano andati davvero. Naldini, e tanto per fare l’esempio più cocente, non ha mai avuto dubbi che ad uccidere Pasolini sia stato Pino Pelosi e questo nel contesto di un rapporto omosessuale che si stava sfrenando. Altro che la celebre sentenza emessa da Alberto Moravia, e cioè che Pasolini era stato “assassinato dalla borghesia”, sentenza che mandò su tutte le furie Livio Garzanti, editore del libro che la conteneva.
Ecco perché l’ho presa subito la nuova edizione della biografia che Naldini aveva consacrato a Pasolini alcuni anni fa e che ha pubblicato la Luni editrice, Pasolini, una vita. Beato lui, Naldini ha potuto accedere all’archivio personale di Pasolini, compitare una quantità enorme di lettere private, documenti inediti. Tanto che il suo libro è una sequenza puntualissima di quel che è stato scritto e pensato da gente determinata in quel momento determinato.
E’ impressionante come sin dai primi momenti del suo arrivo a Roma, quando pure era soltanto un professorino che ci metteva non so quante ore al giorno a raggiungere la scuola dove insegnava, Pasolini trovi amici e interlocutori a profusione. Nell’epoca in cui non esistevano i telefonini e i social, i rapporti erano tra le persone reali o non erano. Anziché andar frugando le une o le altre imbecillità di chi si vuol fare notare su Instagram o su Twitter, Pasolini faceva delle grandi passeggiate a piedi con il poeta genovese Giorgio Caproni che era venuto a Roma e che abitava non lontano da una delle prime case romane abitate da Pasolini.
A un tempo in cui i rapporti tra le persone non erano quelli odierni, quando gente come me viene suppliziata dai messaggi Whatsapp di gente che mostra la copertina di un suo libro in uscita o magari la foto della pietanza che si accinge a divorare o magari la foto di sé stesso a sette anni, a quel tempo intendo gli esseri umani si scrivevano delle lettere. Ho detto delle lettere, non delle letterine buttate giù in fretta e furia. Quando Pasolini pubblica in poche copie i suoi primissimi libri di poesia, non solo Gianfranco Contini ne scrive con insuperata maestria ma poco dopo gli manda una lettera di un tale acume che uno di noi comuni mortali con quel materiale riempirebbe il primo capitolo di un libro.
E così via, per tutta la ricostruzione che Naldini fa della biografia di un Pasolini che si cimenta nella poesia, nella saggistica colta, nel cinema e da regista e da sceneggiatore. Gli scrivono Italo Calvino, Carlo Emilio Gadda, Giorgio Bassani, Elsa Morante, Franco Fortini. Raccontano, interpretano, ammirano, duellano intellettualmente. Allucinante quando scoppia il caso di quel ragazzo che accusa Pasolini di essergli andato contro armato di pistola e di averlo derubato. A esprimere a Pasolini la sua solidarietà gli scrive nientemeno che Pietro Nenni. Cose d’antan.
Quando una quindicina di anni fa mi cancellarono dall’Albo dei giornalisti del Lazio dopo che io avevo detto loro che non mi rompessero i coglioni per avere io fatto una pubblicità in televisione, non uno dei giornalisti che erano stati miei colleghi nei tanti giornali cui avevo collaborato mi mandò due righe di solidarietà. Due righe. Nemmeno uno.
GIAMPIERO MUGHINI
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PASOLINI
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