DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Estratto dell'articolo di Simona Orlando per "Il Venerdì di Repubblica"
[…] Peter Doherty […] Chiama su Zoom con solo mezz'ora di ritardo per raccontare il documentario Stranger in My Own Skin, anteprima nazionale al Festival dei Popoli, che si tiene a Firenze dal 4 al 12 novembre. […] Il doc gli somiglia, un misto di onestà brutale, ingenuità, senso di catastrofe imminente. Paura e delirio a Las Vegas, al confronto, è una gita alla bocciofila. Doherty è "pulito" da tre anni, ma all'epoca coltivava una rimbaudiana "ragionata sregolatezza dei sensi". Ci sono dentro dieci anni di vita con la marcia del folle, l'esplosione con i Libertines, lo scioglimento, i Babyshambles, arresti e scarcerazioni, arresti mentre festeggiava le scarcerazioni, il terrore e l'estasi del palco, e soprattutto le pere, inquadrate in tempo reale, il tilt del cervello.
[…] A lui, oggi 44enne, non fa un grande effetto rivedersi: «Mi mette a disagio, certe parti mi imbarazzano. Ma ci sono anche bei ricordi. Trovo che il montaggio sia molto veloce, bang bang di immagini. Avrei voluto un lento thriller».[…] «O forse sembra tutto veloce perché ho vissuto più di una vita, e più morti di una», aggiunge prima di sparire. […]
I SOGNI DI UN CLOWN
Il padre è militare. Peter è cresciuto fra uniformi e scarpe lucidate, giocando dietro il filo spinato. Nel periodo a Belfast, prima di andare a scuola, guardava se c'era una bomba sotto la macchina: «Mi sono astratto dalla realtà, chiuso nella fantasia. Ovunque ci trasferissimo, ero il ragazzo nuovo. Sempre il clown, il sognatore». E desiderava diventare famoso: «Se vivi come un dandy vittoriano dentro una caserma, se frequenti una scuola di merda ma vai in giro con i libri di poesia e un taglio di capelli che a te sembra fighissimo ma per gli altri è ridicolo, allora sei già famoso nel tuo piccolo mondo. Non ho deciso di diventare un performer, non avevo davvero scelta. Poi sì, io e Carl (Barât, ndr) sognavamo la band di successo».
Il prezzo fu un martirio mediatico. «Una ferita autoinflitta», mi corregge, «la fama è un po' come fare un patto con il diavolo, ma è meglio che essere anonimo ogni giorno della settimana […] «Le catene della dipendenza sono troppo leggere per essere percepite, finché non diventano troppo pesanti per essere spezzate», dice.
Da dove nasceva quel malessere? «Un po' è curiosità intellettuale, letteratura romantica», spiega, «l'idea di scoprire l'ignoto attraverso lo sconvolgimento. C'è chi sente potere e piacere nel tenere un'arma in mano. Io a una pistola preferisco di gran lunga la poesia. […]».
NEI CENTRI DI RECUPERO
Intanto è caduto nel più pericoloso cliché del rock. Iggy Pop lo avvisò nel 2003. Doherty ride a ricordarlo: «Suonavamo al Coachella, gli Stooges si riunivano, e Iggy mi fece capire che ci era passato in quella fase autodistruttiva. Ora faceva jogging e beveva acqua. È come pregare Gesù Cristo e sentirsi dire da lui: "Ma che fai? Non c'è nessun Dio". Pensai, anche Iggy mi ha abbandonato. Ero un ragazzino confuso».
Tremori, ricadute, recupero. Alla fine del doc, Peter si presta ad aiutare chi ha i suoi stessi demoni. Come? «Parlo con i detenuti, con un paio di centri di recupero in Asia, stiamo mettendo su un fondo per dare alla gente una rehab decente, lontano dalle strade, e per combattere altre forme di malattia mentale. Conosco molti musicisti che soffrono di ansia e depressione. Venti anni fa non avevo una parola per queste cose. Anzi, non credevo proprio nella dipendenza. Possiamo stare a fianco degli altri. A me è servito amore, giardinaggio, nuotare al freddo, un giro con i cani, il bastone da passeggio». […]
SENZA GOSSIP
[…] «usavo le droghe per esplorare i miei limiti, sfidare le mie idee, portare all'estremo le energie, e mai per ottenere qualcosa fuori da me». Non a caso l'album del 2022 Fantasy Life of Poetry & Crime in coppia con il musicista francese Frédéric Lo, nato in un periodo senza eccessi, è la cosa migliore che abbia prodotto. Lui concorda: «È stato scritto al riparo dalla tempesta, ma è completamente inzuppato nelle acque reflue dei suddetti stereotipi. Dalle finestre, dietro la porta, sbatteva una corrente di sostanze, romanticismo, rock'n'roll. Ero comatoso per l'astinenza da crack e eroina, me le sognavo ogni giorno.
La pandemia ha aiutato. Bar chiusi, nessuno intorno. La mia The Ballad Of è vita e morte di un tossico rock'n'roll freak di Margate. Anche se non è nata in quelle condizioni, sta tutto lì dentro. Vale anche per il nuovo dei Libertines». […]
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