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Giampiero Mughini per Dagospia
Caro Dago, c'è che una mia prelibata amica ebrea (voglio dire di un'amica tanto prelibata ai miei occhi quanto ebrea in punta di fatto), Chiara, mi mandi una mail da cui risulta come indispettita che tanto Massimo Ceccherini che Sabrina Ferilli abbiano sottolineato il fatto che l'Oscar per il miglior film straniero sia andato a un film - il memorabile "La zona di interesse" - che ha a che fare con gli "ebrei".
Per quel che so di loro, tanto Ceccherini quanto Sabrina sono due brave persone che in quel termine è come se siano inciampate. Io stesso lo uso con un certo impiccio, perché so che è diverso che dire di uno che è "toscano" o "siciliano" o "altoatesino".
A vent'anni non sapevo che cosa significasse il termine ebreo, e finché non divenni amicissimo di una coppia di ebrei - i coniugi Damascelli - che lo erano eccome. Un parente di lei era stato trucidato alle Ardeatine. Sono stati fra gli amici più importanti della mia vita, e non era trascurabile che fossero degli "ebrei". Ci metterei molto a spiegarvelo. Molto, e a farvi capire l'affetto che avevo per loro.
massimo ceccherini a ruota libera
Da allora in poi quel termine è divenuto per me sacro, è come se mi mettessi i guanti ogni volta che me ne avvalgo. Sì, sì, quel film che ha per titolo "La zona di interesse" ha a che fare con gli ebrei. Con gli ebrei polacchi, con gli ebrei russi, con gli ebrei rumeni che furono ammucchiati nei vagoni, che arrivarono nei campi, che li denudarono prima di farli entrare nelle camere a gas, che ammucchiati com'erano gli uni agli altri uomini donne e bambini ci misero in media quindici minuti ciascuno a morire soffocati perché puniti di essere ebrei. A morire perché colpevoli di essere ebrei, non importa se polacchi o rumeni.
Ho scritto anni fa un libro a partire da otto ebrei romani che a cento metri da casa mia furono rastrellati il 16 ottobre 1943, due bambini fra loro, li portarono un sabato in un edificio romano che guarda il Tevere, li radunarono mille e sedici per tutta la notte e per la domenica seguente, il lunedì li inoltrarono verso Auschwitz, di quei mille e più ne sono tornati vivi sedici. Roba da "ebrei", sì, caro Ceccherini e cara Sabrina. Sì.
E meno male che quel film ce lo ha ricordato che di questo si era trattato, al di là del muro che separava l'abitazione del comandante di Auschwitz vita dal lager vero e proprio. Dal quale venivano di tanto in tanto dei colpi di arma da fuoco, delle grida strazianti di uomini e donne, dei cani che abbaiavano. Così come non dovreste perdervi una serie televisiva su Disney, "L'interprete del silenzio", ed è il racconto del processo a un gruzzolo di criminali tedeschi che avevano fatto il bello e il cattivo tempo nei lager e che vent'anni dopo non la finivano di ripetere che loro non ne sapevano nulla delle camere a gas.
Chiara, ti sta bene che l'abbia raccontata così?
GAMPIERO MUGHINI
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