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Monte Hellman rip
Marco Giusti per Dagospia
Se ne va il leggendario Monte Hellman, 92 anni, regista di un capolavoro on the road della New Hollywood come “Two Lane Blacktop” con James Taylor e Dennis Wilson, del mai arrivato da noi “The Cockfighter” con Warren Oates, di western beckettiani, minimalisti e innovativi girati col suo amico Jack Nicholson, “La sparatoria” e “Le colline blu”, dello spaghetti western “Amore, piombo e furore”/”China 9, Liberty 37”, prodotto in Italia da Valerio De Paolis, fotografato di Giuseppe Rotunno con Warren Oates, Fabio Testi, Jenny Agutter e Sam Peckinpah, che si fece pagare con un paio di stivali di pelle di serpente.
Anche dialoghista, location man, e soprattutto montatore, pochi conoscevano il cinema come lui e la lista di sue partecipazioni più o meno segrete per rimettere a posto piccoli e grandi film di amici e non amici è una specie di rompicapo hollywoodiano.
Per Peckinpah fu montatore di “Killer Elite”, per Samuel Fuller fu regista della seconda unità di “Il Grande Uno Rosso”, per Paul Verhoven seguì la seconda unità di “RoboCop”, per Roger Corman, il suo maestro, fece davvero di tutto, montò “I selvaggi”, girò film nelle Filippine, e varie scene con Jack Nicholson di “La vergine di cera”.
Per la Hammer Film filmò tutte le scene con Peter Cushing e Anton Diffring di “Shatter”, un action movie coprodotto con gli Shaw Brothers a Hong Kong, ma dopo tre settimane venne cacciato e il film fu firmato da Michael Carreras. Portò a termine la lavorazione di “Avalanche” con John Cassavetes e Lee Marvin dopo la morte di Mark Robson, il regista.
quentin tarantino harvey keitel sul set de le iene
E fu, soprattutto, il produttore esecutivo di “Reservoir Dogs”/”Le iene” di Quentin Tarantino che lo ha sempre considerato suo maestro. Quando venne a Venezia, invitato da Marco Muller nel 2010 col suo ultimo film, “Road to Nowhere”, il premio speciale della giuria glielo consegnò proprio Tarantino che lo definì “un grande artista del cinema e un grande poeta minimalista”. Fu qualcosa di commovente.
millie perkins jack nicholson la sparatoria
Per tutti noi che avevamo seguito con affetto e attenzione la carriera spesso scombinata e non ufficiale di Monte Hellman conoscendone però il grande talento, fu una sorta di liberazione e una ricompensa per aver cercato di sopravvivere con dignità nella giungla del cinema americano.
Monte Hellman era nato per caso a New York nel 1929, ma era cresciuto a Los Angeles. Aveva studiato Dramma a Stanford e poi cinema all’Ucla. Come Coppola, Scorsese, Demme e tanti altri giovani registi, il suo maestro e pigmalione fu Roger Corman.
monte hellman quentin tarantino
Gli dette perfino i soldi per presentare a Los Angeles per la prima volta a teatro “Aspettando Godot” di Samuel Beckett alla fine degli anni’50. Il suo primo film da regista, ovviamente per Corman, è “Beast From Haunted Cave” con Michael Forest e Frank Wolff nel 1959.
Dopo aver girato alcune scene di “La vergine di cera” firmato da Roger Corman, nel 1964 firma ben tre film sempre per Corman e la AIP, “Backdoor to Hell” con Jimmie Rodgers e Jack Nicholson, “Flight to Fury” con Jack Nicholson e Fay Spain e “Cordillera”, co-diretto dal filippino Eddie Romero. Sono piccoli film di pura azione per un mercato internazionale che può assorbire tutto.
Il vero Monte Hellman arriva nel 1966 coi suoi due incredibili western “La sparatoria”, con Jack Nicholson, Warren Oates e Millie Perkins e “Le colline blu”, con Jack Nicholson, Cameron Mitchell e Harry Dean Stanton, nati come due piccoli film di serie B, ma così stravaganti e affascinanti che lo impongono in tutto il mondo come regista di prima grandezza.
monte hellman con il leone d'oro
Nel 1971 gira il suo film più famoso e amato dalla critica, “Two Lane Blacktop” con due star della musica americana con James Taylor e Dennis Wilson. Un road movie, ovviamente. “Io credo che i migliori film siano i road movies. La strada è molto enigmatica. La strada è la vita”, disse Hellman, che riteneva il film qualcosa che riguardava la vita interiore e non quella esteriore.
Subito dopo è la volta di “Cockfighter”, con Warren Oates che traffica in polli da combattimento in Messico e Harry Dean Stanton. Prodotto da Roger Corman per la sua New World, fu uno dei pochi flop della società, e non venne mai distribuito in Europa proprio per le crudeltà sugli animali che si vedevano. E’ in questo periodo che gira, segretamente, per la televisione, una sorta di scena pre-titoli per la versione americana di “Per un pugno di dollari” con lo Straniero, una controfigura di Clint Eastwood, che viene rilasciato dalla prigione dal governatore, Harry Dean Stanton, e spedito a San Miguelin.
Un brano che si vide in tv solo in America nel 1977 e che trovate anche su youtube. Quanto a “Amore, piombo e furore”, che nell’edizione originale si intitola in maniera più enigmatica “China 9, Liberty 37”, anche rivisto è un grande western alla Monte Hellman adattato allo spaghetti western e costruito su una passione che sconvolge i tre personaggi principali, Warren Oates, sua moglie Jenny Agutter e il nostro Fabio Testi.
“Per me”, ha detto Hellman, “Fabio Testi rappresenta un po’ l’eroe. Warren Oates è la mia interiorità e la mia imperfezione. Conoscevo già Fabio Testi, che qui è stato davvero bravo. C’è un modo cioè di recitare delle scene che dà la dimensione non solo della bravura di un attore ma apre alla comprensione di tutto il film”.
Sam Peckinpah, nel cammeo di un giornalista del west, sembra che abbia allungato molto la sua scena, visto che voleva chiuderla con un’ultima battuta che non arrivava mai. Hellman ha dichiarato che erano previste anche le partecipazioni di Federico Fellini e di Sergio Leone, quest’ultimo nel ruolo di un portiere d’albergo. Leone, quando vide Peckinpah ubriaco si rivolse al produttore e disse: “Mi dispiace ma con questo pazzo non ci lavoro”.
Lo troviamo ancora al montaggio e al rimontaggio di parecchi film, anche di “Harry and Walter Go To New York” di Mark Rydell. Alla fine degli anni ’70, viene chiamato da Gene Corman, fratello di Roger, a completare e supervisionare “Avalanche Express”, film di super-azione dove nel giro di due mesi sono morti il coprotagonista Robert Shaw, giugno 78, e il regista-produttore Mark Robson, agosto 78. Parte delle riprese vengono completate anche dal direttore della fotografia Jack Cardiff, ma è Hellman a ricostruire il film al montaggio.
Non si capisce bene cosa abbia fatto negli anni ’80, a parte dare una mano alla regia su “Il Grande Uno Rosso” di Samuel Fuller e su “RoboCop”. Rimonta anche parte di “Alla 39° eclisse” di Mike Newell. Torna con un film assolutamente stravagante, “Iguana”, un film di pirati italo-spagnolo con Everett McGill e Fabio Testi, nel 1988, e il film si vide a Venezia. Ma definì il film e tutta l’operazione come terribile. Un anno dopo gira un piccolo horror, “Silent Night, Deadly Night 3: Better Watch Out!” con Samantha Scully.
Come regista di lungometraggi lo ritroveremo solo nel 2010 con il curioso e personalissimo “Road to Nowhere” con Thygh Runyan, Dominique Swain e il suo adorato Fabio Testi, un film sul cinema che sembra un po’ il testamento di una carriera contorta nei fatti, ma lineare nei risultati. Grande uomo di cinema e grande poeta minimalista. Come lo presentò Tarantino. Se ne va in quel di Palm Desert in California.
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