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Maurizio Gallo per "il Tempo"
Non solo ha scontato, da innocente, nove mesi agli arresti. Non solo è uscito indenne da tutti i processi che lo hanno visto coinvolto. Ma anche di recente lui e i suoi familiari ricevono vigliacche minacce di morte, rigorosamente anonime. Le ultime, a Marco Mancini, sono arrivate pochi giorni prima della decisione della Consulta del 14 gennaio, che ha accolto il il ricorso di Palazzo Chigi sul conflitto di attribuzione contro Cassazione e Corte d'Appello in relazione al rapimento dell'imam di Milano Abu Omar.
La Corte Costituzionale, infatti, ha riconosciuto che l'episodio del 17 settembre 2003, che vide sul banco degli imputati anche il Numero Uno Nicolò Pollari, era coperto dal segreto di Stato, che nessun giudice può ignorare o rimuovere.
Eppure Marco Mancini, che la cronaca ha immortalato mentre scende dall'aereo con la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, rapita in Iraq, è diventato un bersaglio assieme ai suoi familiari, e all'ex direttore Nicolò Pollari, di telefonate e lettere minatorie. La prima, che lo ha raggiunto sul suo telefono personale, un numero strettamente riservato, risale al 2009. Ma nei mesi e negli anni successivi ne sono giunte altre «fotocopia». Due parole ricorrevano sempre: «Bastardo e sequestratore».
Seguite spesso da una frase più esplicita: «Ti arriverà una fucilata alla testa». Poi c'è stato un breve black out. Ma le chiamate telefoniche sono state presto sostituite da missive redatte con il normografo, in modo da non essere rintracciati (come rivela il giornalista Carlo Raggi del «Resto del Carlino»).
Il testo era eloquente: «Attento, tua moglie e tua figlia riceveranno la tua bara». Le lettere sono state spedite dal centro di smistamento postale di Roma-Fiumicino e alcune avevano l'indirizzo di recapiti romani conosciuti solo da Mancini e dai suoi più fidati ex collaboratori di quello che oggi si chiama Aise. Mancini, che per un periodo di tempo è stato distaccato in una importante località del centro Europa, ovviamente ha segnalato le ripetute minacce al suo ufficio e alle autorità preposte.
Le telefonate sono risultate tutte non rintracciabili. Per quanto riguarda le ultime minacce, il prefetto di Ravenna starebbe per convocare il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza, che affronterà il problema.
Ma gli anonimi minacciatori, come detto, non hanno risparmiato neanche l'ex capo del Sismi: «Tu e Pollari morirete», hanno scritto. Una beffa dopo il danno per i due «servitori dello Stato», che aggiunge giustificati timori all'amarezza del trattamento subìto. Tanto da far dire a Pollari, intervistato da il Tempo dopo la decisione della Consulta, «Dopo questo massacro politico-giudiziario, seppur innocente, sono un morto che cammina».
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