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Fabrizio La Rocca per “la Verità”
Per quanto tu sia antirazzista, c' è sempre uno più antirazzista che ti considera razzista. Ne sa qualcosa il giovane protagonista di Scappa - Get Out, Daniel Kaluuya. Il film, di cui abbiamo parlato su queste colonne qualche giorno fa, riguarda i pregiudizi sui neri da parte della classe media progressista, i liberal che votano Obama ma che, nelle pieghe della loro «bontà», covano un modo tutto loro di riprodurre il razzismo.
Lo stesso potrebbe dirsi per Samuel L. Jackson, l' attore feticcio di Quentin Tarantino, che nei giorni scorsi aveva criticato la scelta di Kaluuya, nato in Inghilterra da genitori ugandesi: «Ci sono un sacco di attori neri britannici che lavorano negli Stati Uniti. Tutto il tempo. Mi chiedo come sarebbe stato il film con un fratello americano che capisce veramente la situazione, perché Daniel è cresciuto in un Paese dove ci sono coppie interrazziali da un secolo. In Gran Bretagna ci sono solo otto persone rimaste veramente bianche.
Alcune cose sono universali, ma non tutte». Alla domanda sul perché così tanti attori neri inglesi interpretino abitualmente ruoli americani, Jackson ha risposto: «Sono più economici di noi. Non costano tanto. E i registi pensano che siano più bravi, perché hanno studiato in modo classico». Insomma: se un attore non è un afroamericano, non può interpretarne uno sullo schermo, perché non ne conosce davvero la sofferenza. Ragionamento, in verità, piuttosto primitivo: l' attore è, per definizione, colui che interpreta un ruolo non suo, altrimenti esisterebbero solo documentari, non cinema.
Del resto Jackson ha interpretato, in Django, il ruolo dello schiavo servile e sadico nei confronti del padrone bianco, ma dobbiamo supporre che abbia potuto farlo pur senza identificarsi a pieno con i sottintesi morali che tale parte implica. Ad ogni modo, Kaluuya ha risposto a Samuel L. Jackson rilasciando un' intervista a GQ: «Io vedo la gente di colore come un solo uomo, non sopporto di dover provare che sono nero. Non so cosa significhino quelle parole, devo ancora metterle a fuoco. Rispetto i cittadini afroamericani, voglio solo raccontare storie di gente di colore. È frustrante pensare che per interpretare quel ruolo debba esporre i traumi che ho subito come persona di colore. Devo mostrare la mia frustrazione perché accettino che sono nero.
Non importa che in qualsiasi stanza entri sia sempre la persona dalla pelle più scura. Non ne posso più di questa mentalità, io sono semplicemente un individuo».
Kaluuya ha continuato: «Quando frequento persone di colore mi fanno sentire "altro" perché la mia pelle è molto scura. Devo confrontarmi con gente che mi dice che sono "troppo nero", poi vengo in America e mi dicono che non sono nero abbastanza. Vado in Uganda e non riesco a parlare il loro linguaggio. In India sono nero, nella comunità nera ho la pelle scura, in America sono britannico. E basta!». Insomma, parafrasando una frase attribuita a Joseph Goebbels, in questa città chi è nero lo decide Samuel L. Jackson.
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