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Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, non c’è dubbio che i graphic novel siano un genere artistico e comunicativo oggi capitale. C’è una storia e la arricchiscono i volti, i gesti, i paesaggi, i tagli delle inquadrature come al cinema. Certo che un qualche album di Zerocalcare stramerita di essere candidato al premio Strega.
Quanti libri della letteratura italiana dei Settanta stanno al pari con le storie inventate e disegnate da Andrea Pazienza nei Settanta? E forse che lo stesso non si può dire delle mirabili storie di Vittorio Giardino, un autore più famoso in Francia che in Italia? Uno dei libri francesi più belli che ho letto in questi ultimi mesi è “Un amore esemplare” (pubblicato in Italia dalla Feltrinelli), il libro di Daniel Pennac corredato dagli splendidi disegni di Florence Cestac, una di cui mi piacerebbe avere qualche tavola originale nella mia collezione.
Di tutti i libri usciti in Italia sul Sessantotto uno dei più belli è “Sessantotto. Cani sciolti” (Sergio Bonelli editore), in cui duettano i testi di Gianfranco Manfredi e i disegni di Luca Casalanguida. Uno più bello e più originale dell’altro sono gli albi di Gipi, “Appunti per una guerra” (pubblicato dalla Coconino Press) tanto per dirne uno. Un testo di cui hai immediatamente il portato visivo, l’immagine che lo rende più pungente e più struggente. Vi ricordate di un certo Hugo Pratt?
Non sono uno specialista del graphic novel, ma ne parlo con tale rispetto che quando in edicola arriva il numero mensile del “Linus” diretto da Igort (molto bella la sua autobiografia pubblicata qualche mese fa) mi lecco i baffi.
Ebbene la mia bibliotechina (vorrei averne cento volte tanti) di graphic novel si è arricchita ieri di un gioiello, e uso questa parola perché nessun’altra può rimpiazzarla. C’è che a Roma agisce da tempo una casa editrice, la 80144, che ha un ottimo gusto quanto all’immagine e in particolare l’immagine erotica.
andrea pazienza disegnato da milo manara
Avevo avvistato nel catalogo di questa casa editrice il lavoro di un notevole disegnatore, Ernesto Carbonetti, un quarantenne che vive dalle parti di Lucca. E subito gli avevo commissionato un progetto che avevo in mente da tempo. Io scrivevo i testi, la sceneggiatura, e lui ci metteva i disegni.
Di un graphic novel porno che aveva al suo centro le vicissitudini di un’eroina sporcacciona per come piacciono a te e a me, caro Dago. Ernesto ha fatto il suo lavoro, e le quattro puntate di questa storia talmente hot stanno ben conservate nelle scatole dov’è custodita la mia collezione di tavole originali del fumetto italiano. (Ho appena comprato a un’asta della Urania Casa d’Aste una meravigliosa tavola che fungeva da copertina di una lontana storia di Giardino.)
Ebbene il magnifico Carbonetti che aveva disegnato la mia storia porno, s’è superato in questo splendido albo a colori (“Chiedi a John”, 80144 edizioni) in cui i testi e la sceneggiatura sono di Paolo Baron, il capintesta della piccola casa editrice di cui sto dicendo. Un gioiello, te l’ho detto.
Di che si tratta? Il punto di partenza parrebbe strampalato ma non lo è affatto. Esiste una pseudo-leggenda secondo cui Paul McCartney è morto giovane e da quel momento nel gruppo dei “Magnifici quattro” ha agito e suonato un suo sosia. Ci sono stati libri e trasmissioni televisive su questa immensa porcata.
Ebbene Baron e Carbonetti la prendono a pretesto per una meravigliosa sequenza di immagini sui Beatles che stanno provando una loro canzone, che si incontrano e si muovono nel loro mitico studio di Abbey Road, che si litigano e si vogliono bene. Niente, dovete vederla, dovete gustarla, dovete guardarla. C’è una scena in cui i nostri eroi vedono che nel corridoio si avanzano altri quattro personaggi, un gruppo che stava provando nello studio attiguo al loro.
Erano i Pink Floyd al loro debutto. Gli uomini e la musica che ha segnato un’epoca. La musica della nostra giovinezza, i suoi protagonisti, i loro volti, le loro angosce, le loro liti, la loro lotta a tentare di fare una musica sempre migliore, sempre più coinvolgente. Il tutto fatto rivivere e riacceso dal talento visivo e grafico (stavo per dire cinematografico) di Baron e Carbonetti. Una delizia.
GIAMPIERO MUGHINI
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