DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Estratto dell'articolo di Alessandro Ferrucci per “il Fatto quotidiano”
Lo abbiamo cantato, intonato, fischiettato o accennato tutti e (quasi) senza saperlo. Se Il carrozzone “va”, La lontananza “è come il vento”, o Tutt’al più “mi accoglierai” hanno accompagnato per anni e decenni la nostra vita, un bel po’ di merito va al maestro Piero Pintucci.
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A 80 - splendidi - anni Piero Pintucci è sempre seduto all’interno del suo studio di registrazione, tra mixer, batteria, schermi, ricordi, chitarre, pentagrammi e magie musicali ancora nel cassetto.
Alla RCA è arrivato nell’anno...
1966 e trovai Gino Paoli e Gianni Morandi, poco dopo The Rokes; (sorride) allora avevo un gruppo e insieme ai Rokes ho condiviso il palco di un locale pochi giorni prima di entrare in RCA.
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Con Modugno ha realizzato La lontananza.
In RCA quasi nessuno credeva in quel pezzo, mentre Mimmo ne era innamorato e io con lui; (pausa) Modugno era l’idolo di mio padre, anche lui musicista, e quando da ragazzo uscivo di casa, spesso cercavo i suoi brani sul juke box; quando ho iniziato a lavorarci ho raggiunti un sogno. Non ci credevo.
L’intro del brano è suo ed è fondamentale...
(Sorride lievemente) Sì, abbastanza azzeccato, però solo negli ultimi anni si è iniziato a dare la giusta importanza alla melodia, a riconoscerle la forza di persuasione; eppure la melodia può essere realizzata anche solo con una nota. Vuole ascoltare? (Si alza, si siede davanti al pianoforte, toglie il runner dalla tastiera e con il “fa” crea una magia)
Quante ne ha incise?
Non ne ho idea, un numero spropositato: solo per Renato Zero sono una cinquantina tra canzoni e arrangiamenti. Con Zero ha esordito nel 1973 con Supermarket. Quando Renato arrivò in RCA venne immediatamente notato da Franco Migliacci (autore anche di Volare), allora un’autorità assoluta e per qualche mese collaborarono...
E poi?
Renato capì di non poter andare da Migliacci e dirgli “al testo ci penso io”, sarebbe stata un’eresia: un ragazzo appena arrivato che rifiuta uno dei più grandi parolieri.
Allora?
Renato ci teneva a utilizzare un suo vocabolario, una sua narrazione, mentre sulla musica si affidava a me o ad altri.
Soluzione con Migliacci?
Dirgli la verità e Franco fu bravissimo ad accettarla.
Pure da giovane Zero aveva un bel caratterino.
(Ride) Era un coraggioso, uno micidiale; in quegli anni si presentava alla RCA vestito in maniera incredibile: stivali, tacchi alti, pantaloni aderenti, magari color viola, piume, paillettes e soprattutto con in braccio una gallina al guinzaglio. Ma l’aspetto incredibile non era tanto l’abbigliamento, ma che da casa sua alla Montagnola fino alla RCA prendeva l’autobus; (cambia espressione) lui attraversava la città, da solo, così; a Roma era conosciuto ancor prima di diventare famoso.
La settimana scorsa lei era al concerto romano di Zero...
Siamo sempre amici, ci vogliamo bene.
In 50 anni avete mai litigato?
(Ride) Eccome! Una mattina alla RCA, a causa di alcuni bisticci su dei brani, mi ha regalato un bel “sei uomo di merda” (lo imita alla perfezione, non solo per il tono ma pure i tempi) e come risposta l’ho rincorso e attaccato al muro fino a quando ci hanno diviso.
Conseguenze?
Dopo poco lo sapevano tutti, ma è finita così: era una lite tra fratelli. Qual è il parametro per definire chi è artista... Se quando canta dà emozioni.
Chi l’ha emozionata?
Gabriella Ferri; appena iniziava si fermava tutto intorno a lei; poi ci sono altri artisti bravi nel diventare riconoscibili.
A chi pensa?
A Nicoletta (Patty Pravo); con lei non ho avuto molta fortuna.
Avete inciso Tutt’al più.
Canzone pensata per Mina e nata da un testo di Migliacci che per il prima volta aveva provato a scrivere qualcosa di autobiografico.
Perché la poca fortuna?
Quel brano partecipò a Canzonissima e si trovò contro due big come Morandi e Ranieri: non c’era battaglia.
E Mina?
(Sospira) La storia è da martellate in mezzo alle gambe.
Cioè?
Per farle ascoltare il brano l’ho cercata ovunque, con l’RCA che non voleva perché non era una sua artista. Impossibile, non trovavo alcun contatto. Allora, all’ultimo, nonostante la vergogna e la timidezza decisi di chiamare suo marito nella redazione del Messaggero (il giornalista Virgilio Crocco): “Buongiorno, le chiedo perdono in anticipo, ma sono un musicista e vorrei portare un pezzo a Mina”. Risposta: “Non sono il suo manager”. E attacca.
Peccato.
Non è finita qui. Nicoletta va a Canzonissima, porta il brano e una settimana dopo squilla il mio telefono: “Sono Mina, ho sentito il pezzo: mi sono emozionata”.
Dopo ci ha mai lavorato?
No, lei stava a Milano, e a Roma ero già impegnato con Renato, Gabriella e altri.
Com’era la Ferri?
(Immediato) Meravigliosamente folle e sotto ogni lato caratteriale, ogni atteggiamento o manifestazione: era un’estremista; (pausa) anche sul piano delle relazioni.
Che vuol dire?
Non aveva filtri e se qualcuno le piaceva andava dritta, un po’ come è successo a Sanremo quando ha cantato in coppia con Stevie Wonder e proprio Stevie Wonder è stato protagonista di un corteggiamento esplicito.
E di lei si è innamorata?
Un po’ sì, tanto che a un certo punto ho dovuto rinunciare alla collaborazione.
Della Ferri si è detto avesse la fobia del pubblico.
È vero e per tranquillizzarsi assumeva delle pastiglie che poi mischiava con l’alcool; anche io sono andato a comprarle. Però non era mica l’unica ad aver paura, capitava un po’ a tutti.
Chi altro?
Ricordo Domenico Modugno a Sanremo: prima di cantare tremava e cercava in me la giusta rassicurazione; io dallo stupore non ci credevo, e pensavo a mio padre morto, e a cosa avrebbe detto di quella situazione.
Patty Pravo si agitava?
Nicoletta possedeva una presenza scenica rara e non solo sul palco; poi rispetto al canto non era perfetta, ogni tanto stonava.
Alla RCA c’era Lucio Dalla.
(S’illumina) Un istrione, uno dei più grandi e all’inizio veniva pure derubricato a coglione.
Come mai?
Per certi atteggiamenti e per un fisico non proprio statuario.
Che atteggiamenti?
Alla RCA c’era un enorme montacarichi, serviva a spostare gli strumenti da piano a piano: lui spesso si sedeva lì dentro, in un angolo, e ci stava un tempo infinito, mentre la piattaforma saliva e scendeva. Gli serviva per riflettere.
Secondo Mara Maionchi lei ha nutrito tanti artisti.
(È stupito, quasi si commuove) Davvero lo ha detto? Sono contento, tanti artisti sono nati qui (indica la sua casa, il suo studio), compresa Mia Martini: ho lavorato pure al suo primo album; (abbassa la voce) che toppa ho preso.
Con Mia Martini?
No, con Loredana (Bertè); lei viveva con la sorella e con Renato Zero, come fratelli, sempre insieme. Quando mi portarono Loredana per una sorta di provino, mi fissai sui suoi errori, giocava sui virtuosismi, andava su con le note e alla fine le consigliai di lasciar perdere, di puntare più sulla bellezza; in realtà in mezzo a due fenomeni come Renato e Mia mi sembrava impossibile ce ne potesse essere pure un terzo, era un questione di casistica.
E invece?
Loredana andò a Milano e la scoprì Mario Lavezzi.
Qual è l’artista che non ha ottenuto quello che meritava?
(Resta in silenzio a lungo, inizia una risposta, poi ci ripensa e scuote la testa) È più semplice la domanda inversa.
Chi ha ottenuto più di quello che meritava?
La maggior parte, ma la vita è questa, è un po’ come la storia de “i soldi portano soldi”: quando diventano celebri tutti intorno a loro si scappellano.
(...)
Un artigiano che ha creato capolavori come Il carrozzone.
Brano pensato per Gabriella Ferri e da lei rifiutato; lì oltre al “vestito” è mia anche l’idea di base e l’incipit, ma alla fine il testo l’ha firmato solo Evangelisti, io compaio per la musica; all’epoca spesso funzionava così...
Quindi le è successo di frequente.
Se avessi firmato tutto quello che ho creato avrei sistemato figli e nipoti. Lei chi è?A questa non so rispondere.
Come mai?
È una domanda che nella vita mi sono posto tante volte. E non ho ancora trovato la risposta giusta.
gabriella ferriiva zanicchi gabriella ferri patty pravo gabriella ferriGABRIELLA FERRIGABRIELLA FERRI E MARA VENIERvanoni modugnodomenico modugno e luciana turinagabriella ferri chi non lavora non fa l amore
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