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LA VERSIONE DI MUGHINI - "HO UNA IDIOSINCRASIA PER GLI AUGURI DI NATALE. DETESTO I CERIMONIALI OBBLIGATI. MI FANNO VOMITARE. SONO STUPEFATTO DI VEDERE LO SCHERMO DEL MIO TELEFONINO RIEMPITO DAGLI AUGURI VICENDEVOLI CHE SI STANNO SCAMBIANDO I GIORNALISTI DI UN SETTIMANALE IN CUI AVEVO LAVORATO PER 18 ANNI. NON UNO DI LORO MI MANDÒ UNA RIGA NEL MOMENTO IN CUI VENNI CANCELLATO DALL’ALBO DEI GIORNALISTI. E DUNQUE CHE ME NE FACCIO DEGLI AUGURI?"
Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, sarà perché io ho una idiosincrasia per gli auguri di Natale tanto per il farli che per il riceverli, fatto è che sono a dir poco stupefatto di vedere lo schermo del mio telefonino riempito dagli auguri vicendevoli che si stanno scambiando i giornalisti di un settimanale in cui avevo lavorato per la bellezza di diciotto anni e fino a quindici anni fa.
In quello che è stato il mio giornale per eccellenza, dove mi aveva assunto Claudio Rinaldi, il più grande direttore della mia generazione. Ne sono stupefatto perché io non sono cortese e non amo i gesti cortesi? Ma nemmeno per idea. Della cortesia di quei gesti ne faccio una religione, sia quando ho a che fare con la mia colf filippina che quando avessi a che fare con il Presidente della Repubblica.
Detesto i cerimoniali obbligati, tipo quello di mandare via mail una riga con scritto “auguri”. Quello sì, quello mi fa veramente vomitare. Se ho un qualche rapporto con una persona, allora gli scrivo qualcosa di specifico. Trattandosi di gente che fa il mio mestiere, sempre mando un riga di ammirazione a Fabrizio Roncone, a Francesco Merlo, a Mattia Feltri, ad Aldo Cazzullo, alla mia amica Barbara Costa, o magari a Matteo Renzi.
Stamattina ne ho mandata una ad Enrico Cisnetto, che festeggia il ventesimo anno da quando conduce una intelligente trasmissione su un canale televisivo minore. L’altro giorno ho pregato Michele Masneri, un fuoriclasse tra i giornalisti del Foglio, di estendere i termini della mia ammirazione a un suo collega di cui non avevo i riferimenti. Sono questi gli unici messaggi che io mando in giro. Gli unici gli unici gli unici. Mai mai mai mando qualcosa a promuovere me o il mio lavoro. Naturalmente me lo segno al dito se dall’altra parte non c’è lo stesso atteggiamento, se dall’altra parte mi scrivono solo per segnalarmi che è uscito un loro libro.
Quanto ai miei colleghi del giornale in cui ho lavorato diciotto anni, non uno di loro mi mandò una riga nel momento in cui venni cancellato dall’Albo dei giornalisti da una congrega di semianalfabeti che mi stava rompendo i coglioni perché avevo preso parte a uno spot pubblicitario televisivo. Non uno di loro mi comunicò la sua solidarietà, la sua amicizia. Non uno. Non una riga. Non un colpo di telefono. E dunque che me ne faccio degli auguri che stanno pronunciando in pompa magna gli uni agli altri? Mi ci pulisco le scarpe.
GIAMPIERO MUGHINI
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