DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, resiste e persiste in Italia questa vaccata delle festività infrasettimanali pur prive di qualsiasi significato simbolico che permette a una parte degli italiani (quelli a stipendio fisso) di starsene in panciolle oppure organizzarsi un gran bel “ponte”. Altro che fascismo e antifascismo. La vera linea divisoria in Italia è tra gli italiani che fanno “il ponte” e gli italiani che se vogliono arrivare a fine mese (i lavoratori autonomi, ovviamente chi più chi meno) sgobbano oggi 8 dicembre (Immacolata Concezione) esattamente come tutti gli altri giorni.
Sono qui al computer da stamattina alle otto e un quarto. Esattamente come te, credo.
E fortuna che la mia colf-part time (assunta con tutti i crismi e i privilegi del caso, a calcolare tutto è pagata meglio di un ricercatore universitario) ha avuto pietà di me, e stamane è arrivata a casa a farmi l’indispensabile, un’ora e mezzo di lavoro anziché le quattro che le pago. E’ stata gentile. Molto. Non era obbligata.
La legge la autorizzava a starsene a casa, la legge fatta ai tempi in cui credevamo che l’Italia fosse Disneyland. Beati loro, i lavoratori dipendenti che continuano a credersi abitanti di Disneyland. Che prendano le loro vacanze in estate, a Pasqua, a Natale, ci mancherebbe altro.
Ma questa vaccata delle festività infrasettimanali è veramente offensiva per una buona parte di noi italiani. Esiste qualcosa del genere in Europa, che a metà della settimana si interrompa il lavoro e magari a quel determinato giorno riesci a cucire un altro paio di giorni di assenza dal lavoro? E se non esiste, perché mai ci stupiamo che i redditi da lavoro dipendente siano altrove più alti che in Italia?
E perché mai ci dovremmo stupire di quello che vediamo ogni giorno: il negozio di alimentari innanzi a casa mia, gestito da una famiglia indiana, che resta aperto tutta la domenica. Si chiama lotta per la vita, altro che Disneyland. Lotta per la vita, di questo si tratta oggi per noi tutti.
Sono stato anch’io un lavoratore dipendente e anch’io ho usufruito di quei privilegi immani. Una volta mi ruppi una gamba, che mi mise fuori combattimento per due mesi. In tutto e per tutto presentai all’amministrazione del giornale in cui lavoravo due certificati medici e per 60 giorni sono rimasto a casa, disturbato neppure da una telefonata. In quello stesso periodo lavoravo a una trasmissione televisiva che si faceva a Milano.
Avevo una gamba ingessata e non mi potevo muovere. Mi dissero che se non ci andavo al lavoro, mi facevano causa. Mi pagai un taxi Roma-Milano e a forza di stampelle arrivai nello studio televisivo. Su quella prestazione pagai il 53 per cento di tasse. Ecco perché se qualcuno mi viene davanti a dirmi che solo i lavoratori dipendenti (quelli che oggi 8 dicembre sono in panciolle) pagano le tasse, io quello lo ammazzo.
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