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Testo di Carlo Verdone pubblicato da La Repubblica
Non voglio ricordare nei dettagli i suoi libri, i suoi tantissimi saggi e studi sul cinema, sul circo, sulle avanguardie storiche e le attività come primo docente in Italia di Storia e critica del film.
Sono un' infinità e altri saranno molto più bravi e precisi di me nel sottolineare le sue numerose passioni in modo analitico. Io voglio ricordare mio padre come un grande educatore, come un uomo sempre curioso del presente e sempre rispettoso della grandezza di tanti uomini di cultura del passato. Molti, tra questi ultimi, non celebrati abbastanza per la loro genialità o avanguardia.
Ecco, mio padre in tutta la sua vita ha scoperto tanti uomini pieni di virtù in vari campi, spesso poco considerati nel loro tempo. Non ha mai cercato l' acclamazione dei suoi colleghi, ma un senso di giustizia per chi il talento lo aveva e meritava di esser celebrato con rispetto. Quanti cineasti, poco conosciuti in Italia, devono la loro fama a Mario Verdone? Tanti, tantissimi.
Quanti futuristi "minori" furono tolti dal dimenticatoio e ammirati negli anni a seguire come veri protagonisti di quel movimento d' avanguardia?
Molti anche loro. Questo mi piaceva di mio padre: intuire il vero talento prima degli altri. Far brillare ciò che meritava di non essere opaco.
Lui si sentiva profondamente senese in tutto. Aveva una bandiera della Selva arrotolata nel suo studio, perché via di Valle Piatta è il cuore della contrada della Selva. Ma amava svisceratamente Roma, più di un romano vero. Non so quanti saggi sul Belli abbia scritto, su Petrolini, sulle tradizioni popolari romane. E se non fosse stato per lui, che mi spronava a frequentare i rigattieri, il calzolaio, il fornaio, il sarto del nostro rione, tanta comicità popolare non l' avrei assorbita per il mio futuro lavoro. Mio padre era un uomo sempre con la valigia pronta.
Ci ha fatto viaggiare con lui, ci ha fatto entrare in culture diverse, ci ha spiegato l' astrattismo, il valore del neorealismo e ciò che è corretto chiamare "avanguardia". In poche parole ci ha formato. Anche se per tutti noi fratelli è stato e sarà impossibile arrivare alla sua enorme preparazione, se non in minima parte.
Vorrei ricordare due momenti di mio padre che per me sono assai significativi e lo saranno anche per chi vorrà leggere queste righe. Ero stato rimandato in quattro materie in primo liceo. Mio padre la prese male, sapeva che non mi ero applicato e avevo una condotta pessima. Mi negò l' acquisto di una batteria, strumento che tanto amavo. E bloccò la paghetta settimanale con la quale mi compravo i dischi. Una delle mie tante passioni.
Ma un giorno, improvvisamente, aprì la porta della mia stanza e si sedette sul mio letto mentre stavo studiando. Con tono serio mi disse: «Mi hai fatto abbastanza arrabbiare Tuttavia ritengo che questo regalo sia divertente e formativo per te. Dentro questa busta c' è una tessera per il Filmstudio, è un cineclub a Trastevere. La tessera vale un anno.
Dopo aver studiato, vai a vedere più film che puoi. Fatti una cultura cinematografica, visto che ti piace filmare. Guarda che se non ci vai me ne accorgo! Perché mettono i timbri».
L' intuizione di regalarmi quella tessera per capire l' underground americano e i grandi classici del cinema internazionale fu un gesto importante di rara sensibilità che mi formò in modo solido. E mi fece amare tanto quello che poi avrei scelto come professione. Lo ringrazio ancora per quel pensiero così intelligente e amorevole per un padre. Il secondo momento che voglio ricordare di questo meraviglioso genitore riguarda i suoi ultimi giorni di vita.
Stavo girando Io, loro e Lara, e alla seconda settimana di riprese vengo avvertito da mia sorella Silvia che papà ha un male incurabile. Trenta, quaranta giorni, non di più. Per me fu devastante e ancora non capisco chi mi diede la forza di andare avanti con le riprese. Una sera lo andai a trovare in clinica. Avevo fatto una corsa da Cinecittà. Ero stravolto dalla fatica e papà se ne accorse. Mi prese la mano e mi disse: «Io non voglio che tu venga qui. Stai girando un film! Ti distrai e il film me lo fai male. Tu lo devi fare bene invece. Io sono solo un passeggero che aspetta un treno in ritardo Prima o poi arriverà. Che ti frega Carle' Dammi retta: pensa a te, pensa al film. E mettici poesia. Se non ci metti un po' di poesia la commedia non vale niente».
Poi guardò mio figlio Paolo. Lo invitò ad avvicinarsi al letto. Io mi allontanai per discrezione ma sentii tutto. «Paolo, guardami Io non voglio che tu sia famoso nella vita, che tu sia sui giornali. Non è così importante Tu devi essere un uomo giusto. Devi essere un uomo di dignità. Perché oggi la dignità è sparita. Sii onesto sempre. Punta a questo. Ed è tantissimo Paolo mio». Di una cosa posso dire di essere fiero: sono figlio di un padre nato orfano e povero, tra tante difficoltà. Ma da solo, grazie solo alle sue tante passioni e alla sua disciplina nella vita, è diventato ricco di tante virtù. Saggezza, cultura, passioni, dignità. E le ha volute condividere con la sua famiglia. Con i suoi figli. Più bel regalo dal destino non potevamo riceverlo.
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