DAGOREPORT – IN POLITICA IL VUOTO NON ESISTE E QUANDO SI APPALESA, ZAC!, VIENE SUBITO OCCUPATO. E…
Giuseppe Videtti per “il Venerdì di Repubblica”
Il caso Michael Jackson non si è mai chiuso. Anzi, si riapre ciclicamente. Quest' anno in maniera anche più inquietante. Non solo per i fan innocentisti, ma anche per chi credeva che la morte avesse garantito alla star, se non la pace eterna, almeno una onorevole tregua. A guastare le celebrazioni del decennale della scomparsa (il 25 giugno 2009) è arrivato Leaving Neverland, il controverso documentario di quattro ore girato dal regista inglese Dan Reed e prodotto dalla Hbo (trasmesso in Italia da Canale 9), con le testimonianze choc di Wade Robson e James Safechuck, oggi adulti e padri di famiglia, che raccontano come Jackson avrebbe abusato di loro da quando avevano sette e nove anni fino all' adolescenza.
Leaving Neverland, per la sua narrazione rigorosa e angosciante, ha di nuovo gettato ombre sinistre sulla personalità del re del pop, per due volte assolto dai tribunali americani dall' accusa di abuso su minori, dopo ritrattazioni e accordi extragiudiziali raggiunti a suon di decine di milioni. Ovviamente non saranno le proteste della famiglia a cancellare i dubbi né tantomeno l' annunciato lungometraggio realizzato in fretta e furia per arginare l' ignominia.
michael jackson lisa marie presley 9
A rafforzare la convinzione diffusa - anche tra psicoterapeuti e psichiatri di fama - che quelle di Leaving Neverland non siano fantasie, il 6 giugno esce in Italia Su Michael Jackson (66thand2nd, pp. 160, euro 16), una scrupolosa indagine sociologica, psicologica e fenomenologica che Margo Jefferson - 71enne scrittrice afroamericana, premio Pulitzer per la critica, autrice della rinomata autobiografia Negroland - pubblicò negli Usa nel 2006, quando la vita e la carriera del divo, stremato dalle vicende giudiziarie, dal linciaggio mediatico e certamente anche perseguitato dai suoi fantasmi, erano allo sbando.
MARGO JEFFERSON - ON MICHAEL JACKSON
Non è l' ennesima biografia non autorizzata alla John Randy Taraborrelli, che nel 2004 aveva dato alle stampe le impietose settecento pagine di The Magic and the Madness, e neanche una di quelle sconcertanti pubblicazioni post mortem tipo Unmasked: The Final Years of Michael Jackson, con cui il giornalista investigativo canadese Ian Halperin raccontò con un tempismo sospetto (luglio 2009) un sordido, degradante e precoce finale di carriera (e di vita).
Il doc Leaving Neverland non scredita, anzi aggiunge sostanza alle considerazioni raccolte da Margo Jefferson, anche se, in occasione dell' uscita italiana del libro, l' autrice ha voluto scrivere una nuova introduzione che sarà anche a corredo della nuova edizione americana. In verità il documentario di Dan Reed ha costretto i più autorevoli biografi di Jackson a riconsiderare le proprie posizioni e/o aggiungere nuovi capitoli alle loro storie; è quanto stanno facendo anche Joseph Vogel (Man in the Music), Diane Dimond (Be Careful Who You Love) e Steve Knopper (The Genius of Michael Jackson).
«In Leaving Neverland, un documentario tremendo nonostante la sua pacatezza, due uomini di trent' anni, lo sguardo fisso sulla cinepresa, descrivono gli anni in cui da bambini hanno fatto sesso con Michael Jackson. Usano quest' espressione piatta, "fare sesso", e lo farò anch' io» scrive Jefferson. «Raccontano, quasi con stupore, quanto lo amassero, o meglio quanto lo adorassero, aiutandoci a capire quanto e quanto spesso l' abuso sessuale contempli un bambino che ammira un adulto autorevole - cioè un bambino che si affida, che ha bisogno e che forse è innamorato di quell' adulto. Molestia e abuso sono due parole dure e inequivocabili, ma spesso inseparabili dalle lusinghe e dalle ambiguità della seduzione; nel cervello e nel corpo del bambino questo genere di sentimenti si mescolano.() Michael Jackson era una divinità della nostra cultura. () Immaginate di incontrarlo di persona. Immaginate di essere un bambino che una divinità sceglie come suo favorito».
michael jackson e james safechuck 1
Non è indulgente Margo Jefferson verso quell' artista che in gioventù, quando era il bambino prodigio dei Jackson 5, fu anche il suo idolo. Sa che è stato picchiato e vessato psicologicamente dal padre Joseph «e ci sono voci insistenti secondo cui, da bambino, era stato molestato sessualmente da almeno un adulto nel mondo della musica». Quindi con ogni probabilità Michael, come Wade e James, non è riuscito a liberarsi degli abusi subiti.
michael jackson lisa marie presley 2
Ma reiterare la violenza subita non è lecito né plausibile: «Quella di Michael è una favola tragica e al contempo una favola horror. C' è un predatore-seduttore che si finge il protettore puro di cuore di tutti i bambini innocenti del mondo. È un potere che esercita ancora oggi sulla moltitudine di fan». Jefferson non trascura nessuno dei traumi esistenziali della star e non è dalla parte di coloro che ipocritamente considerano bambini e adolescenti asessuati e incapaci di intrecciare una relazione romantica; valuta le attenuanti, ma lucidamente conclude: «Il genio vulnerabile è stato anche uno scaltro pedofilo: questa è la cosa con cui dobbiamo fare i conti adesso, e non possiamo certo sminuirla. (). L' innocenza legale è ben altra cosa dal proscioglimento pubblico».
michael jackson leaving neverland
Leaving Neverland non ha ribaltato le convinzioni di Margo Jefferson, ha però sconvolto la certezza che nel giugno del 2009 la fece sentire più leggera rispetto alle spinose questioni che tre anni prima aveva sollevato col suo piccolo e rivoluzionario saggio - sperava che la morte restituisse all' artista la sua reputazione, come tante volte è successo nella storia. «Invece ora, dieci anni dopo» scrive, «un documentario come Leaving Neverland ci mette davanti a nuove domande. Provo imbarazzo e vergogna perché all' epoca non riuscii a spingermi fino al punto di riconoscere che quest' uomo ferito era quasi certamente un predatore sessuale? Sicuramente sì. () Io tifo per Wade e James affinché possano ottenere il più alto risarcimento legale ed economico possibile».
Il mea culpa di Margo Jefferson va letto però come un eccesso di zelo più che come denuncia della propria codardia; il quadro psicologico che aveva tracciato nel 2006 era già sufficientemente allarmante: «È un uomo buono o un predatore? Un protettore di bambini o un pedofilo? Un genio rovinato o una celebrità che vuole rimanere al centro dell' attenzione a qualunque costo? Un divo bambino che ha paura di invecchiare o uno psicotico/freak/perverso/sociopatico? E se fosse tutte queste cose insieme?». I codici per interpretare i simboli, le conseguenze della auto-repulsione razziale e di quell' isola pre-sessuale che fu Neverland, di cui Jackson fu fiabesco castellano e orco a capo di un grottesco modello di famiglia allargata, sono perfettamente aderenti a quelli forniti da Wade e James.
gli abusati da michael jackson
Come acuta è l' indagine sulla famiglia canterina dove tutti sono vittime non solo dell' abusivo papà Joseph, ma soprattutto dell' immensa popolarità di Michael, perché «un bambino prodigio rende insopportabile la vita degli altri otto fratelli che senza di lui non avrebbero alcuna importanza».
Quanta confusione e schizofrenia in tutti quegli slittamenti di identità e di genere, in quell' applaudito infrangere delle leggi razziali che fecero seguito alla prima rinoplastica del 1979, quando aveva ventun anni, e ai successivi, progressivi sbiancamenti dermici! Cos' era alla fine se non un Frankenstein costruito con pezzi di Elvis e Diana Ross, della regina del burlesque Gypsy Rose Lee e di Little Richard, di Fred Astaire e Liz Taylor? Ora che le bugie dell' uomo e le menzogne dello star system sono state smascherate, resta la questione cruciale, quella che Margo Jefferson aveva già azzardato nel 2006 e che oggi, mentre alcune emittenti radio cancellano la musica di Michael Jackson dai palinsesti, si ripropone: è possibile separare l' arte dalla vita? «Sono tutti provvedimenti a breve termine» scrive l' autrice «e in alcuni casi indecorosamente ipocriti.
Se la stessa misura venisse adottata per tutti i casi di sfruttamento sessuale e di abuso, la Rock and Roll Hall of Fame (che pure minaccia di prendere provvedimenti, ndr) - e molti dei suoi membri maschi e spavaldamente eterosessuali - ne uscirebbe decimata».
E il mondo dell' arte - sottoposti a una fase di revisionismo morale Caravaggio e Verlaine, Oscar Wilde e Serge Gainsbourg, William Burroughs e Chuck Berry - si trasformerebbe in un cimitero di tombe anonime.
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